Ho pensato tanto se raccontarvi o meno questa storia. Ho ponderato la scelta con una delicatezza ed un rispetto che si deve a qualcosa o qualcuno di talmente puro da non essere intaccato in alcun modo.

I miei dubbi nascevano dalla difficoltà di descrivervi una persona come Riccardo Cotugno. Una persona, sì, a 360 gradi, un uomo con la U maiuscola. Mi tolgo immediatamente dall’imbarazzo usando una litote, cioè premettendovi ciò che Riccardo non era. Riccardo non era magro. Ma Riccardo, a pensarci bene, non era assolutamente un tipo nella norma.

A bilanciare un aspetto imponente ed una stazza importante c’era qualcosa di finissimo, una sottile arguzia che prevaricava la realtà, un’intelligenza scevra da legami corporei e priva di banalità, una percezione del tutto tipica dei sogni.

Ho sempre visto Riccardo come modello da seguire, il perfetto paradigma dell’anima guerriera, dello spirito combattivo di chi non molla mai, nonostante evidenti disagi fisici. Un’infantile reminiscenza mi conduce, tuttora, lì, in quel negozio di articoli sportivi che, per un appassionato come me, rappresentava un vero e proprio paradiso terrestre alla cui porta c’era lui,un omone con le sembianze ed il cuore dei più classici dei Babbi Natale, un cantastorie che snocciolava perle di cultura spaziando tra i più disparati argomenti.

Ma quella non era l’unica porta che Riccardo difendeva con orgoglio. Benché, infatti, avesse le fattezze del bomber, Riccardo era un formidabile pararigori e ce lo dimostrò durante una partitella in spiaggia con noi bambini. A guidarci dalla panchina, ops, dalla banchina di Barletta c’era Matteo, il suo amico fraterno.

Quando un ferragosto di cinque anni fa vidi Matteo piangere guardando il mare, mi resi conto che Riccardo non c’era più, aveva terminato la sua vita terrena con il silenzioso stile e la discreta eleganza che lo contraddistinguevano.

Bertolt Brecht ha scritto: ‘’Dire di qualcuno che è una brava persona, basta ad etichettarlo’’.

E quell’etichetta Riccardo ce l’aveva nell’indole, in quel cognome reso nobile da suo nonno a cui la nostra Città ha persino dedicato una scuola.

In fondo è giusto così, certi insegnamenti meritano di essere tramandati. E, chissà, forse un giorno, tra i banchi di scuola quando si parlerà di litote, si penserà a Riccardo Cotugno, una figura non esile, ma tutt’altro che retorica.


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