
Durango edizioni è il nuovo progetto editoriale nato da un’idea dei docenti e scrittori Massimo Giuliani e Felice Di Lernia. Li abbiamo intervistati per saperne di più.
Come nasce Durango?
Massimo Giuliani: Durango nasce nel 2015 da me e mia moglie. Io sono da sempre appassionato di scrittura digitale, e da parecchio tempo ero interessato ai modi in cui il web e i libri digitali potevano diventare una alternativa a una editoria nella quale molte cose, diciamo, un po’ meno mainstream, non trovavano più spazio. Così abbiamo ritenuto che potesse essere una buona idea quella di fare una casa editrice digitale. Una struttura leggera, prodotti a prezzi bassissimi per le tasche anche dei professionisti che frequentavo (sono psicologo, docente in una scuola di specializzazione), mi pareva che fossero la soluzione al problema.
In seguito fu chiaro che Durango avesse bisogno di una struttura più solida e fu abbastanza naturale pensare di parlarne col mio amico Felice Di Lernia. Il vero inizio di Durango dunque è databile al 2016, quando la casa editrice entra dentro La Cicloide e Felice Di Lernia ne assume la guida. In quel momento acquista una visuale molto più ampia, anche dal punto di vista dello “scouting”, dell’arruolamento di nuovi autori, sia esperti che alla prima pubblicazione.
Avete 5 collane che vanno dalla saggistica alla narrativa alla letteratura musicale: nonostante generi di scrittura diversi c’è un filo comune che unisce le pubblicazioni della casa editrice?
Massimo Giuliani: L’idea originaria era che mettere la cura e le arti dentro un contenitore comune fosse una buona idea. Il mio pallino era da tanto tempo quello di strappare la psicologia da un ambito medico-chirurgico che mi pareva culturalmente egemone, per restituirla a quello che mi sembrava più congeniale, delle scienze umane e della creatività. In questo interesse alle relazioni, a una psicologia che vada oltre l’osservazione di una “mente” (qualunque cosa si intenda con questa parola) ci stava la collana sulle relazioni coi luoghi, ci sta quella recente sulle scritture autobiografiche.
Oggi quell’idea originaria si sta evolvendo. Per esempio, non so che fine farà l’idea che la collana di narrativa debba avere come sfondo storie di cura. Che succederà quando ci capiterà una storia che magari ci piacerà tanto ma non rientra in quei confini? Insomma, credo che la linea sia piuttosto in evoluzione e che, al momento, l’elemento unificatore dei nostri libri sia il fatto che si prestano per ragioni varie alla sperimentazione dei supporti digitali.
L’ultima collana avviata è “Chilometro zero” con il romanzo “Gìrano”. È una collana dedicata alle scritture autobiografiche: da dove viene l’attenzione a questo genere specifico?
Felice Di Lernia: Da circa trenta anni mi occupo di autobiografia in ambito professionale e grazie a questa attività ho letto molte centinaia, forse alcune migliaia, di storie vere, di pezzi di storie, di frammenti, di lettere, di diari. È chiaro che la passione per le autobiografie vanno molto al di là del mero rapporto di lavoro, anche perché chi affida un pezzo della propria esistenza a qualcun altro, lo fa sulla scorta di una relazione ben più significativa.
Il fatto che io mi ritrovi a divorare storie autografe, il fatto che esistano scuole e corsi di autobiografia, il fatto che decine di migliaia di persone scrivano materialmente cose che li riguardano, deve per forza significare che esiste una scrittura che ha una sua propria epistemologia, alcune sue proprie regole e, verosimilmente, una sua platea di lettori, un mercato.
Immagino che prima di partire con Durango vi siate detti che il mercato editoriale fosse un terreno difficile e che affermarsi sarebbe stato arduo. Cosa vi siete risposti?
Massimo Giuliani: La situazione non è difficile, è deprimente. Non accade in nessun altro campo (io mi ricordo l’avvento del cd, per esempio: una svolta altrettanto radicale) che un oggetto viva nell’immaginario delle persone in un dualismo competitivo con un altro. Se domandi a qualcuno se gli piaccia la carbonara, ti risponde sì o no. Non “eh, ma due spaghetti in bianco…”. Mentre in qualunque discussione sul libro digitale, ci puoi scommettere quello che vuoi che nei primi secondi uscirà fuori quello che “eh, ma l’odore della carta…”.
Ma non c’è nessuna competizione. Noi semplicemente immaginiamo il libro digitale come uno di una molteplicità di supporti sui quali la parola scritta arriva alle persone. Non sono paragonabili, il loro uso è differente, le condizioni in cui si leggono sono differenti e per ciascuno il rapporto col testo è differente. Non ci interessa fare classifiche: ci interessa esplorare i modi in cui, anche grazie al digitale, la parola può moltiplicare la sua potenza. Alla fine abbiamo fatto libri importanti, credo, e almeno alcuni di essi non sarebbero esistiti, non dico senza Durango, ma almeno senza le opportunità del digitale.
Siete una casa editrice del Sud, collocata in una delle zone del Paese in cui si legge meno: vi siete fatti un’idea di cosa si potrebbe fare per arginare questa tendenza? Potrebbe essere una soluzione quella di un salone del libro a Bari?
Felice di Lernia: Non ci siamo mai considerati una casa editrice del Sud nonostante alcuni di noi siano assolutamente e orgogliosamente meridionali. Ad esempio gran parte dei nostri autori sono settentrionali, con una casuale ma radicale maggioranza di piemontesi. Ciò detto penso che il digitale, la stampa digitale, la stampa on-demand possono essere una delle soluzioni di cui c’è bisogno per aumentare il numero dei lettori e delle opere lette. Forse anche solo per diversificare le letture, per aumentare le alternative alla lettura asfitticamente mainstream, per dare spazio a stili e contenuti minoritari ma non minori. In quanto meridionali possiamo vantare una certa esperienza in questo campo.
Non so se un salone del libro a Bari risolverebbe il problema che si propone di risolvere. Non so neanche se i festival della lettura risolvano quel problema. Ho più fiducia, nessuna certezza, in quelle iniziative che hanno diffusione capillare e non necessitano di grandi investimenti. Una di queste è Libriamoci la cui diffusione è ormai praticamente quasi universale e coinvolge quasi tutte le scuole del Paese. Quello che ho visto in alcune scuole dell’infanzia ed elementari è molto incoraggiante.
Qualche anticipazione sulle prossime uscite di Durango?
Felice Di Lernia: Pochi giorni fa abbiamo pubblicato (sia in versione ebook che in versione stampa-on-demand) un’opera a più mani di un collettivo culturale di Torino, un esperimento editoriale leggero, una sorta di prova d’orchestra di persone che condividono un percorso e alcune idee. Si intitola Chiodi e martelli – dieci saggi per dieci saggi a cura di Lanfranco Abele e Marco Bertone.
In questi stessi giorni stiamo lanciando la versione stampa-on-demand di Corpi che parlano. Psicoterapia e metafora del nostro Massimo Giuliani che ha già presentato il libro a Brescia e a L’Aquila e prossimamente lo presenterà a Milano. Entro Natale usciranno un romanzo di un autore della nostra terra e la ristampa di un’opera degli anni settanta, un’opera fondamentale della cultura della medicina democratica di questo Paese. Una ristampa di cui siamo molto orgogliosi.