Closeup on pile of euro banknotes. Free public domain CC0 image.

Al di là delle promesse elettorali…

Senza iva e accise l’Italia avrebbe prezzi di carburante tra i più bassi d’Europa. Ma cosa sono esattamente le accise che tutti i politici promettono di togliere ma che, in realtà, desiderano che restino per sempre? Proviamo a fare chiarezza.

Per accise si intende, sostanzialmente, quelle imposte sulla fabbricazione e vendita di prodotti di consumo. Se ci riferiamo ai carburanti, per esempio, dobbiamo specificare che le imposte su benzina, gasolio, GPL e metano, sono state, inizialmente, introdotte per esigenze di cassa, ma, successivamente, sono state utilizzate per emergenze come terremoti, guerre, crisi migratorie o per finanziare missioni di pace internazionali.

Il paradigma più eclatante della questione riguarda un’accisa introdotta per far fronte alla guerra d’Etiopia del 1935-1936, imposta tecnicamente ancora attiva.

Perché non vogliono eliminarle? Presto detto!

In teoria, venendo meno i motivi che ne decretavano la necessità, la maggior parte di queste tasse non dovrebbe più esistere, eppure, nel 1995, le nostre accise sono state raggruppate in un’unica imposta indifferenziata, dimenticando le originali motivazioni per cui furono introdotte da un decreto del governo Dini. Come se non bastasse, con la Legge di Stabilità del 2013 (governo Letta) si sono trasformate in tasse strutturali.

Secondo i dati forniti da Assoutenti, oggi Iva e accise incidono per il 61,1% sul prezzo finale della benzina e per il 57,2% su quello del gasolio, trasformando così il prezzo alla pompa di benzina e gasolio in uno dei più alti in Europa: il nostro Paese, infatti, occupa, attualmente, il sesto posto nella classifica dei Paesi Ue con il gasolio più caro, e al settimo posto per il prezzo della benzina. Guardando, invece, i listini al netto delle tasse, l’Italia scende al 17° posto in Europa per il prezzo della benzina e addirittura crolla al 22° posto per il diesel.

Dallo scorso 15 maggio, però, c’è stata una rimodulazione delle accise, non scontate ovviamente, ma ridotte a 1,5 centesimi di euro sulla benzina e aumentate dello stesso importo sul gasolio.

Di sotto l’elenco completo delle imposte che, involontariamente, paghiamo quando facciamo il pieno. Dazi (non ce ne voglia Trump) non più utili a finanziare guerre e ricostruzioni post calamità naturali, ma trasformatisi in vere e proprie tasse strutturali.

In origine erano finalizzate a:

– Il finanziamento della guerra d’Etiopia (1935-1936) con un’accisa di 1,90 lire (0,000981 euro)

– Il finanziamento della crisi di Suez del 1956 con un’accisa di 14 lire (0,000723 euro)

– La ricostruzione dopo il disastro del Vajont del 1963 con un aumento di 10 lire (0,00516 euro)

– La ricostruzione dopo l’alluvione di Firenze del 1966 con 10 lire (0,000516 euro)

– La ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968, sempre con un’accisa di 10 lire (0,000516 euro)

– La ricostruzione in seguito al terremoto del Friuli del 1976 con 99 lire (0,0511 euro)

– La ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980 con un’imposta di 75 lire (0,0387 euro)

– La missione Onu in Libano (Italcon) del 1983 per 205 lire (0,106 euro)

– La missione in Bosnia con l’Onu del 1996 per 22 lire (0,0114 euro)

– Rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004 con un’accisa di 0,02 euro

– L’acquisto di autobus ecologici nel 2005 con 0,005 euro

– La ricostruzione dopo il terremoto dell’Aquila del 2009 per 0,0051 euro

– Il finanziamento alla cultura del 2001 con un’imposta che va da 0,0071 a 0,0055 euro

– Il finanziamento della crisi migratoria libica del 2011 con un aumento di 0,04 euro

– La ricostruzione in seguito all’alluvione che ha colpito la Liguria e la Toscana nel novembre 2011 con 0,0089 euro

– Il finanziamento del decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011 con un’imposta di 0,082 euro (0,113 sul diesel)

– La ricostruzione dopo il terremoto in Emilia del 2012 per 0,02 euro

– Il finanziamento del “Bonus gestori” e la riduzione delle tasse ai terremotati dell’Abruzzo con 0,005 euro

– Il finanziamento di alcune spese del decreto Fare “Nuova Sabatini” (dal 1 marzo al 31 dicembre 2014) con 0,0024 euro.


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