Il terzo millennio ha dato troppo, ma ha tolto tanto: comprese le lettere d’amore…
Lettere, lettere d’amore… Cazzullo, uno dei miei giornalisti preferiti, ha raccolto nel suo romanzo, La guerra dei nostri nonni, una serie di testimonianze vive di chi ha combattuto la guerra non da grande comandante, ma da semplice soldato che, per sua sfortuna, non poteva rifiutare di partire. Quando arrivava la chiamata alle armi bisognava lasciare tutto e tutti e combattere sperando di ritornare vivi a casa. “Una lettera dal fronte” si chiama questo speciale testo d’amore del soldato Claudio Giletti Barberis. Al ritorno in trincea, il 3 febbraio 1916, Claudio, che io immagino accovacciato, infreddolito e al buio, scrive una lettera a sua moglie. Era nata la sua secondogenita Claudina, ma lui non l’aveva conosciuta perché purtroppo la follia della guerra comporta anche questo. Claudio chiede scusa alla sua amata moglie per non averle scritto prima, le dice di non riuscire a mangiare e dormire all’idea che la sua famiglia sia lontana, pensa ai giorni felici e a questi tristi in cui non possono essere insieme, si raccomanda di vegliare con cura le piccole creature, consapevole che un giorno potrebbe non rivederle. Questa terribile guerra dovrà pur finire? Per Claudio finirà tre mesi dopo, il 21 maggio 1916, verrà dichiarato disperso dopo aver fermato con l’esercito italiano la Strafexpedition austriaca.
Ma queste lettere d’amore così semplici ed immediate esistono ancora in un’era fatta di whattsapp? Di incontri fugaci a feste organizzate magari da qualcuno che non conosci? Di chat su social network qualsiasi? Il dilemma: si parla di più o di meno?
Quando i miei nonni sono andati via, aprendo i cartoni delle “cose” di una vita, dai più futili oggetti agli oggetti più intrisi di ricordi e magia, ho ritrovato una foto di mio nonno paterno con una dedica a mia nonna, le chiedeva di custodirla con amore. Non le scriveva frasi ad effetto e forse non gliele diceva neanche, però io ricordo i suoi occhi luminosi quando parlava di lei, dei suoi occhi e dell’amore e rispetto di una vita insieme. Di mia nonna materna ricordo quando raccontava del primo incontro con mio nonno, del suo album di matrimonio che con orgoglio mostrava a tutti, qualunque mia amica fosse passata da casa sua conosceva da quelle foto le sue amiche, cugine e parenti di ogni grado, ricordo quando con orgoglio mi diceva che avevo tante cose del suo amato marito.
Ora si sono perse tante di queste semplicità magiche, ci si rincorre e poi ci si lascia andare via, forse perché il terzo millennio ha dato troppo, ma ha tolto tanto, ha tolto spesso quegli sguardi, quel rincorrersi, quei baci nascosti e quei “ti amo” tra i denti.