
Fino a dove si spinge il diritto di cronaca? È possibile tracciare una linea nel punto esatto in cui una notizia cessa di rispondere alle esigenze di pubblica informazione e inizia invece ad assecondare quella pruriginosa curiosità di scavare gli aspetti più torbidi di ogni vicenda?
E le vittime di questa caccia allo scoop? Chi le ripaga? Quando i riflettori si spengono, il clamore si quieta e alla fine resta solo il fango sui vestiti ci sarà davvero qualcuno ancora interessato a sapere la verità?
Sono queste alcune delle domande che suscita lo spettacolo teatrale l’onore perduto di Katharina Blum.
Un adattamento di Letizia Russo del romanzo di Heinrich Böll scritto ben quarant’anni fa eppure di una attualità spaventosa.
Circa due ore pregne di questa riflessione.
La scena si apre con Katharina che confessa un omicidio e subito in una gestione dinamica dello spazio teatrale, con una narrazione che procede su più piani parte un lungo flashback che tassello dopo tassello arriva a far comprendere come una innocua e irreprensibile governante in soli quattro giorni possa arrivare ad un gesto tanto estremo quanto definitivo.
La spensieratezza di una festa di carnevale, l’incontro fatale con un estraneo, un’attrazione mai provata, forse amore. E dopo una notte insieme gli eventi precipitano. La scoperta che quel nuovo amore è un ricercato, la sua fuga e subito la polizia con i suoi invadenti e aggressivi interrogatori, ma soprattutto Werner Tötges, un segugio da notizia, un giornalista senza scrupolo alcuno che inizia una sua personale indagine sulla vita di Katharina scavando nel passato alla ricerca di fantasmi immaginati. Un processo pubblico. Un giudizio di condanna prima ancora che la polizia possa parlare di un vero e proprio coinvolgimento.
Nell’assoluta indifferenza della autorità in pochi articoli Katharina da complice diviene una spietata terrorista. Una puttana a cui mandare lettere e fare telefonate sconce a qualunque ora del giorno. Diviene una reietta che non merita spazio in una società che beve avidamente le notizie di un giornale senza alcuno spirito critico.
Si esplora una violenza inusitata. Fatta di titoli di giornale, di travisamento dei fatti e pettegolezzi mal riferiti. Una violenza crescente delle parole che non resta mai relegata solo sulle pagine di un giornale, ma che va a scavare nel profondo delle vite di chi è coinvolto in questa macchina del fango che quando si mette in moto è difficile da fermare, e che molla la presa solo quando ha tra le fauci un nuovo boccone.
E così che Katharina a soli ventisette anni si trova coinvolta in un scandalo di dimensioni sempre più colossali che finirà per travolgere come uno tsunami lei e persino i suoi datori di lavoro, persone pulite e oneste che le restano accanto durante tutta la vicenda e che vedono la loro reputazione e le loro carriere crollare in una realtà alterata nella quale oramai non c’è alcun modo di scindere la verità dalla menzogna.
E alla fine in un tentativo di riprendere il controllo Katharina uccide Tötges. Tuttavia, si sa, il sangue non lava via il fango.
Come ho detto, una storia dalla morale tragicamente attuale diretta da Franco Però ed interpretata da Elena Radonicich, Peppino Mazzotta e la Compagnia del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Jacopo Morra, Maria Grazia Plos.
Attualmente le tappe in Puglia sono esaurite, ma lo spettacolo continuerà ad andare in scena nelle altre regioni fino a Gennaio.