29 Dec 1971, Rome, Italy --- Senators and Deputies fill the flag-draped Chamber of Deputies to witness President Giovanni Leone (standing at second highest row of desks facing deputies) take the oath of office. --- Image by © Bettmann/CORBIS

Di Savino Gallo

Se si pone alla gran parte dei cittadini dii un paese democratico la domanda di cosa sia la democrazia risponderanno che è un regime in cui vi è “il governo del popolo” e in cui vi sono elezioni libere e segrete ad intervalli regolari aperte a tutti i cittadini.

Elezioni libere ad intervalli regolari sono sì una caratteristica essenziale della democrazia, ma è un carattere minimo.

E’ anche non corretto storicamente sostenere che ciò che noi definiamo come democrazia corrisponda a quella della polis greca. Per i greci dell’antichità la forma corretta del “governo del popolo” era la politéia, mentre il termine democrazia era attribuito alla sua forma degenerata. Inoltre la politéia era una democrazia diretta, mentre le nostre sono democrazie rappresentative.

Ma vi è un altro punto fondamentale che differenzia la politéia da ciò che comunemente chiamiamo democrazia. La nostra è una democrazia liberale, una liberal-democrazia. Il nostro regime democratico, che trova concretizzazione nei principi della nostra Costituzione, presuppone il liberalismo, ossia dei limiti al potere, con la divisione degli stessi, lo Stato di diritto e il riconoscimento e la tutela delle libertà e dei diritti individuali.

E’ il caso di ricordare che la città greca, ma anche quella medievale, non concepivano l’autonomia individuale, il mondo antico e medioevale mostravano sospetto verso l’individuo.

Un altro aspetto che differenzia la politéia dalla nostra democrazia è che la prima era monocratica, mentre le democrazie liberali pongono argini alla concentrazione del potere attraverso una distribuzione dello stesso, pone dei limiti allo stesso potere per tutelare i diritti individuali.

Storicamente e concettualmente il liberalismo si differenzia dalla democrazia poiché mentre il primo è una teoria negativa sui limiti da porre al potere, la seconda consiste in una forma positiva di governo. La democrazia si focalizza sull’uguaglianza, il liberalismo sulla tutela e la garanzia delle libertà e dei diritti individuali. La democrazia si impernia sulla comunità sociale, il liberalismo sull’individuo.

Quanto sopra implica che siano teoricamente possibili una democrazia illiberale, ossia un regime che non riconosce le libertà e i diritti individuali, e un assolutismo liberale, ossia un regime autocratico che riconosce i diritti individuali, ma rifiuta la sovranità popolare.

Dal riconoscimento delle libertà individuali consegue la tutela delle minoranze contro quella che Tocqueville definì la “tirannide della maggioranza”.

Il liberalismo è un prodotto del pensiero borghese dei secoli XVII, XVIII e XIX. Il pensiero liberale universalizza il borghese colto, che diviene il “cittadino” dei regimi liberali. Il cittadino di una democrazia si suppone difatti che sia in possesso di un livello di istruzione mediamente elevato, che benefici di buoni redditi e di certezza del lavoro. Sono queste caratteristiche che lo rende non manipolabile e non ricattabile da potentati politici ed economici. Ciò implica inoltre che lo stesso cittadino abbia fruito da un sistema formativo di elevata qualità, cui si coniuga un sistema informativo della stessa qualità e con un ampio pluralismo che consenta di valutare i diversi punti di vista.

Universalizzare il borghese colto come cittadino pone quale conseguenza che “ogni testa vale un voto” e che pertanto il voto del semi-analfabeta valga quanto quello del noto docente universitario. Altro punto è che si postula l’esistenza di un sistema informativo pluralistico e di alta qualità che consente la formazione di “libere opinioni”.

Fino a ieri la preoccupazione era sul potere di condizionamento dei mass-media. Oggi siamo invece in presenza di un altro sistema informativo, quello dei social media, con un potere di manipolazione e condizionamento di ordini di grandezza superiore a quello di TV e giornali. È una questione che dovrebbe essere oggetto di una riflessione approfondita; i social media mettono fortemente in dubbio la non manipolabilità e non ingannabilità del cittadino di una democrazia liberale. Peraltro la democrazia universalizza il borghese colto, mentre secondo un’indagine PIAAC-OCSE in Italia circa il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale.

Ma vi è un altro rischio, divenuto recentemente oggetto di riflessioni. Le elezioni in democrazia si fondano sul principio di maggioranza, che è la maggioranza di coloro che votano, non di coloro che hanno diritto al voto. Ma se non sono ben saldi e condivisi i limiti del potere, la divisione dei poteri, l’intangibilità dello Stato di diritto, il riconoscimento e la piena tutela delle libertà e dei diritti individuali, il rischio reale è di andare verso la “tirannide della maggioranza” paventata da Tocqueville. Il rischio è che si costituisca una democrazia illiberale, un regime privo di limiti che rimuova le garanzie liberali e disconosca i diritti e le libertà individuali, e con esse quelle delle minoranze. Un simulacro di democrazia di cui restano solo le elezioni ad intervalli regolari.

La democrazia liberale è un’istituzione fragile, che si regge su delicati equilibri e su assunti ideali, che in quanto tali non hanno una perfetta corrispondenza con la realtà.

Astrattamente in ogni momento la maggioranza degli elettori può “democraticamente” rovesciare la stessa democrazia, o meglio la democrazia liberale.

La democrazia, o più correttamente una democrazia liberale, può continuare a perpetrarsi se i suoi principi e i suoi metodi, pur con tutti i limiti che gli sono propri, sono interiorizzati, sono fatti propri dai cittadini. Il rischio reale, anche in ragione dell’enorme potenzialità manipolatoria dei social media, è che si crei una maggioranza di elettori che voti per porre fine alla democrazia liberale.

TIRANNIDE DELLA MAGGIORANZA

Io considero empia e detestabile questa massima: che in materia di governo la maggioranza di un popolo ha il diritto di far tutto; tuttavia pongo nella volontà della maggioranza l’origine di tutti i poteri. Sono forse in contraddizione con me stesso?

Esiste una legge generale che è stata fatta, o perlomeno adottata, non solo dalla maggioranza di questo o quel popolo, ma dalla maggioranza di tutti gli uomini. Questa legge è la giustizia.

La giustizia è dunque il limite del diritto di ogni popolo.

Una maggioranza è come una giuria incaricata di rappresentare tutta la società e applicare la giustizia che è la sua legge. La giuria rappresenta la società; deve essa avere più potenza della società stessa di cui applica le leggi? Quando dunque io rifiuto di obbedire ad una legge ingiusta, non nego affatto alla maggioranza il diritto di comandare: soltanto mi appello non più alla sovranità del popolo ma a quella del genere umano.

Vi sono alcuni i quali osano dire che un popolo, negli oggetti che interessa- no lui solo non può uscire interamente dai limiti della giustizia e della ragione e che quindi non si deve avere paura di dare ogni potere alla maggioranza che lo rappresenta. Ma questo è un linguaggio da schiavi.

Cosa è mai la maggioranza, presa in corpo, se non un individuo che ha opinioni e spesso interessi contrari ad un altro individuo che si chiama minoranza. Ora, se voi ammettete che un uomo fornito di tutto il potere può abusarne contro i suoi avversari, perché non ammettete ciò anche per la maggioranza? Gli uomini, riunendosi, mutano forse di carattere? Divenendo più forti, divengono anche più pazienti di fronte agli ostacoli? Per parte mia, non posso crederlo; e non vorrei che il potere di fare tutto, che rifiuto ad un uomo solo, fosse accordato a parecchi.

Alexis de Tocqueville “La democrazia in America”

“La democrazia e l’aristocrazia non sono stati liberi per loro natura. La libertà politica non si trova che nei governi moderati. Tuttavia non sempre è negli stati moderati: vi è soltanto quando non si abusa del potere; ma è un’esperienza eterna che ogni uomo, avendo in mano il potere, sia portato ad abusarne; va avanti fino a quando non trova dei limiti.

Perché non si possa abusare del potere bisogna che, per la disposizione delle cose, il potere arresti il potere. Una costituzione può essere tale che nessuno sia costretto a fare le cose alle quali la legge non lo obbliga, e a non fare quelle che la legge gli permette.”

Montesquieu “Lo spirito delle leggi”


1 COMMENTO

  1. stiamo vivendo da decenni, a tratti inconsapevolmente, una degenerazione della democrazia, la Oclocrazia. Sostanzialmente vuol dire che non domina più la volontà di un popolo ma gli istinti di una massa variamente istigata da demagoghi e pifferai magici. Esempi nel mondo, occidentale e non, ve ne sono in grande quantità, anche nella nostra nazione. E la povertà educativa sempre più crescente, abbinata a un marcato e voluto analfabetismo funzionale diffuso ne è lo strumento principe.
    Ma non è finita, perchè rapidamente si va affacciando un altro sostantivo tendenzialmente pericoloso, la Algocrazia, Un sistema pervasivo e di controllo della nostra sfera pubblica e privata, dove le tecnologie informatiche influenzano le nostre scelte e determinano le nostre azioni, con conseguenti trasformazioni sul piano economico, sociale, politico e organizzativo: è cambiato il modo in cui viviamo e ci relazioniamo con gli altri, il modo in cui lavoriamo, produciamo, studiamo e ci divertiamo.

LASCIA UNA RISPOSTA

Please enter your comment!
Please enter your name here