Posso farle una foto?
La fotografia regala sempre un’istantanea, con margine di errore ridotto del contesto sociale nel quale si consuma la quotidianità. È proprio un’immagine, più di tante parole, a raccontarci la tragicità di un ponte che improvvisamente crolla spazzando via tante vite o di due treni che, tra ulivi resi incandescenti dal sole, si scontrano imprigionando per sempre tra le lamiere tante esistenze. Una semplice macchina fotografica, che quindi cristallizza un momento rendendolo in qualche modo eterno.
Ecco che attraverso la fotografia si scorge il modo migliore, per alimentare quella fame irrazionale, di conoscere la propria città, il proprio paese e quindi anche un po’ se stessi. Inizia un viaggio: il viaggio nei luoghi di origine: un movimento continuo, pur restando saldamente ancorati alle proprie origini.
Iniziano gli scatti, si susseguono a ritmo incessante: migranti che giocano, beffando il tempo, con bambini italiani nel polmone verde della città; anziani che si accompagnano chiacchierando o passeggiando per i vicoli di un borgo, dove il tempo sembra essersi fermato, a pochi chilometri dal centro urbano; ciclisti o esploratori improvvisati “incontrati” nei luoghi incontaminati della Murgia; e poi le vie del centro, il salotto buono, professionisti, artigiani, studenti che corrono, ciascuno con l’obiettivo di produrre qualcosa, di aggiungere un piccolo tassello utile a raggiungere quel benessere desiderato.
Gli scatti proseguono senza sosta, gli occhi diventano sempre più curiosi e bramosi di scoprire cosa accomuna tutti quei volti: in molti di questi manca il sorriso, in altri invece è timidamente abbozzato, mentre in altri ancora è così luccicante da risultare contagioso.
Dalla fotografia parte il viaggio tra l’umanità, tra le persone comuni, ed in qualche modo si torna ad immaginare; a fantasticare. Quali gioie o dolori occupano la mente e il cuore di quei volti? Quali stati d’animo caratterizzano quei passi lenti o veloci di questi esseri umani? Le mie paure saranno presenti in qualcuno dei volti che fotografo?
Quella stessa immaginazione, può rendere incontrollabile la sete di sapere e spingere il “cacciatore di vita” ad immergersi nella realtà: “Posso farle una foto?” – la domanda genera sempre stupore ed un po’ di imbarazzo – “Non mi è stato mai chiesto di essere fotografato” – la risposta, una volta vinta la ritrosia iniziale è positiva. Partono gli scatti, fotografo e fotografato non son più sconosciuti, si sono incontrati lì per strada casualmente e dallo scatto è nato l’incontro: un incontro reale tra esseri umani, che in un frangente, seppur limitato, ha allentato la morsa di quel male odierno chiamato solitudine.