Perché l’inverno arriva in ritardo…

L’inverno arriva in ritardo su questo lembo di terra, dove la primavera è già di casa per una fretta non dovuta… Ora le resta l’affanno della corsa che la fa ansimare per correre di nuovo ai ripari.

È ritornato il “legale” inquilino “inverno”, ad occupare la landa, dopo essersi assentato inspiegabilmente, trovandola “occupata” dalla primavera. Questa, sin sulle prime battute dell’alba, si presentava con un cappotto addosso, fatto di brina. Ha dovuto indossarlo. L’inverno rientrato, complice il sole nel ritrarre i suoi raggi, le hanno tolto quel piacevole tepore. A sua volta l’aveva fatto il sole con la primavera, illudendola nel suo prematuro trasloco.

La Natura stessa pare stranita: confonde l’intrusione primavera con l’inverno, restio ad andarsene? Essa ha forse dimenticato che il “Verno” (Passa la nave con l’oblio… F. Petrarca) ha “diritto e impegno” a restare fino al 20 marzo e, per essere precisi, alle ore 15,33: è un suo diritto; è il suo equinozio di marzo.

Ché nel convulso precipitare della situazione umana anche la Natura sia rimasta contagiata, confusa? Oppure che il Sistema solare abbia deciso di traslare, in una parte dell’Universo, dove il “nulla” lo inglobi, oscurandolo, e lo taccia di sì tanta, arrogante ostentazione che perpetriamo, noi terrestri…?

C’è chi sostiene la guerra e fa sfoggio di armi atomiche e non vede ora di usarle: pura incoscienza, esaltazione mentale, delirio? Qualcuno si chiede: “Che ne sarebbe delle Opere tutelate dall’U.N.E.S.C.O., della Croce Rossa Internazionale, delle centinaia Opere di Carità, dell’ONU, del Patto Atlantico, del Consesso delle religioni universali, della Cultura, della Storia e dei suoi paladini, dei milioni di Libri scritti, dei campi di grano ucraini, russi, mondiali…della Fratellanza…dell’effimera Pace, qualora l’atomica formattasse la Terra? “

Solo gli appena nati non lo sanno ancora: ma sono i “meno incoscienti”. La nostra incoscienza “adulta”, ci fa ingoiare le risposte. Anche se, dare risposte incoscienti, resterebbero comunque insensate…

Non serve che ognuno apprenda e custodisca, generosamente in memoria, oltre la fine, sì tante “nozioni”, dal “Mondo” acquisite. Non ci sarà, non ci potrà mai essere un altro “Fahrenheit 451 o ‘52” come quello di Truffaut del 1966, tratto dal romanzo fantascientifico-dispotico di Ray Bradbury.

Ciò che stiamo vivendo, non è un film, ma pura realtà. Chissà se ci sarà modo che essa diventi storia; la potremmo far leggere oppure, in seguito, produrla con un altro lungometraggio…chissà?

Io le darei un nome già da adesso: “Eterotermia 452”. (L’eterotermia è il sistema biologico che adottano gli elefanti africani per bilanciare la temperatura del proprio corpo, tra la notte e il giorno).

Gli elefanti. Nemmeno questi pachidermi resterebbero a nutrirsi di bacche radioattive…

Colla loro possente memoria avrebbero potuto immagazzinare i tanti dati a rischio: da incendi, da cancellazioni casuali o mirate, oppure contaminate da bugie… Peccato che gli elefanti non sanno leggere i nostri complicati “codici”.

Vanno a naso lungo (proboscide) e grande cervello, gli elefanti. Noi umani, invece, col naso “lungo” e col cervello ridotto, non riusciremmo nemmeno ad immagazzinare le nostre menzogne e non abbiamo ancora deciso cosa fare e dove andare…

Si potrebbe rincominciare a fare come gli antichi: a scrivere tutto sui sassi, nella speranza che, dopo di noi, arrivino altri esseri a mettere piede, sui probabili lembi di Terra rimasti.

Certo. Passerebbero gli anni, tanti anni. Ma si potrà dare il caso che possa pure accadere: lo stiamo facendo anche noi, vagabondi dello spazio, mentre ignoriamo la terra sotto i piedi e ci disinteressiamo di mantener l’aria pulita che respiriamo.

È come quel fabbro che cercava il martello… ma che aveva in mano e, in un momento di stizza, se lo dava sull’altra. Se questa non è idiozia, sarà certamente un qualcosa di peggio: pazzia, paranoia?

Per chi aborrisce le armi, si munisca di un buon libro e se lo legga: centellinandosi le pagine e i periodi più belli scritti. S’immagazzini i concetti in memoria. Le pagine scritte, la sostanza espressa, non cangeranno mai opinione, ma diranno sempre la stessa cosa… ciò che non riusciamo a fare noi umani.

Tutto questo perché ci potranno “depredare” tutto…

Giammai nessuno, però, potrà toglierci la “Cultura” acquisita e la “Fede”.

Già. Solo Dio, nel chiamarci a Lui. Quale liberazione!!!


Fontehttps://commons.wikimedia.org/wiki/File:Castel_del_monte_con_la_neve_(23861238853).jpg
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Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.