Il mare dello stretto di Messina, sullo sfondo, un buon bicchiere di vino a riscaldare gli affetti e gli immancabili involtini di pesce spada: a tu per tu con il Pollock del ventunesimo secolo.

Partiamo con le presentazioni?

Mi chiamo Giovanni Oteri, in arte G8, non “Giotto”, come un non meglio noto imbianchino del 1300, quello della “O” col bicchiere…

Professione?

Pittore e scultore. Amo l’arte astratta, in particolare il painting come un non meglio conosciuto Pollock, ma c’è chi dice io sia più bravo.

L’autoironia qui è di casa, dico bene?

Faccia lei. Pollock è morto a 44 anni, amava le auto veloci e ci è rimasto secco: anch’io amo le auto veloci, ma sono vivo e vegeto e di anni ne ho qualcuno in più. Lui amava le belle donne, anch’io, ma sono fedele ad una sola, mia moglie (che sorride, vigile e compiaciuta, ndr).

Ricevuto. Allora parliamo di come nasce una vocazione artistica: che cos’è l’arte per G8?

Posso dire che la vocazione artistica qui abita da 70 anni: assicuro che anche i pannolini che sporcavo quando ero in fasce erano molto artistici. Quanto alla mia arte, in passato mi ispiravo ai grandi e mi esercitavo nel riprodurli. Poi ho scoperto che movimentare della vernice su un piano orizzontale, lasciandola sgocciolare, produceva una nuova visione, una fusione di colori, da accogliere e a cui obbedire. Ecco, io dipingo ogni cosa: purché sia steso su un piano. Poi capita che ti diano come commessa la decorazione di pali e tu dici: “Non si può fare!” E invece si fa pure quello. Ecco, non sai mai fin dove puoi arrivare, finché non lo fai. Le confesso una cosa: quando inizio un quadro, non so ancora come finirà, ma so quando mi devo fermare, quand’anche avessi usato un solo colore… Ecco, credo nell’arte istantanea.

L’arte che rispetta il limite? Un po’ come quello tra Scilla e Cariddi? Diversamente dalle colonne che Ulisse ha voluto superare?

Lei lo ha detto.

Apriamo un altro capitolo: G8 non è solo autore di quadri…

Beh, sì, ma quello è colpa di mia figlia e delle sue amiche. Le piace il disegno di un vestito e mi chiede di dipingerlo per lei. Arriva a casa con delle pale secche di fico d’india e mi chiede di farne orecchini e collane. Le piace un anello in legno di ulivo e a me tocca scolpirlo. Poi succede che ci prendo gusto e continuo a produrne, uno dopo l’altro, forse solo per il piacere di omaggiare delle signore.


Prima di salutarci, esposizioni in vista?

Bisognerebbe chiedere a mister Covid. Era in programma la triennale di Roma, ma continuano a rimandare. Però la sua è una domanda molto pertinente, perché le mie opere sono opere materiche, tridimensionali, non si possono apprezzare in foto. Detto ciò, non ho nulla in contrario con i cataloghi cartacei.


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...