
Oggi c’è il parco, ma non sempre è abitato…
È un caldo pomeriggio di ottobre.
Le temperature si mantengono al di sopra della norma.
Effetto del riscaldamento globale, si direbbe.
E se altrove gli uragani stanno sferzando le coste atlantiche con crudeltà, da noi si usa un po’ di filosofia, si richiamano tempi passati e si approfitta per quello che è un effettivo prolungamento dell’estate.
Ci adeguiamo e nell’adeguarci abbiamo deciso di portare la nostra bimba in uno dei parchi del quartiere (ce ne sono ben due!) dove poter giocare e farla relazionare con altri bambini.
È un mondo strano quello dei parchi, che si anima lentamente, come se tutti arrivassero da una lunga siesta. Noi latini siamo essenzialmente pigri.
È notorio.
Alle 17,40 ci sono poche anime.
È una terra di nessuno il parco, abitata da soggetti improbabili, alle volte pericolosi, che occupano le panchine demarcando un territorio che ad altri non appartiene, ma che non è nemmeno il loro. Lì vedi, incuranti dei piccoli che giocano, alzare la voce, insultare i loro rivali, rollare sigarette o qualcosa di più e, in alcuni casi, sciogliersi in effusioni (ed è eufemistico) con le proprie ragazzine.
Il parco in questione era stato realizzato per attrarre tutti i bambini di una zona popolosa e che si trova di fronte al forte polo di attrazione, una chiesa. È dotato di giochi (un po’ pochi per la verità) che sono utilizzati dai bambini, devo dire anche con una certa educazione. Queste giostrine resistono alle intemperanze e alla noia dei più grandi, adolescenti che al calar della notte sfruttano il buio per impadronirsi definitivamente del parco. Una panchina è rotta, con un asse lasciato qua e là per i vialetti piastrellati che diventa un pericoloso giocattolo per i più piccoli, vetri sono sparsi nell’erba secca e infestante, mine pericolose per i bambini che corrono, che nell’inciampare rischiano di farsi male e che ci ricordano ciò che succede dopo una determinata ora, quando le tenebre prendono il sopravvento.
Per fortuna non si è fatto male nessuno.
Ho visto altri parchi in Europa che pullulavano di bambine e bambini, ma in questo si fatica a vedere orde di fanciulli che corrono e animano questi pomeriggi piacevoli. Il parco dovrebbe assurgere a luogo dove fare giocare sicuri i nostri figli, un posto che dovrebbe legarsi al tessuto urbano e sociale di un quartiere.
Ma anche qui, come abbiamo visto, si nascondono pericolose insidie.
Un tempo c’era la strada.
Per strada si facevano esperienze e si incontravano tanti bambini. Altri tempi, è vero, quando non esistevano ancora tablet e cellulari e i videogiochi, seppur attraenti e già abitati dai vari Super Mario e Sonic, non riuscivano a tenerti in casa. L’appuntamento con gli amici in cortile o in strada era qualcosa di irrinunciabile. Bastava una palla e la magia prendeva forma in lunghe e interminabili partite al pallone; o un muro riusciva a metterle insieme bambine e bambini in uno dei giochi più antichi al mondo: il nascondino. Era un luogo la strada dove si imparava anche a sopravvivere, dove non c’erano mamma e papà a difenderti dai bulletti, che insegnava a comportarsi con gli altri, in un’arena eterogenea e competitiva.
Un microcosmo con le sue regole.
E la strada ti accompagnava fino all’adolescenza, negli incontri con i tuoi amici e forse con il tuo futuro partner. Oggi non basta più un parco ben arredato, grande e luminoso per attrarre i più piccoli. Ci sono altri luoghi di aggregazione, liquidi e perniciosi dove vedersi e scambiare pensieri frammentati e parolacce estemporanee, come avviene nelle chat vocali dei videogames o direttamente su WhatsApp. È drammatico oggi vedere come tante bambine e bambini accedano al cellulare già da piccoli e come l’abbiamo sostituito a una buona lettura, a un gioco da tavola o alla strada, al vecchio e amato cortile che oggi è vuoto, a causa anche delle regole di condominio che impongono orari e modalità di utilizzo.
Anche noi grandi facciamo del nostro per rendere la vita dura ai nostri figli.
Se penso all’infanzia c’è un rumore nella mia testa, quello stridulo delle urla dell’allora miei coetanei ma che, al tempo stesso, era pieno di gioia e di vita.
Eravamo realizzati perché felici e spensierati. Oggi vedo tanti bambini poco interessanti, assuefatti dal mondo televisivo e virtuale che risucchia loro pian piano la forza e la vivacità. Le fantomatiche LIM non hanno dato alla didattica quel tocco di magia che si sperava. I bambini sono spesso annoiati da qualsiasi proposta multimediale, ne hanno a volontà per tutto il giorno e a profusione tra le loro mura.
E allora ci affidiamo al parco, il luogo dove tutto può essere ancora recuperato ma che al momento resta spesso disabitato e sferzato da i tornado di rabbia repressa e di inciviltà di giovani (e non solo) che non hanno nulla a che vedere con l’Uragano Milton.