Forse il loro destino era scritto nel nome che entrambe avevano deciso di darsi. L’uno pretenzioso, “La Nuova Sinistra”, seducente e consapevole della centralità che avrebbe potuto conquistare; l’altro autoironico e quasi disincantato, “l’École Barisienne”, “La Scuola barese” che fa il verso a quella parigina, già predisposta verso un epilogo di noncuranza e marginalità. Eppure entrambi i “movimenti”, l’uno a fine anni ’50, ad Oxford, nel sud-est dell’Inghilterra e l’altro a fine anni ’60, a Bari, nel sud-est dell’Italia, nacquero e lavorarono con l’intento di adattare il marxismo alle nuove sfide che la realtà poneva loro in quegli anni, e a ben guardare i punti che li accomunarono non furono pochi.
Ma di cosa stiamo parlando? Per quanto riguarda la “New Left” stiamo parlando del gruppo di giovani intellettuali, attivisti politici e ricercatori universitari, che nel 1960 diede vita alla leggendaria New Left Review, rivista che ormai da più di cinquant’anni rappresenta il punto di riferimento per la sinistra di tutto il mondo, sulla quale hanno scritto alcuni fra i più grandi intellettuali della seconda metà del Novecento. Circa l’École si tratta ugualmente di un gruppo di intellettuali e militanti politici, i quali nel 1968, raccolti intorno alla casa editrice De Donato, all’Università di Bari e al PCI, provarono a far avanzare la teoria e la pratica marxista, con l’obiettivo di aprire il partito di cui erano parte ai cambiamenti storici che stavano avvenendo.
Le due esperienze nacquero entrambe per reazione ai movimenti dell’Urss. A fine anni ’50 l’Unione Sovietica invase l’Ungheria e diversi giovani di sinistra ad Oxford decisero di non rimanere schiacciati fra la posizione atlantista del Partito Laburista inglese e quella filosovietica del Partito Comunista, diedero vita allora alla New Left. Dieci anni dopo l’Urss invase la Cecoslovacchia e i giovani baresi di cui noi ci occupiamo, ebbero sostanzialmente la stessa reazione di quelli inglesi di dieci anni prima, avviando la riflessione sul nesso fra democrazia e socialismo.
Entrambi i gruppi si formarono grazie alla spinta aggregativa e propulsiva delle Università, gli uni ad Oxford gli altri a Bari, furono quindi gruppi di composizione molto eterogenea: ne fecero parte filosofi, sociologi, storici, e proprio questi ultimi, sia per la New Left che per l’École, ebbero ruolo determinante. Ad Oxford personaggi come Edward Thompson o Eric Hobsbawm rilessero parte della storia britannica tracciando le linee per una politica marxista più vicina al radicalismo popolare inglese che a quella istituzionale del Partito Comunista. A Bari invece, Biagio De Giovanni o Giuseppe Vacca, sperimentarono quello che chiamarono “rovesciamento dei tempi storiografici”, cercando di indagare il passato con categorie proprie del presente, facendo dunque una storia impregnata di politica. È su questo solco che l’École provò a dare un’interpretazione democratica di Gramsci, Togliatti, fino ad arrivare a Lenin, cosa non da poco negli anni ’70.
Le assonanze fra le due scuole andarono anche oltre e riguardarono sia scelte teoriche più generali, che il loro approccio alla realtà quotidiana. Di ciò ci occuperemo la settimana prossima.