La prefazione della biografia che merita davvero di essere scritta

Oltre a rappresentare il più piccolo Stato dell’Africa, il Gambia è, dal 1995, nelle grinfie di Yahya Jammeh, un crudele dittatore che assoggetta, sotto il suo potere, uomini e donne a cui non è più riconosciuta alcuna dignità di essere umani, alla stregua di oggetti di cui abusare, carne da macello per un avido commerciante di incubi. Come se non bastasse, Jammeh ha deciso di votare il Gambia interamente alla religione islamica, continuando a perpetrare violenze e soprusi contro le minoranze etniche, arrivando persino a minacciare di morte omosessuali e atei, il tutto in nome di Allah o, probabilmente, di un dio che solo un ego tanto malvagio può adorare.

Tra le vittime di questa dispotica bestialità ci sono i genitori di Ousman Manneh, orfano diciassettenne sfuggito alla brutale guerra intestina del proprio Paese per sbarcare in Germania, a Brema, ed essere accolto in un Centro Profughi che l’ha costretto, per più di due anni, a dividere lo stesso tetto e lo stesso letto con altri venti ragazzi provenienti da situazioni altrettanto disagiate. Era il 2014 e Ousman stava, finalmente, iniziando a vivere. Intorno a lui splendeva già l’aurea del predestinato, del fato che ci mette del suo per intervenire in una storia ancora tutta da raccontare, come uno scrittore che affida l’epilogo di un romanzo ai più incredibili dei colpi di scena.

Talentuoso Manneh, quel pallone vaga dal destro al sinistro con la stessa facilità con cui gli Occidentali si lasciano scivolare addosso le crude immagini di corpicini spiaggiati su coste di sabbia e indifferenza. Si accorge di lui, Nouri, il secondo allenatore del Werder, che lo manda in prestito al Blumenthaler SV, squadra militante in una categoria paragonabile alla nostra Lega Pro.

L’impatto è clamoroso, Manneh segna 12 gol in quindici partite, non si arrampica sulla scala dei gradini sociali, Ousman prende direttamente l’ascensore verso un grattacielo d’integrazione e solidarietà. Precorre i tempi in una climax di emozioni che lo portano di diritto in Prima Squadra. Estate 2016, il Werder sfida in amichevole il Wilhelmshaven, l’afa brucia le tappe di un genio dalla falcata di una pantera. Poker di reti in quarto d’ora, un boato lo sommerge, la folla lo acclama, la critica lo vuole in campo in una partita ufficiale.

L’occasione giusta potrebbe essere una domenica d’ottobre, l’avversario è il temibile Bayer Leverkusen, temibile per gli altri, ma non per Manneh. L’attaccante conosce la vera paura, imbarcarsi disperati verso la dimenticanza di identità, patire la fame e assetarsi solo di sogni. Ancora una volta in gol, come in tutti i suoi esordi.

Eccovi la prefazione della biografia di Ousman Manneh, il piccolo africano cresciuto troppo in fretta!