E così adesso può finalmente andare come deve, come può andare…

La solitudine del virus

Da quando questa storiaccia è cominciata chi ha la fortuna di non piangere morti e non andare per ospedali ha il dovere di guardarne almeno i risvolti psicologici. In primisla solitudine.

Ricondiamo tutti il lockdown  come un momento dell’età dell’oro: speranze appese ai balconi coi striscioni e bandiere, sole caldo che ha abbronzato tutti. La solitudine era sì da abbracci mancati ma pazienza, eravamo nella stessa condizione per cui mal comune mezzo gaudio. I vicini avevano finalmente un volto e una voce, arrivavano piatti inattesi e si recuperava energie troppo spesso buttate in uscite inutili.

Andrà tutto benesi osannava. Il sospetto che niente sarebbe andato bene c’era.

La ripresa è stata a dir poco un e chi se ne frega.  La seconda ondata ci ha colti impreparati tutti.

Il governo non ha posto in essere le condizioni migliori per arginare il peggio. E ci stupiamo? Perché noi cosa abbiamo fatto di meglio? Chi ha visto il pericolo e soprattutto cosa avrebbe potuto fare per allontanarlo? Chi è senza peccato scagli la prima pietra disse un tale.

Io credo che non si veda mai ciò che non si vuole vedere. E non si vuole vedere la disfatta che la pandemia sta portando oltre che nel corpo di chi si ammala anche nell’anima di chi ritiene di farla franca e la testa la mette abilmente sotto la sabbia.

Ecco, adesso siamo realmente soli e non perché non ci incontriamo al bar ma perché c’è zizzania, malcontento e un conseguente rimpallo infinito di responsabilità. Il governo delega le regioni che delegano le province che passano ai comuni. Cabrini serve Scirea che passa a Causio che crossa su Altobelli. Scusate, per me l’Italia resta quella di Bearzot. Ma le punte dove sono? Il Paolo Rossi dei miracoli dove ce lo siamo perso?

Il governo ha la nostra sfiducia perché siamo noi che lo rappresentiamo e viceversa. Manca il gioco di squadra perché nel lamento manca sempre la squadra.

Stiamo vivendo la delusione che non è andata bene, che Conte non è poi così affascinante, che le scuole aperte o chiuse ci rimandano figli confusi e confusi siamo tutti e soli.

La solitudine è adesso che basta che si salva la mia famiglia.

La solitudine è meno male che non ho un negozio o non lavoro nel campo della ristorazione.

La solitudine è stare a muso duro con la parte di noi che tanto bella poi non è. La solitudine è egoismo puro.

E dopo? Dopo basta così. Vista la coda del drago, cosa ci meravigliamo a chi appartiene? Sempre allo stesso identico drago.

E così adesso può finalmente andare come deve, come può andare. Possiamo finalmente prendere coscienza che la solitudine da virus ci fa magari tristi ma mai disperati. Perché una squadra malmessa è pur sempre una squadra. Come i cinesi? No, come sanno fare gli italiani.

Perché non era fuorigioco di Antognoni e  nessuno ci ha regalato niente in quella partita.

Ma quando bisogna vincere, ‘mbe, merito o fortuna, ci si incavola e si vince. Chi segna segna.

E che la solitudine sia un cartellino rosso per gioco sleale e fuori il virus. Almeno dalle nostre coscienze.