
Piccoli consigli per evitare errori comuni
Spesso si pensa che a saper parlar bene debbano essere soltanto i cosiddetti “radical chic”, ossia gli appartenenti all’alta borghesia. Niente di più sbagliato.
In realtà, saper parlar bene significa dominare il linguaggio, quindi apprendere, valuatare e utilizzare in piena autonomia le informazioni che attraverso esso scambiamo.
Questa è una sfida che noi Italiani dovremmo affrontare, dato che il 28% della popolazione risulta essere analfabeta funzionale. Che vuol dire “analfabeta funzionale”? Si tratta di un modo per indicare quanti, pur avendo ricevuto un’istruzione scolastica, non sono in grado di comprendere pienamente, ad esempio, un testo scritto di natura legale o il discorso di un esponente politico.
Se è necessario migliorare questa cattiva performance, che arriva perfino a penalizzare la nostra economia, ad onor del vero bisogna ammettere che la nostra è una lingua piuttosto complessa, soprattutto per la sua grande ricchezza grammaticale. Tale complessità emerge anche da un’indagine realizzata in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo, su circa 8000 italiani di età compresa tra i 18 e i 65 anni, condotta con la metodologia WOA (Web Opinion Analysis) attraverso un monitoraggio online sulle principali testate di settore, social network, blog, forum e community dedicate al mondo della cultura. Una ricerca che è servita soprattutto per capire quali siano i principali errori grammaticali che commettono gli italiani.
Ebbene, ecco gli strafalcioni che commettiamo più spesso e che ci fanno fare la figura degli ignoranti:
- Il congiutivo
Se ci trovassimo in uno stadio, al suo annuncio scatterebbe una standing ovation.
Sì, l’ uso del congiuntivo è il vero il vero tallone d’Achille degli italiani. Quanti strafalcioni sentiamo ogni giorno anche, e soprattutto, in televisione?
La sua funzione basilare è quella di indicare un evento soggettivo, irreale, non sicuro, ipotetico o non rilevante. Rispetto all’indicativo che esprime il piano oggettivo della realtà, il congiuntivo sottolinea la dimensione soggettiva.
Si dice, ad esempio, “penso che oggi piova” e non “penso che oggi piove”.
- L’apostrofo
Nell’ ortografia italiana, l’apostrofo (‘) si utilizza per segnalare la caduta di una o più lettere di una parola.
Generalmente inidca l’elisione di una vocale finale (la amica > l’amica, una esposizione > un’esposizione), ma viene usato anche per indicare alcuni casi di troncamento (poco > po’ ).
- I pronomi
L’uso corretto dei pronomi sono un altro grande errore commesso dagli italiani.
“Gli ho detto che era molto bella”. In questo caso, in riferimento ad una persona di sesso femminile, bisogna usare il pronome “le”: “Le ho detto che era molto bella”.
- – La punteggiatura
Non negatelo. Qui tutti sono caduti almeno una volta. Virgole, punti e virgola, due punti, non vanno mai usati a casaccio. Ogni segno di punteggiatura ha la propria regola.
La funzione principale della virgola, per esempio, è quella di dare una cadenza precisa a periodi lunghi e complessi.
I due punti, invece, si usano solitamente per introdurre un discorso diretto oppure per presentare una spiegazione o un elenco.
- Qual è o qual’è?
Uno degli errori più comuni commessi dagli italiani. Il dubbio è se vada scritto con l’apostrofo o meno.
Sciogliamo ogni dubbio: qual è si scrive sempre senza apostrofo, ad indicare che “qual” ha subito un troncamento e non un’elisione.
- Ne o né?
Un altro di quegli errori “da penna rossa”. L’accento su “né” si utilizza quando questo vuole essere utilizzato come negazione. Nel caso in cui non sia presente la negazione, “ne” – pronome – deve essere utilizzato senza accento.
- Daccordo o d’accordo?
Curioso errore che ritorna nello scritto è l’errore ortografico che riguarda l’errata scrittura della parola “d’accordo”, spesso scritta tutta attaccata e senza apostofo.
- Pultroppo o purtroppo?
Uno degli errori più comuni: ovviamente “pultroppo” non esiste, perciò fate attenzione. La forma corretta è “purtroppo”, ossia un avverbio il cui significato è: malauguratamente, disgraziatamente, sfortunatamente.
Del resto, come la matematica, anche la grammatica non è un’opinione.