Secondo George Bernard Shaw “non esiste amore più sincero di quello per il cibo“, e l’associazione internazionale no-profit Slow Food si impegna proprio alla valorizzazione di questo amore, e lo fa attraverso iniziative che creano rete, un’unità di intenti, una sorta di joint venture finalizzata alla cura della cucina tipica pugliese. A spiegarcelo è il referente territoriale della Condotta Castel Del Monte, Vincenzo Milano
Ciao, Vincenzo. Da referente territoriale, puoi spiegarci come nasce e cosa si prefigge il progetto “Slow Food”?
Slow Food è una grande associazione internazionale no profit impegnata a ridare il giusto valore al cibo. Lo fa attraverso una rete capillare di soci ed attraverso una smisurata quantità di progetti che ruotano attorno ai pilastri della Educazione, della Biodiversità, e dell’Advocacy. La “Condotta” è il distretto territoriale di questa rete internazionale, la struttura organizzativa alla base della associazione, costituito da un gruppo di attivisti e appassionati, sentinelle di ogni territorio, che operano per sensibilizzare consumatori ad un approccio responsabile al cibo, per valorizzare i prodotti e produttori locali: allevatori, pescatori e contadini e cuochi consapevoli, custodi della biodiversità e della identità agricola e gastronomica, per promuovere una alimentazione buona, pulita e giusta per tutti. Tra i progetti internazionali più importanti mi piace ricordare il progetto Presìdi, per la tutela di prodotti e specie animali o vegetali in via di estinzione; il progetto Arca del Gusto: banca dati di biodiversità; i Mercati della Terra e Terra Madre: rete internazionale di produttori e trasformatori uniti da valori e principi condivisi; Orti in Condotta, per educare i bimbi e famiglie delle scuole primarie ad una alimentazione sana; il progetto 10.000 orti in Africa per salvare la straordinaria biodiversità dell’Africa; i progetti dell’Editore tra cui la pubblicazione delle guide di settore più vendute Osterie d’Italia e Slow Wine. Vorrei menzionare il progetto Alleanza dei Cuochi e dei Presidi, perché pochi giorni fa ne è entrato a far parte un giovane cuoco del territorio, Luca Gallo, con cui ci complimentiamo. La cosa ci rende molto felici. Approfitto di questa intervista per invitare tutti coloro che operano nella ristorazione territoriale e che sposano una filosofia di lavoro coerente con i principi di Slow Food, ad aderire al progetto. Non si tratta di una selezione dall’alto, né di un premio particolare, come avviene invece, ad esempio, per la Chiocciole della nostra guida Slow, Osterie d’Italia. Si tratta piuttosto in una adesione dal basso alla filosofia dell’associazione. Il cuoco o pizzaiolo che aderisce, si impegna a osservare un disciplinare redatto dall’associazione; ci si si impegna ad esempio a segnalare i nomi dei produttori dai quali si riforniscono, per dare rilievo e visibilità al loro lavoro; ad avere in carta dei prodotti-Presidio, tutelati da Slow Food, ci si impegna a far parte della rete di cuochi per alimentare appartenenza e scambio, per contribuire alla crescita della stessa associazione. L’Associazione a livello regionale, valuterà la rispondenza e l’idoneità del locale del cuoco candidato e del suo menù con l’impegno preso e ne riconoscerà o meno l’inserimento nel progetto e quindi nella rete. Vorremmo che la famiglia fosse sempre più numerosa, per questo ci muoviamo affinché sempre più operatori possano riconoscersi nei principi di Slow Food e vogliano farne parte. In Slow Food non ci sono stelle, non ci sono corti celesti di chef. In Slow Food ci sono cuochi-contadini, persone umili con i piedi ben saldi alla terra, profondi conoscitori di materie prime e delle tradizioni locali.
Negli ultimi anni il cibo pare aver assunto accezione artistico-creativa. Sarebbe possibile mutuare questa “fantasia” nella cucina a chilometro zero?
La creatività può essere certamente annoverata tra le qualità di un buon cuoco. Se affiancata ad una adeguata conoscenza delle materie prime che lavora e della tradizione culinaria del territorio in cui opera, può consentire di personalizzare un piatto o una ricetta, di innovare processi di lavorazione e cottura o perché no, rivedere le modalità di presentazione del piatto stesso. Ciò che conta però è non perdere di vista l’obiettivo: offrire cibo 1) buono in termini qualitativi e quindi “di piacere” non soltanto da un punto di vista organolettico; 2) pulito: rispetto alla provenienza locale dei prodotti e rispetto al processo di costruzione del piatto e all’impatto che questo ha sull’ambiente; 3) giusto, cioè sostenibile con riferimento ai costi di produzione, realizzazione e quindi di prezzo finale, nel rispetto di chi produce e di chi lavora. “L’esperienza culinaria” intesa in senso prettamente artistico, diventa motivo di spreco, di celebrazione del piatto fine a se stessa, mera sperimentazione, iniqua e generalmente insostenibile, ed è spesso dettata della moda del momento, non ha fondamenta né ragion d’essere, a mio avviso.
Dal punto di vista imprenditoriale, quali e quanti margini di crescita sono previsti per l’economia locale?
In un territorio come il nostro a forte vocazione agricola, ed in cui la tradizione gastronomica offre un ventaglio nutrito di prodotti locali e di ricette straordinarie per qualità, genuinità e unicità, le potenzialità del settore della ristorazione sono ancora molte. La sua crescita è direttamente proporzionale a quella del comparto agricolo: più aziende investono in qualità, specializzazione e prodotti identitari, maggiore sarà l’appeal del territorio e l’intera filiera potrà beneficiarne, quindi anche la ristorazione. Occorre sempre investire in qualità e specializzazione e affermarsi per identità territoriale, non limitandosi ad offrire un servizio uguale ad un altro o a imitare realtà remote. Quanto più è forte il legame con le produzioni tipiche, con le realtà contadine e di piccola produzione locale di qualità, tanto più è destinata ad affermarsi la ristorazione. Basti considerare, per rimanere nel nostro territorio provinciale, realtà quali Minervino Murge, Montegrosso, Margherita di Savoia, in cui il numero di osterie di qualità e che hanno consolidato il loro successo ultra decennale è di gran lunga maggiore rispetto ai più grandi centri abitati limitrofi, dove questo legame tende a sfilacciarsi, fino a rompersi del tutto in molti casi. La Condotta Castel del Monte, che mi onoro di rappresentare in questi anni, vuole essere un punto di riferimento per quanti vogliano esser parte di un processo di salvaguardia del territorio e delle sue specificità partendo dal cibo. Slow Food è casa e famiglia per quanti intendano impegnarsi e farne parte ed è a servizio dell’intera comunità territoriale.