Ahmed Husein ha portato avanti la sua missione fino alla fine, fino all’ultimo articolo, fino alla sua ultima inchiesta, fino al mese scorso,quando è stato freddato nella sua auto da alcuni colpi di pistola. Ahmed Husein aveva 34 anni e tanto amore per il suo Paese: il Ghana.
Il calcio, una passione, quella di Ahmed, che ha coltivato fin da ragazzino, dagli anni in cui, scalzo, tirava calci ad un pallone fatto di lacci e pezze, un pallone da proteggere anche un decennio più tardi, da giornalista sportivo, una vita freelance all’insegna, appunto, della libertà.
Essere liberi di denunciare, però, non è appannaggio e privilegio di tutte le zone del Mondo. Con l’aiuto di un team guidato dal giornalista pluripremiato Anas Aremeyaw Anas, Ahmed Husein ha creato un fascicolo, il cosiddetto “Numero 12”, che ha portato alla luce tutto il marcio del calcio ghanese, riaprendo un caso di corruzione che, celato sotto le omertose scartoffie burocratiche, ha costretto alle dimissioni cinquanta arbitri di tutte le categorie e numerosi dirigenti federali.
“Travestendosi” da potenziali investitori, infatti, Ahmed e Anas si sono visti offrire, sotto copertura, milioni di dollari dal Presidente della Federcalcio ghanese, Kwesi Nyantakyi. Ci aveva pensato la FIFA, successivamente, a sospendere le persone incriminate e ad avviare un procedimento legale per l’accaduto.
“Noi giornalisti non saremo mai messi a tacere. Onoreremo la memoria di Ahmed“, ha scritto Anas su Twitter, ricordando alle Istituzioni che il calcio è un gioco che, purtroppo, non sempre segue regole di giustizia.