L’80% delle norme ambientali della Gran Bretagna segue le direttive comunitarie, a seguito della Brexit ciò potrebbe essere un problema per tutta Europa
Lo scorso 29 marzo, l’ambasciatore inglese, Tim Barrow, ha consegnato al Presidente del Consiglio UE, il polacco Donald Tusk, una lettera che notificasse l’applicazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona. Attraverso la missiva, il Premier britannico, Theresa May, certifica il divorzio del Regno Unito dalla Comunità Europea.
La politica conservatrice adottata da Londra sta spaventando anche molte associazioni ecologiste inglesi, preoccupate che la Brexit possa, in qualche modo, danneggiare lo sviluppo verde del Paese. Ad oggi, infatti, l’80% delle norme ambientali della Gran Bretagna segue le direttive comunitarie e, pur preservandone, teoricamente, la tutela, gli organismi preposti sarebbero, poi, impossibilitati ad intervenire fattivamente sulla questione. Le varie Ong impegnate nella causa l’hanno definita “legislazione zombie”, apparentemente viva ma sostanzialmente morta.
A gettare benzina sul fuoco c’hanno pensato il Times e The Telegraph, promotori di una campagna che tende a ridimensionare gli obiettivi ecologisti, etichettando le energie rinnovabili come “inutili regolazioni dell’UE.”
Presto il Governo May dovrebbe rendere operativo il cosiddetto “Great Repeal Bill”, un grande ddl di revoca che metterebbe le attuali disposizioni europee sotto l’egida del Parlamento inglese, Parlamento che potrebbe essere, addirittura, bypassato dalla famosa “clausola di Enrico VIII”, postilla burocratica che permette ai Ministri di esautorare l’opposizione da qualsiasi nuova proposta di legge. Un meccanismo che, secondo molti, potrebbe inficiare l’intero ecosistema in favore di interessi economici.
La Greener UK, una coalizione di gruppi e associazioni no profit, quali WWF e Greenpeace, hanno chiesto alla May di varare la “Green Brexit” al fine di accelerare l’espletamento delle pratiche per “il Piano ambientale venticinquennale, la legge sulle acque, il Piano per la crescita pulita e il bando sul commercio dell’avorio.”
Il dilagante protezionismo a cui assistiamo ci confina dentro recinti di cemento e petrolio, vite in cattività soppresse da lucrose logiche di supremazia, dimenticandoci che proveniamo tutti dallo stesso grembo, quello di Madre Natura.