Un percorso interiore, una strada intrapresa da ognuno di noi in maniera diversa, ma che conduca, però, alla stessa meta. Sarà questo il tema che Adriana Porro affronterà, il prossimo 7 novembre, nel suo Laboratorio del Benessere, ospite il prof. Felice Colasanto

Felice Colasanto, autore de “Il Vaso di Creta”, libro autobiografico che traccia il sentiero dell’introspezione scevra da vincoli geografici e materiali. Camaldoli, infatti, è solo il pretesto di un viaggio dentro la propria anima, spifferi di spiritualità da cui prendere aria pulita e rigenerante, nel nome dell’amore dell’io indissolubilmente legato a quello Dio, forza amica e complice, scorciatoia di una vita di cui possiamo sempre disporre per comprendere a pieno il senso dello star meglio con le nostre stabili fragilità.

Ciao Felice, benché rappresenti un piccolo contenitore, il titolo del tuo libro “Il vaso di Creta” invita all’apertura spirituale verso una diversità difficile da trovare. Cosa ti ha spinto a questa apparente dicotomia semantica e a questa singolare ricerca interiore?

“Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi”. Sono parole di San Paolo sul tesoro, cioè Cristo, e il contenitore, la nostra fragile umanità. L’opinione di Papa Francesco è che questo è il punto fondamentale di equilibrio nel nostro cammino di spiritualità. “Il vaso di creta”… un contenitore, quindi, fragile dal “contenuto prezioso” e da esplorare con curiosità ed umiltà senza se e senza ma.

Ad un certo punto della mia vita ho preso consapevolezza del fatto che davanti ad un problema o una situazione sconosciuta, la mia mente percepiva un luogo di confusioni e conflitti, come una breccia e per far fronte a questa discrepanza,  tendevo in maniera naturale a riempire gli spazi bianchi con le informazioni ricavate da ciò che già avevo sperimentato. Credo che ciascuno di noi abbia bisogno di questo meccanismo per evitare che il tutto si trasformi in una sensazione più che mai scomoda, incerta ed inquieta.

Le supposizioni, se non avessero avuto come forza motrice la curiosità, debitamente supportata da una buona dose di umiltà, avrebbero creato dei danni e, piuttosto che aiutarmi, mi avrebbero fatto perdere in ricerche inutili. Cercavo risposte a ragionamenti imperniati su basi solide. Non mi bastavano più consensi umani e avvertivo evidente e preponderante la necessità di fare una scelta.  Nella vita, per ogni scelta, bisogna avere il coraggio e lo spirito di un esploratore, il coraggio di esplorare il confine e l’esplorazione implica curiosità, ricerca e anche fiducia in se stessi.

Quando si è “esploratori della vita” e lo si fa con lo spirito di un bambino, che gode della fiducia incondizionata e della dolce benevolenza della mamma e del papà, si scoprono cose importanti, concrete, meravigliose, colorate degli stessi colori dell’Anima, che danno gioia e felicità in chi esplora, mentre si scopre di non essere mai soli. Come in ogni bambino, che fa moltissime domande e apprende rapidamente perché è curioso, così in me, la curiosità,  ancora ora mi tiene costantemente interessato alle lezioni del Maestro cioè Cristo, con la voglia di scoprire un numero sempre maggiore di cose. Tutti noi siamo discepoli all’ascolto costante della voce di Cristo.

È nel cuore che ho ascoltato la voce di chi mi ha preso in affidamento come figlio suo e discepolo: la voce di Cristo Gesù, contenuto prezioso de “Il vaso di creta”. Egli è concreto. Per questo la vita non può essere fondata su meri pensieri e supposizioni, queste svaniscono nel momento stesso in cui si cerca di smettere di pensare, ma sulla certezza e sulla percezione concreta di una Guida, che è dentro di noi e che ci parla continuamente lungo il nostro cammino.

Nella presentazione dello scorso giugno, presso la Casa Accoglienza “Santa Maria Goretti” hai definito le parole come “mezzi per farci vivere un viaggio”. In che modo e con che scopo l’esperienza a Camaldoli ha equilibrato il difficile rapporto tra silenzio ed eloquenza?

A Camaldoli ho subito apprezzato una realtà libera da pregiudizi, capace di mettersi in ascolto sincero e di confrontarsi, per approfondire i contenuti della propria fede, in un clima di autentico dialogo, confronto, libertà, ricerca umile e silenzio.

Cercavo un luogo immerso nel silenzio, per fare spazio nella mia mente e risposte alle innumerevoli domande. L’idea di scrivere un diario, trasporre tutto in “parole” e farne di questo un mezzo di testimonianza, non è stata mai nelle mie intenzioni. Credo che chi scrive appunti, cerchi se stesso con una scrittura istintiva, quella intima dell’anima e non è sempre semplice rendere pubblici i pensieri della propria anima ancor di più quando questa è preghiera.

In ogni caso, mentre mi dedicavo alla meditazione cristiana con i monaci eremiti, giorno dopo giorno, mentre pregavo con loro, camminavo nei boschi con i ritmi evidentemente più lenti, quelli della vita monastica ed eremita, ho cominciato a pensare che, se non avessi appuntato le emozioni, i semplici pensieri, che passavano velocemente nella mia mente, le preghiere, che passavano prima attraverso il cuore, mi sarei potuto perdere qualcosa di quella esperienza.

Stavo vivendo una esperienza fantastica! Ma la vera sorprendente bellezza era nel fatto che  diminuivano le paure. La fame di ricerca sembrava amplificarsi ad ogni passo compiuto al quale naturalmente ne seguiva un altro, che mi consentiva di potenziare la sensibilità in merito a tutto ciò che mi circondava.

Come non raccontare tutto questo e trasformarlo in parole? Come non sperare che tutti, giacché creature parlanti, dopo aver ascoltato e riconosciuto la Parola di Dio, si misurino con il silenzio e la dinamica tra quest’ultimo e la parola? Come non sperare che l’aver scelto di trasferire in “parole” tutto questo, doni l’attenzione e quindi la capacità di saper leggere il proprio cuore con la chiave di chi si pone con umiltà davanti all’irrequietezza creativa della propria anima?

Il Laboratorio del Ben-Essere di Adriana Porro ti ha accolto come messaggero di una pace divina. Credi sia possibile isolarsi dalle sovrastrutture contingenti e vivere la quotidianità attraverso comportamenti cristiani e solidali?

 Non mi sento affatto un “messaggero di pace divina”, come tu mi definisci, piuttosto il testimone di un cambiamento possibile, che si evolve e non ha mai fine, ma che soprattutto sorprende.

Una cosa è certa! Non si realizza subito pienamente quanto l’esperienza, che riguarda l’accoglienza della Parola di Dio, possa davvero cambiare dentro, ma se si continua a cercare, pian piano ci si rende conto del meraviglioso dono, che si riceve ogni giorno con il rapporto filiale con Dio e del cambiamento radicale e permanente cui si deve sempre tendere.

La nostra è un’epoca, in cui non si favorisce il raccoglimento; anzi, a volte si ha l’impressione che ci sia paura a staccarsi dalle sovrastrutture anche per un solo istante, dal fiume di parole e di immagini, che segnano e riempiono le giornate.

Questo è un punto particolarmente difficile per noi nel nostro tempo. E’ necessario il silenzio interiore ed esteriore, perché la Parola possa essere udita. Solo nel silenzio la Parola può trovare dimora in noi. Il silenzio è capace di scavare uno spazio interiore e alla luce degli esempi di Gesù invitarci dolcemente a comportamenti solidali e cristiani. Dobbiamo reimparare il silenzio e nel silenzio riconoscere la “coscienza”, l’apertura all’ascolto e all’altro.

Certo, occorrono desiderio, passione, pazienza, anche un po’ di sofferenza. Con intelligenza, però, la assunzione consapevole di avere dei limiti, propri del genere umano, ci avvicina a Gesù e allo stato di serenità interiore con il quale affrontare gran parte delle cose. Io ora vado continuamente incontro a quella voce profonda e non a quella inesistente perfezione nella quale spesso noi finiamo per vivere. Vado incontro ai miei stessi limiti, alle mie particolarissime tare e oscurità accogliendo la Parola, così da non perdermi i momenti belli della vita, in cui ci si riconosce amati da Dio.

Se ognuno di noi intraprende il proprio viaggio, come ci approcciamo agli ostacoli che potrebbero presentarsi lungo il nostro percorso, restando immuni ai cattivi sentimenti e agli interessi personali?

Come ho già detto, il punto è che l’uomo del nostro tempo è ingenuo e distratto. Credo che il nostro sia un comportamento infantile, crediamo nella nostra perfezione con la presunzione di conoscere tutto. Questo atteggiamento ci pone di fronte agli stereotipi di massa, di pensiero e di comportamento, rendendoci inermi nei confronti di quanto nascondono questi stereotipi.

Inoltre, a causa del frastuono della quotidianità, si diventa sordi oltre che ancor più distratti nei confronti dei bisogni altrui e si bada esclusivamente agli interessi personali. Infatti, non ci sarebbe nulla di male, se questi stessi stereotipi non fossero mezzi usati per fini lucrativi ed esclusivamente personali.

Credo, altresì, che Dio sia infinitamente più intelligente di noi, che conosca perfettamente ogni nostro bisogno e che trovi sempre il modo per entrare in dialogo con ciascuno. La nostra presunzione, a volte, ci porta ad intraprendere “viaggi”, che ci fanno credere in una serenità personale addirittura da poter donare agli altri, ma che è fittizia. .

Tutto questo ci impedisce di fare un percorso guidato da Dio, attenti a riconoscere i cattivi pensieri, ma rivolti solo a badare ad interessi personali. Prima di ogni “viaggio” è necessario mettersi in ascolto della propria coscienza, che è il più grande dono che Dio abbia potuto farci, fare discernimento, desiderare di farlo.

Dio può e vuole parlare con noi, Egli è nostro Padre, noi siamo suoi figli. La cosa mirabile è che Egli, per arrivare a tale contatto con i sensi, con la ragione, parla al cuore di ciascuno di noi e in modalità umana. Tocca a noi volerlo ascoltare. Credo che, giacché la fede in Gesù Cristo, non è la conclusione di un ragionamento umano, ma è una maturazione donata, ciascuno abbia i propri tempi ed è, comunque, Dio che glieli concede.

Una cosa è importante: spalancare il cuore alla accoglienza della Parola, degli insegnamenti di Gesù Cristo, essere curiosi, cercare sempre, anche di fronte al silenzio di Dio, quando proviamo quasi un senso di abbandono e ci sembra che Dio non ascolti e non risponda. Pregare con un cuore attento, silenzioso e aperto è più importante di tante parole. Dio ci conosce nell’intimo più di noi stessi, e ci ama. Sapere questo deve essere sufficiente.

E’ possibile incontrare Dio coinvolgendo anche gli altri in questa trasformazione?

Intanto, credo fermamente che per l’uomo incontrare Dio sia non solo possibile, ma anche indispensabile e urgente.

Il vero prodigio sta nel fatto che quando hai incontrato Dio e lo hai conosciuto, quando hai fatto questa esperienza, quando hai imparato che serve interpretare la tua vita, operare delle scelte, riconoscere ed accogliere la tua vocazione, scoprire i talenti, che Dio ti ha dato, compiere quotidianamente la sua volontà, unica via, per realizzare la tua esistenza, senza preoccuparti della efficacia operativa e dei risultati concreti che consegui, come unicamente per merito tuo, allora, senti forte il desiderio di condividere.

Come può, una condivisione fatta con due mani distese, senza alcun interesse, ancor di più quando si mette a nudo la propria vita interiore, non coinvolgere e avviare un processo di trasformazione? Ma è indispensabile precisare che un reale cambiamento è possibile solo con l’impegno nel mettere in discussione il proprio stile di vita.

Dove l’espressione “stile di vita” è utilizzata, per riferirsi a ciò che caratterizza permanentemente ed in profondità il modo di vivere dell’uomo. Quando vivi la presenza di Dio nella consapevolezza dei tuoi limiti e di quelli dei tuoi simili, non si può improvvisare, non è un fatto episodico.

La trasformazione include elementi indispensabili come capacità di discernimento, fame di conoscenza, prassi quotidiana e pazienza nell’attesa che il silenzio di Dio si faccia eloquente. Come ho già detto, il cambiamento è offerto a tutti, tocca a ciascuno di noi voler cogliere il momento, basta guardarsi intorno con spirito critico, perché Dio è ovunque.

Progetti futuri?

 Ora sono costantemente all’ascolto della mia coscienza. Questo mi basta. La coscienza è un dono di Dio e noi ne siamo i custodi. L’intelligenza è una prerogativa dell’uomo e questi ha il compito di amministrarla in modo che ogni azione sia diretta al bene comune.

Mi piace “provare” ad agire senza quella presunzione, nella quale spesso finiamo per vivere, ma nei miei stessi limiti, perdonandomi e sentendomi amorevolmente sostenuto dalla guida incondizionata di Gesù Cristo con lo spirito di un discepolo.