Il contributo di Astérisque

Il momento attuale,  sempre più attraversato da nubi minacciose  che  si addensano sulle nostre vite, è corredato anche da segnali che ci indicano delle possibili vie d’uscita da tale stato di cose, sempre creato da quel ‘garbuglio’ che sono gli uomini, come ci ha definiti Pascal; per cercarvi di far fronte è ancora utile ricorrere a quei pharmaca, nel senso di Bernard Stiegler, che può dare  la più sana riflessione filosofico-scientifica  se riusciamo a  indirizzarla verso il potenziamento  delle capacità critiche e non verso l’occultamento delle complesse problematiche odierne, minate da quel perverso ‘sovrano sotterraneo’, a dirla con Mauro Ceruti, che è il paradigma della semplificazione sempre in agguato nelle nostre menti. Per questo è da salutare con entusiasmo ed interesse il lancio di una nuova rivista cartacea come Astérisque e per di più imperniata sull’incessante movimento delle idee filosofiche, per loro natura sempre aperte; e pur ‘non avanzando, si agitano’ con l’aprire varchi cognitivi ed insieme esistenziali, come avvertivano con estrema lucidità alcune giovani figure francesi nel dare vita a fine Ottocento alla storica Revue de Métaphysique et de Morale. Anche se oggi può sembrare ardita una simile impresa se non inattuale, un tale progetto con alle spalle una lunga esperienza di dibattiti e di incontri, avvenuti sia pure tramite il web, tra vari studiosi ed in dialogo con le scuole e varie associazioni culturali, si rivela ancora più pregnante in quanto si presenta come una autentica espressione di un bisogno oggettivo. E così, la casa editrice Castelvecchi si è fatta interprete di tale bisogno reale col fornire gli strumenti per un pensiero critico avendo già delle collane orientate in tal senso e per la stessa indispensabile formazione dei docenti; poi è da tenere presente che Astérisque, ‘Rivista di Filosofia in Movimento’ e diretta da Antonio Cecere e Antonio Coratti, è espressione del vivace sito ‘Filosofia in Movimento’.

Tale non comune engagement è portato avanti da  un gruppo di  studiosi  da circa quindici anni col dare vita ad un intenso dibattito attraverso gli strumenti del web col riconoscerne “l’utilità”; ma la lunga frequenza ha fatto  emergere i «limiti di fare filosofia» in un simile contesto con arrivare quasi a prescrivere allo stesso ‘pharmacon digitale’ delle terapie più in grado di correggerne l’intrinseco deficit critico con l’obiettivo di ‘potenziare l’intelligenza collettiva’,  a dirla con lo stesso Stiegler nel suo scritto Uscire dall’Antropocene del 2015. E non a caso dal basso stesso è venuta con forza l’esigenza di ulteriori approfondimenti dei temi trattati da richiedere un collettivo ‘travaglio dei concetti’, a dirla col matematico ed epistemologo Federigo Enriques, che solo la carta stampata con i suoi tempi inevitabilmente più lunghi, ma nello stesso tempo necessari, può aiutare a mettere in campo nel liberarci dalla schiavitù dell’immediatezza e del presentismo, spesso porte di ingresso di non percepibili penetrazioni di natura ideologica e di vere e proprie ‘quinte colonne’ nelle nostre stesse menti, nel senso avanzato da Alexandre Koyré (Come individuare le quinte colonne che minano la democrazia, 27 marzo 2025).

E aiuta in tal senso, come scrivono i redattori nell’editoriale del primo numero, il programmatico ricorso alla funzione grafica assunta dall’asterisco che col suo “richiamo sempre a qualche cosa che, pur non essendo presente nel corpo del testo, apre a nuovi contenuti che ampliano il discorso”; ed esso sta ad indicare in particolar modo l’idea di “movimento”che è ritenuto a monte del “pensiero critico, che è sempre un modo dialogico e mai concluso di fare ricerca”, finalizzato ad allargare il dibattito nel gettare le basi della ‘formazione permanente’. A tal fine si ritiene indispensabile dare “vita a una narrazione polifonica” col coinvolgere  la stessa “società civile per un rinnovamento del lessico critico”; sono stati non a caso individuati alcuni temi ritenuti giustamente strategici per la situazione odierna con l’uscita dei primi due fascicoli L’Illuminismo nel XXI secolo e Impero. La democrazia, la forza, la guerra, e con quelli in preparazione per il 2025 Uguaglianza. La storia, le sfide e IA e pensiero critico.  Ed il primo numero, nel rimandare “alle due delle anime fondamentali” del gruppo Filosofia in Movimento e cioè gli “Illuminismi (rigorosamente al plurale) e teoria critica”, non poteva  a questo punto non  riattualizzare sulla scia kantiana la vexata quaestio rappresentata da quel mouvement d’idéesche è stato l’Illuminismo; esso, com’è noto, è stato un fenomeno europeo con tutto il suo portato di carica critica che lo ha contraddistinto per aver messo in campo una prima “geo-filosofia plurale dell’emancipazione umana”, ancora da perseguire nei vari contesti, con la connessa e cruciale problematica del “progresso,” oggetto di vari interventi nel primo fascicolo, e diventato più che mai strategico nel ‘tempo della complessità’, nel senso avanzato da Mauro Ceruti, per ripensare su nuove basi il nostro futuro (Il volto agapico della complessità nello ‘sbrogliare il garbuglio umano’, 9 novembre 2023).

E per capire  e fare nostri alcuni nuclei portanti dell’Illuminismo francese del ‘700, non va dimenticato il fatto  che una delle fonti non secondarie di tale mouvement d’idées è stata la ricezione, avvenuta sia pure per vie traverse, dello spirito critico galileiano da parte di alcuni dei maggiori protagonisti, come Voltaire e Diderot, per aver studiato presso i collegi dei Gesuiti, e D’Alembert presso i Giansenisti; tra fine ‘600 e i primi decenni del ‘700, sia pure in modo sotterraneo, i professori di tali istituzioni, con le loro competenze teologiche e nello stesso tempo nei vari campi scientifici, stavano già utilizzando nelle  ricerche quella svolta ermeneutica, inaugurata dallo scienziato pisano nel tenere su due piani distinti il sapere scientifico e l’esperienza di fede e non più sovrapponibili. Ciò  permetteva loro di leggere i testi biblici in modo storico-critico nel mettere in discussione l’ipse dixit tradizionale e di vedere le stesse verità della scienza nella loro autonomia e non più soggette a principi esterni; e nelle menti dei futuri protagonisti di quella ricca anche se contraddittoria stagione illuministica, come degli asterischi proprio  nel senso avanzato dai redattori di Astérisque, le lezioni ricevute sono state uno strumento, un volano per arrivare ‘a qualche cosa’ che, pur non essendo  ivi presente, portava ‘a nuovi contenuti’ e ad estenderli  in altri campi dell’umano a cominciare dal mettere in discussione lo status quo e le logiche che arbitrariamente lo legittimavano.

Il ragionamento fu: dato che Galilei ha condotto una ‘filosofica militia’ vincendola, come la chiamò Federico Cesi nel fondare nel 1603 l’Accademia dei Lincei, verso pseudo-conoscenze ritenute incrollabili in nome dell’ipse dixit, perché non si può fare la stessa cosa per le istituzioni umane a partire dalla monarchia e con essa gli altri apparati dello Stato, ritenuta assoluta in nome di presunte verità di origine religiosa. Tutte le istituzioni umane sono, pertanto, delle mere costruzioni storiche e come tali si possono cambiare; per noi oggi è una ovvietà, ma  all’epoca rappresentava un salto qualitativo di non poco conto e richiedeva un vero e proprio mouvement d’idées, frutto da una parte della rabbia di vedere le diverse distorsioni presenti  e dall’altra della necessità di rafforzare le difese razionali per cambiare le cose, grazie alla piena metabolizzazione dello spirito critico galileiano, vero e proprio ‘asterisco’ di riferimento. Di tutto ciò si fecero portatori i maggiori protagonisti nei vari campi col creare le condizioni per diversi ‘Illuminismi’, dominati dalla logica del kantiano “coraggio di sapere“ col conseguenziale pieno di “sfide della ragione critica” verso il loro presente col compiere un primo ma decisivo passo teso ad ‘umanizzare la modernità’, nel senso di Mauro Ceruti, e  gli apparati costruiti sul terreno storico; tale percorso, come tutti i percorsi umani,  non è stato esente da evidenti contraddizioni e ambiguità, è rimasto incompiuto e tocca all’umanità odierna proseguirlo in diverse direzioni  in quanto ritenuto ancora più strategico  oggi da parte dei diversi autori che hanno contribuito al primo numero di Astérisque.

I diversi scritti, infatti, da un lato si contraddistinguono nel fare un bilancio critico dell’Illuminismo del ‘700 col vederne le “ambiguità” nel passare a setaccio le problematiche più rilevanti messe sul tappeto come il progresso e la giustizia alla luce della teoria critica di Adorno e Horkheimer, il ruolo della ragione sempre con l’obiettivo di ritenerlo strategico ancora per “pensare il nostro tempo”; a tal fine, da parte di Antonio Cecere, per la strutturale “dimensione critica” che lo sorregge, può essere preso  come un “modello”,  una “categoria filosofica” più in grado di guidare “l’attitudine dell’uomo contemporaneo alla critica positiva di tutto ciò che merita di morire” per “reagire alle crisi che nel mondo si verificano”. E dall’altro, tutto il fascicolo è finalizzato a creare le premesse per i diversi ‘Illuminismi’ ritenuti necessari per affrontare le sempre più complesse problematiche odierne nei vari campi; essi sono tutti accomunati dalla “lotta incessante contro le regressioni” (Giorgio Fazio) che  sia in modo più evidente che in maniera sotterranea, si stanno mettendo in essere e che, se non affrontate con le giuste dosi della ragione complessa o, nel senso di Astérisque sempre più ‘agitata’ ed in movimento, danno adito alle “energie dell’anti-Illuminismo” presenti nel “tempo della post-truth e delle crisi epistemiche” col loro insidioso portato di “pulsioni autoritarie e identitarie”.

All’interno di tale percorso, a partire dalla lezione data dalla Scuola di Francoforte e dall’invito di Paolo Quintili, fatto nel suo contributo, di non ritenere ‘l’Illuminismo radicale’ legato ad un determinato periodo storico e limitato solo ad un’ area, si ritiene necessario, da parte di Giorgio Fazio,  coglierne le istanze più radicali per lavorare ad un “progetto politico transtorico” come “lotta contro i quattro bastioni del non-Illuminismo, cioè della costituzione di una forma di vita umana non emancipata” da ancien régime; e a tale fine ci si confronta con l’interessante idea  lanciata qualche anno fa nel 2017 da Marina Garcés in Il nuovo Illuminismo radicale (Roma, Nutrimenti 2019), che viene intervistata nelle ultime pagine del fascicolo per chiarire cosa si intende  con una simile proposta. Dopo aver recuperato come lezione primaria dell’Illuminismo storico, sulla scia di Michel Foucault, “l’antidogmatismo in tutti i campi del sapere”, si ritiene ancora utile per l’oggi cogliere il novum rappresentato dall’esperienza del progetto editoriale dell’Encyclopédie; esso, portato avanti da giovani precari dell’epoca e finalizzato a “spezzare la struttura verticale dell’albero della conoscenza classico” col promuovere “un’orizzontalità  delle conoscenze” ognuna con un portato di verità, per il suo impegno di natura collettiva viene ritenuto basilare per “agire nell’attuale industria culturale”, anche per evitare i fenomeni di “autoreferenzialità”  dove succede che il “noi sia uno” e costruito “per essere un pensiero unico”, presenti sia nel mondo accademico che in ambito politico, fattori che si ripercuotono nelle dinamiche sociali.

In tal modo al kantiano ‘coraggio di sapere’, per Marina Garcés va affiancato il “coraggio di non sapere”, che è certamente “una sfida dura” nella misura in cui mette in discussione ogni forma di mala epistemocrazia da qualsiasi parte provenga, ma è la strada per percorrere “nuove vie inesplorate che la chiusura autoreferenziale nel noi non ci aprirebbe mai”. Questo numero di Astérisque  nel suo complesso ha il pregio di metterci in guardia da nuovi e “vecchi nemici del nuovo Illuminismo” che si annidano in diverse parti e tutti da individuare (Domenico Bilotti); e ci indica una strada per riprendere il retto cammino kantiano rivolto a far dialogare conoscenza, responsabilità e speranza su nuove basi, cammino abbandonato tra ‘800 e ‘900 col portare alla ‘catastrofe razionale post-kantiana’, come l’ha chiamata Jean Petitot,  che le ha rese incommensurabili con le inevitabili tragedie. Nello stesso tempo è un costante invito a lavorare per esplorare nuove vie per “l’Illuminismo nel XXI secolo” (Roberto Mordacci), impresa collettiva per fare fonte alle inedite sfide del nostro secolo e spezzare quel “rapporto perverso” che per Marina Garcés si sta creando oggi, quello tra “affermazione e negazione: che funzionano nella stessa direzione”:  pur avvertendo che “la democrazia è in pericolo, che le risorse naturali scarseggiano, restiamo dentro il capitalismo per paura di perdere quello che resta”. In tal modo, pur prendendo coscienza del fatto che ciò che lo aveva legittimato per diverso tempo sta venendo sempre più meno, si rimane inchiodati “dentro questa dinamica” senza riuscire a “pensare concretamente ad alternative percorribili”.

Astérisque ci fornisce degli strumenti per individuare questo stato di cose e lanciare delle piste di pensiero-azione col renderci responsabili delle diverse sfide in corso, ognuna delle quali esige un suo specifico ‘Illuminismo’, da costruire giorno per giorno col ridare il  più giusto peso ad una delle sue ispirazioni di fondo, quella della fraternità, che ha trovato meno spazio nelle vicende umane, ed oggi da più parti auspicata per raddrizzare le sorti dell’intera umanità e della stessa Terra;  inteso in tal modo, ogni ‘Illuminismo’ che si deve oggi forgiare insieme, come ci insegna questo fascicolo di Astérisque, può trovare nel pensiero complesso un prezioso alleato nel fare capire l’intreccio tra saperi ed esistenza, tra la conoscenza e la possibilità di agire nel concreto senza cadere in false epifanie e restare vittime di  assoluti sempre in agguato.  E come rivista che sta dando voce a cruciali questioni vitali va salutata come un ‘evento di verità’ con cui confrontarsi e da portare nel nostro ‘piccolo Pantheon portatile’, per usare delle espressioni di Alain Badiou.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.

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