La destra e la Germania: un connubio che crea inevitabili paure
Erfurt è città dell’est della Germania, della quale si può intuire la perfezione urbanistica costituita dai vecchi e folkloristici palazzi a graticcio che convivono con una più moderna architettura, dove regna una vivacità quasi silenziosa che risalta lo sferragliare dei tram puliti e splendenti, come se fossero usciti da qualche ora dallo stabilimento e che passano con una certa cautela a pochi metri dalla gente, dalla quale, a malapena, si può sentire il vociare nel suo incedere composto. Un posto tranquillo, pulito, disciplinato, come lo sanno essere le città continentali. È anche il capoluogo della Turingia, un tempo appartenente alla Repubblica Democratica Tedesca, per anni dunque sotto l’influenza della sfera socialista. Spesso la storia ha incrociato i suoi destini con quelli di questa città e tra gli eventi più bizzarri c’è quello della latrina di Erfurt, la morte di una sessantina di nobili affogati, in maniera a dir quanto rocambolesca, nelle feci della cloaca della dieta imperiale. In questi giorni Erfurt e il suo Land sono saliti alla ribalta per l’esito del voto nelle elezioni, dove ha trionfato la Destra di Alternative für Deutschland, il partito di estrema destra di Björn Höcke, che ha ottenuto il 32,8 % ed è arrivato secondo in un altro land dell’Est, in Sassonia, con il 30,6 %. Dopo la vittoria, il leader ha parlato con toni altisonanti: “Noi possiamo scrivere la storia, il 1° settembre 2024 potrebbe finire nei libri come una cesura politica. Può essere che gli storici parleranno di un’era dei partiti cartello e di un’era successiva”(FONTE SOLE 24 ORE).
Staremo a vedere se gli storici parleranno un giorno di questa vittoria dell’AfD, ma l’affermazione del partito è storia recente che si ripete e che ha colpito gran parte dei Paesi europei dove le Destre stanno avanzando con una certa decisione e di cui avevamo già parlato un po’ di tempo fa, nell’articolo “Il ritorno delle Destre” del 6 aprile 2023. Ricordiamo che soltanto qualche mese fa soltanto un colpo di coda delle alleanze tra la gauche, il partito di Macron e neogollisti ha frenato l’ascesa che sembrava inarrestabile di Marine Le Pen. Una minaccia avvertita da gran parte dell’opinione pubblica francese che aveva coinvolto finanche i calciatori impegnati nel campionato europeo in corso in Germania, su tutti la stella del calcio transalpino Kylian Mbappé che invitava i suoi connazionali a votare e non lasciare il paese “nelle mani di quelli là”.
La destra e la Germania è un connubio che crea inevitabili paure.
Intanto, prima di scomodare i fantasmi del secolo scorso, il voto tedesco è stato un campanello d’allarme che non è passato inosservato nel resto del Continente e se le sinistre non hanno perso tempo per alzare la guardia, Orban ha cavalcato l’onda dicendo che questo è un “no alla guerra, ai gender e ai migranti”.
Recessione, immigrazione e instabilità politica hanno disorientato il popolo tedesco.
Non se la passa bene l’economia tedesca che ha conosciuto una contrazione del PIL dello 0,1 %. Il settore chiave dell’automotive è in affanno, in particolare sta soffrendo il gruppo Volkswagen che dopo ottantasette anni e la crisi pesante del 2015 (quella scaturita dal Dieselgate) sarà costretta a valutare la chiusura di uno stabilimento, o forse di più.
A complicare la situazione c’è stato l’attentato di Solingen compiuto da un profugo siriano di religione musulmana che ha accoltellato diverse persone ad un festival sulla diversità. Alternative für Deutschland ha sfruttato l’onda emotiva di quell’episodio per la sua propaganda politica che mira a una “remigrazione” (remigration jetzt) di tanti stranieri giunti in Germania dichiarandosi profughi. La lotta all’immigrazione illegale, e non solo direi, è uno dei punti del programma politico del partito di ultradestra e lo stesso Höcke si è espresso con parole forti dopo le elezioni: “I migranti non sono il problema. Il problema è che la Germania negli ultimi anni ha lasciato entrare 10 milioni di persone. Molte sono illegali. Credo che il risultato di queste elezioni rappresenti la volontà dei cittadini della Turingia di dire basta a tutto questo”. A questo va associato un antieuropeismo che si è manifestato con tinte molto accese nelle intenzioni di Alice Weidel, quelle di promuovere una Dexit, ovverosia l’uscita della Germania dall’UE. Alla Germania non serve l’Unione Europea, vero invece il contrario è il pensiero della Weidel che non vede rispettati dagli altri partner europei i bisogni del suo Paese.
“Tutto per la Germania” è il motto che sottintende la politica del partito di estrema destra che sta spaventando i tedeschi e il resto d’Europa, un pericoloso ritorno ad una Germania per i tedeschi. Ma la Germania oggi è un Paese multietnico che ha fatto anche dell’immigrazione il suo punto di forza. Höcke è sicuramente un personaggio sotto i riflettori, tenuto sotto osservazione già a partire da quello slogan citato precedentemente, lo stesso che proclamavano a squarciagola le SA. Il leader e il suo partito sono una minaccia perché parlano alla pancia del popolo e come spesso accade il voto è la conseguenza di un malessere comune, la reazione ad una situazione che non cambia. Ma il popolo è decisivo anche per contrastare la deriva a Destra come abbiamo già citato volontariamente in precedenza con la sconfitta di Le Pen. “Il potere appartiene al popolo che lo esercita” nei limiti delle carte costituzionali ed è il vero artefice del suo destino, della sua libertà o della sua sottomissione. A noi la scelta.
La vittoria nei Landër dell’est è indicativa di un disagio, ma il popolo tedesco ora è chiamato a decidere sul bivio più insidioso della sua recente storia. Il popolo decide, in primis quello tedesco, e l’esito elettorale è sempre la volontà democratica di una parte di esso che si esprime e che viene ricordato anche dall’iscrizione che si trova sull’architrave del Reichstag, Dem deutschen Volke, il popolo tedesco.
Non dimentichiamoci che il voto tedesco ha anche implicazioni morali sulla nostra identità di popolo che non può esulare dal passato e che in questi giorni tornerà a ricordarci gli errori commessi nella commemorazione dell’8 settembre 1943, il giorno in cui tornammo ad essere un popolo libero, o forse finalmente un popolo.
Erfurt, ridente città tedesca, ci sta mettendo in guardia sul fatto che è facile ricadere nelle cloache del passato e vanificare anni di pax europea e di libertà, espressione dell’intraprendente iniziativa dei popoli.