Il fallimento scolastico affonda le sue radici in una pluralità di motivazioni…

È il momento di bilanci e di redde rationem per la popolazione scolastica del nostro Paese, dagli scolari della scuola primaria agli studenti della secondaria di primo e secondo grado, i quali tra qualche giorno conosceranno gli esiti del lavoro più o meno costante, più o meno produttivo, che avranno compiuto, durante l’anno appena trascorso, in vista di una maturazione personale e collettiva. Per molti di loro, si spera la maggior parte, i frutti saranno copiosi; altri, in base alla valutazione articolata del Consiglio di classe, potranno usufruire della prova d’appello in qualche disciplina, prima di essere ammessi alla classe successiva; altri ancora, (ci si augura in pochi), constateranno amaramente che tanti mesi di frequenza delle lezioni si sono tradotti in insuccesso. Se si considera che un numero consistente di studenti abbandona gli studi prima dell’espletamento dell’obbligo scolastico, si comprende come il sistema italiano non assicuri loro una base di preparazione solida su cui costruire un gratificante futuro esistenziale e occupazionale. Restringendo lo sguardo alla sola Puglia, il fenomeno della dispersione, secondo recenti dati ISTAT, coinvolge il 23,4% dei giovani, terzi nella graduatoria nazionale.

Il fallimento scolastico affonda le sue radici in una pluralità di motivazioni: dalla instabilità psicologica di parecchi pre-adolescenti ed adolescenti, con background di criticità familiari e problemi di inclusione sociale, alla carenza di supporti e strategie alternative che l’Istituzione scolastica dovrebbe mettere in atto per il recupero dei soggetti più deboli; dall’inadeguatezza dell’offerta formativa, spesso connotata dall’astrattezza e dalla abissale distanza rispetto alla concretezza della vita quotidiana agli errori che i ragazzi commettono nella scelta dell’indirizzo di studi da seguire. Tutti questi elementi si collocano nel contesto di politiche nazionali e locali che relegano la scuola ai margini di un piano di sviluppo, limitandosi ad investire nel settore le briciole delle risorse disponibili, quando, addirittura, non operano incomprensibili ed inaccettabili tagli, in quanto la cultura non produce reddito.

Nelle sconfitte, cui vanno incontro, raramente i giovanissimi ne colgono la valenza positiva individuando ed isolando gli input funzionali a comportamenti di reazione e di ripresa; il più delle volte, se si escludono decisioni e gesti estremi, il mancato raggiungimento del traguardo finale, attribuito generalmente a cause esterne, genera frustrazioni, vaghi sensi di colpa, stati di vittimismo, nonché la convinzione di impotenza e l’abbandono all’inerzia.

Eppure, per prevenire ed evitare tali rischi, non mancano gli antidoti. Il primo si identifica nella modalità con cui ciascuno studente, che abbia completato la secondaria di primo grado, si orienta verso il successivo segmento scolastico. Una scelta esente da condizionamenti, e quindi consapevole e responsabile, non può prescindere dalla conoscenza degli interessi e predisposizioni personali, dalla messa a fuoco delle abilità, presupposto indispensabile per l’acquisizione ed il consolidamento di specifiche competenze, dalla individuazione di un valido ed efficace metodo di studio, dall’idea sulla funzione e il ruolo della scuola nella maturazione della personalità. Una decisione imposta, una soluzione adottata con superficialità e contrastante con le inclinazioni e la struttura mentale della persona possono provocare intoppi, rallentamenti e blocchi, psicologici e non, che si trasformano in disagio e infine nell’abbandono dell’iter istruzione/formazione, nervo scoperto in un Paese come il nostro. In aggiunta al sostegno ineludibile della scuola, istituzionalmente preposta al compito orientativo, si impongono, pertanto, l’aiuto e i consigli di esperti. In tale ottica fin dal 1994 ha operato e continua ad operare nella realtà andriese e dei paesi limitrofi l’équipe del Centro di Orientamento don Bosco, che, con l’ausilio di materiali appositamente predisposti e di uno screening individualizzato, evidenzia e valorizza il grado di motivazione allo studio e le attitudini degli alunni dell’ultimo anno della secondaria di primo grado, promuovendo e favorendo capacità di scelte autonome.

C’è un altro dato di fatto a cui genitori e docenti, sinergicamente, devono prestare molta attenzione: quello delle attribuzioni causali. Una percentuale non trascurabile di persone adulte, che diventa molto più elevata negli adolescenti, tende ad attribuire le ragioni dei momenti di cedimento e di crollo  a fattori esterni e variabili, quali la difficoltà del compito, la fortuna, l’aiuto da parte di qualcuno, o, in alternativa, all’intelligenza, elemento interno alla persona, ma ritenuto, a torto, immodificabile; sottovaluta, di conseguenza, l’unica attribuzione causale, vale a dire l’impegno, che, non a caso, è direttamente proporzionale alla forza di volontà ed implica responsabilità decisionali ed etiche del singolo. Secondo l’ottica metacognitiva del processo di insegnamento/apprendimento, su questa componente interna, e per di più modificabile, bisogna far leva, in modo che ogni studente impari a valutare i risultati ottenuti in relazione all’impegno profuso, ad evitare errate attribuzioni causali ed a contare soltanto sulle proprie risorse per riuscire nella scuola e nella vita.