Si intitola “Il cambiamento impossibile – biografia di uno strano democristiano” il volume che l’autrice Annachiara Valle ha dedicato a Mino Martinazzoli, uno dei politici più lucidi che l’Italia abbia avuto, una figura che, tuttora, può dare alle nuove generazioni non solo l’idea di che cosa sia stato il nostro Paese, ma anche di quello che potrebbe diventare. È stato un grande studioso del diritto, del pensiero di Moro, un grande difensore della Costituzione. A lui si devono riforme importantissime a partire dal diritto di famiglia del 1975. Ha voluto la legge Gozzini sui pentiti che ha dato un contributo significativo sia per sconfiggere il terrorismo che per arrestare e processare molti boss mafiosi. È una persona che ci indica come dovrebbe essere la politica. Mite, ma non debole. A servizio delle persone.

Chi è stato e chi è, tuttora, Mino Martinazzoli?

Mino Martinozzoli è stato uno dei politici più lucidi che l’Italia abbia avuto ed è tuttora una figura che può dare alle nuove generazioni non solo l’idea di che cosa sia stato il nostro Paese, ma anche di quello che potrebbe diventare. È stato un grande studioso del diritto, del pensiero di Moro, un grande difensore della Costituzione.

A lui si devono riforme importantissime a partire dal diritto di famiglia del 1975. Ha voluto la legge Gozzini sui pentiti che ha dato un contributo significativo sia per sconfiggere il terrorismo che per arrestare e processare molti boss mafiosi. È una persona che ci indica come dovrebbe essere la politica. Mite, ma non debole. A servizio delle persone.

In questo senso è uno strano democristiano.

Perché lo si definisce uno “strano democristiano”?

Lui si candidò all’inizio come indipendente nel suo comune Orzinuovi e non voleva la tessera di partito. Uno strano democristiano perché non anelava a posti di comando, non ambiva a scalate di potere e di successo. Come ha sempre fatto, come ha sempre detto, per lui fare politica significava innanzitutto esercitare una mediazione fra le varie scelte possibili. Il politico è colui che sa mediare e anche per questo non gli piaceva essere definito un politico cattolico, lui diceva: io sono un cattolico impegnato in Politicas e quindi come cattolico impegnato in politica esercito anche l’arte della mediazione, non impongo i valori cristiani agli altri, ma su quei valori intesso un dialogo che sia a garanzia dei diritti di tutti, per il bene comune.  Lui più che strano democristiano si definiva impolitico, nel senso che non gli apparteneva quella politica che curava l’interesse personale, lui ha sempre detto che la politica doveva servire per tutelare gli interessi degli altri. E poi impolitico anche perché la politica non la assolutizzava, anzi amava dire che la “politica conta ma la vita conta di più”, quindi la politica è a servizio della vita e a servizio delle persone.

Qual è il cambiamento impossibile a cui Martinazzoli anelava?

Il ritorno a una politica che mettesse davvero al centro le persone. Ma constatava che eravamo in un momento in cui un vero cambiamento non era possibile, perché non siamo stati tempestivi nel capire cosa sarebbe successo dopo il crollo del muro di Berlino. Cosa sarebbe successo con la caduta delle ideologie. Dunque non siamo stati abbastanza lungimiranti dal difendere le ragioni dello stare insieme. Questo è uno dei punti che lo interessavano maggiormente. Per difendere la democrazia dobbiamo ritrovare le ragioni per cui si sta assieme, per cui una società è coesa. Questo è quello che gli premeva. Senza la riscoperta delle ragioni dello stare assieme anche la nostra democrazia diventa debole e anzi la democrazia sembra quasi unica, un intralcio per la velocità delle cose. Il decidere in fretta non è una virtù. Come Moro sempre diceva, per fare le cose ci vuole il tempo che ci vuole, accelerare questo tempo alla fine produce delle cose fatte male, dei vulnus proprio alla democrazia, al vivere civile e anche alla nostra libertà. Lui però non aveva perso la speranza, nel chiudere il capitolo della politica attiva, che il seme della storia democratica cristiana fosse “diventato infecondo”. Non aveva smesso di insegnare alle nuove generazioni.

Spulciando l’epilogo della sua biografia, come si può, al giorno d’oggi, avvicinare il popolo “da questa lontananza” ad una politica più identitaria che democratica, per “risentire” il fervore del bene comune?

Coltivando lo studio, facendo rete, partecipando. Coltivando la politica con ideali alti. Anche quando sembra che questo non sortisca effetti.

A chi si rivolge il libro?

A tutti. Proprio perché non aveva perso la speranza, alla fine si è arreso all’idea di fare questo libro. Diceva “io toglierò tutte le parti che appartengono alla mia vita personale” e quindi della sua vita personale, è raccontato un po’ dei suoi anni di scuola e di università, il tram che prendeva per andare a scuola, la nonna che lo svegliava la mattina presto, ma poi non ha voluto indugiare nei particolari della vita privata perché diceva che i politici oggi mettono troppo in piazza la loro vita privata e poco le idee di Paese che hanno e quindi questo libro diventa l’occasione per rispolverare, per riguardare, per rileggere la storia del nostro Paese dalla liberazione in poi e per cercare di capire anche dove ci siamo persi, qual è stato il punto in cui abbiamo cominciato a disaffezionarci alla politica, perché anche se si è impolitici, non attaccati alla poltrona, se si pensa che la politica non è tutto, come pensava Martinazzoli, bisogna però occuparsene. Lui diceva sempre anche che bisogna occuparsi di politica perché la politica si occuperà di noi in un modo o in un altro…


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.

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