
Vito Leonetti: una promessa in cerca di conferme
Uno degli errori da evitare , da parte di una società calcistica di provincia è quello di non credere nella propria “cantera”. Ad esempio, Andria a livello giovanile ha dato sempre grandi soddisfazioni alla città, arrivando a disputare anche le fasi finali nazionali younger e vincendo in più di un’occasione anche il prestigioso torneo nazionale di Coverciano. C’è tuttavia da chiedersi che beneficio abbia poi tratto la massima rappresentativa locale di calcio da un settore giovanile così promettente.
Quantodetto rispecchia la situazione di Vito Leonetti, un ragazzo che la gavetta l’ha fatta per davvero e continua a farla. Dopo aver giocato in tutte le categorie del settore giovanile andriese, approda nel 2011-2012 nella primavera del Bari, collezionando un centro in 12 presenze, giocando perlopiù nella Beretti dei Galletti. L’anno seguente, va a farsi le ossa in serie D, nell’Olympia Agnonese, arricchendo il suo palmares con 9 gol in 32 presenze e fornendo un notevole contributo alla salvezza dei molisani. Così nella stagione 2013-‘14 ritorna a Bari, motivato e fortificato dall’esperienza in Molise. In questa stagione Vito manifesta tutto il suo talento, segnando 15 gol, di cui uno in coppa Italia, e esordendo anche in serie B, contro il Siena, giocando 17 minuti, e timbrando la sua seconda presenza nel campionato cadetto contro lo Spezia (altre 8 volte è stato chiamato a sedersi in panchina). Quanto al prossimo anno, Vito si giocherà le sue carte in Lega Pro, da titolare, nella compagine della Lucchese, un approdo niente male per la sua ancor giovane carriera calcistica.
Ciao Vito, tu dai l’impressione d’essere un ragazzo che vive per e del calcio: come è nata la tua passione per la sfera di cuoio?
Beh, è difficile identificare il momento esatto in cui ho capito che da grande avrei voluto fare il calciatore, ma so solo che, quando ero ancora un bambino, il mio unico pensiero era quello di giocare a calcio, prima di qualsiasi cosa … anche prima della scuola! (ride, ndr). L’importante non era dove si giocasse, che fosse in oratorio, alla scuola-calcio o per strada, ma che si giocasse. I miei pomeriggi erano dedicati solo ed esclusivamente al gioco del pallone.
Quanti sacrifici hai dovuto affrontare per esordire in serie B?
Essendo figlio di due magnifici e umili lavoratori, potevo contare solo sulle mie forze. Di gavetta ne ho fatta tanta, e i sacrifici sono stati immani. Tuttavia, anno per anno, ho dimostrato d’essere un ragazzo con tante capacità e con un briciolo di talento. Quando poi il mister ti manda a riscaldare e ti dice che ora è il tuo turno, penso sia la cosa più fantastica che possa accadere ad un ragazzo di 19 anni. Non ci credi ancora, ma è la pura verità: entri in campo determinato, concentrato, le gambe vanno a mille, ma la cosa che conta di più è la testa, è lei che comanda tutto, spero di continuare su questo via.
Ergo, per sfondare nel mondo del calcio serve qualcosa di più del talento?
Sì, chiaramente è difficile che tu possa giocare a certi livelli solo grazie a qualità tecnico-tattiche. Serve soprattutto questa (indicala testa, ndr). Oltre a ciò, quando entri in campo, devi tirare fuori tutto quello che hai: concentrazione, rabbia, spirito, essere sempre sul pezzo; e se per caso qualche partita non va bene, devi rialzarti subito per cercare di far bene alla prossima occasione.
Cosa ti aspetti dal tuo futuro?
Mi aspetto tanto, ma il mio futuro dipende solo da me: come dice mio padre, la cosa essenziale è rimanere sempre umile, con i piedi per terra, lavorare giorno dopo giorno per migliorarmi sempre più, i sacrifici non sono terminati, anzi, siamo ancora all’inizio. Se voglio conquistare il mio obbiettivo, dovrò continuare ad essere il Vito di sempre!
Umile, forte, determinato, con la testa sul collo: è questo il “Vito di sempre”. In bocca a lupo, Vito!