
Ci fu prima la “Dottrina Truman”. Il passo successivo fu compiuto dal neo segretario di stato americano George Marshall che ideò, sulla spinta delle idee di Truman, il piano di aiuti all’Europa occidentale – “L’European Recovery Program”, più noto come Piano Marshall.
“Alcuni piccoli paesi si stanno riprendendo, ma in vaste regioni d’Europa, masse di esseri umani affamati e impauriti si aggirano tra le rovine delle proprie città e delle proprie case esplorando un orizzonte buio nel timore di vedere apparire qualche nuova forma di tirannia e di terrore.”
È il 19 settembre 1946, Winston Churchill dall’Università di Zurigo lancia questo grido di dolore sulla situazione dell’Europa – distrutta da cinque anni di conflitto. Oltre alle rovine c’è il pericolo di una nuova guerra a causa della cortina di ferro calata tra occidente e Unione Sovietica. La preoccupazione di Churchill, e come lui, di altri statisti europei e statunitensi, è che l’intera Germania finisca nella sfera di influenza dell’Urss e di conseguenza l’ideologia comunista si diffonda rapidamente. A pesare, pericolosamente, è l’indigenza delle popolazioni a cui manca il cibo.
Le città, le fabbriche e le infrastrutture in tutto il continente sono distrutte, in Italia ci sono più di un milione di disoccupati e l’inflazione è al 50%. Il trattato di Pace, al vecchio alleato di Hitler colpevole del conflitto, è costato caro. Il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi nel gennaio del 1947 compie uno storico viaggio negli Usa. Il paese umiliato dal Trattato di Pace chiede agli americani un aiuto concreto per ricostruirsi. Si trattò di un viaggio storico da cui, secondo alcuni, gli Usa ottennero rassicurazioni sul peso della sinistra italiana al governo.
La situazione di Italia, Inghilterra, Germania e Francia fu resa ancor più drammatica dall’inverno del 1947, rigidissimo, e dalla poca produzione di carbone, utile a scaldare gli ambienti. A questo si aggiunga la paura che la Francia, attaccata dalla Germania tre volte negli ultimi settant’anni, aveva del del possibile riarmo tedesco.
Gli Stati Uniti, in quei mesi delicati, furono centrali. Già dopo la prima guerra mondiale, l’Europa perse il predominio sul mondo a discapito degli statunitensi che, dopo il secondo conflitto bellico, aumentarono la loro sfera d’influenza. Migliaia di giovani americani persero la vita per combattere in Europa e liberare gli stati dal nazifascismo così gli ex alleati sentirono il peso di questa responsabilità.
Nella primavera del 1947, in Grecia si manifestò palesemente il rischio che l’ideologia comunista si impadronisse del paese.
Il Presidente Americano Truman, capì che era il momento di intercedere per aiutare l’Europa non solo a riprendersi economicamente, ma anche ideologicamente, evitando che fame e povertà aprissero definitamente la strada alla sovietizzazione del continente. Non solo. Bisogna dire che la crisi europea aveva colpito anche l’economia Usa, poiché per gli americani era venuto meno il maggior partner commerciale, così le loro esportazioni erano pressoché ferme.
Dunque dinnanzi al Congresso ad completo, il Presidente annunciò quella che poi fu ricordata come “Dottrina Truman”, ossia il contrasto all’ideologia comunista attraverso l’impegno a “sostenere popoli liberi che si oppongono a tentativi di oppressione da parte di minoranze armate”. Ma non più aiuti elargiti ai paesi europei in difficoltà in maniera arbitraria o solo di natura alimentare come accaduto negli anni successivi, si ricorse a qualcosa di più strutturato e sotto il diretto controllo degli Usa.
Il passo successivo fu compiuto dal neo segretario di stato americano George Marshall che ideò, sulla spinta delle idee di Truman, il piano di aiuti all’Europa occidentale – “L’European Recovery Program”, più noto come Piano Marshall.
“[…]La gente delle città manca di cibo e di combustibile. I governi sono pertanto costretti ad impiegare le loro divise estere ed i crediti per procurarsi questi generi di prima necessità all’estero. Questo processo esaurisce fondi che sarebbero urgentemente richiesti dalla ricostruzione. In tal modo si va rapidamente sviluppando una seria situazione che non fa presagire nulla di buono per il mondo. […]È del tutto logico che gli Stati Uniti debbano fare tutto quanto è possibile per favorire il ritorno di normali condizioni economiche nel mondo, senza di che non possono esservi né stabilità politica né sicurezza di pace. La nostra politica non è contraria ad un paese o ad una dottrina, ma è contro la fame, la povertà, la disperazione e il caos.[…] Questo programma dovrebbe essere un programma comune, sul quale concordino, se non tutte, diverse nazioni europee. Fattore essenziale di qualsiasi azione efficace da parte degli Stati Uniti è che il popolo americano si renda conto della natura del problema e dei rimedi atti a risolverlo. La passione politica e il pregiudizio non debbono avervi alcuna parte. La volontà e la lungimiranza del nostro popolo nell’affrontare le vaste responsabilità che la storia ha chiaramente assegnato al nostro paese, potranno e dovranno far superare le difficoltà che ho delineato.”
Era il 5 giugno 1947 quando dall’Università di Harvard Marshall con queste parole annunciò lo stanziamento di circa 14 miliardi di dollari per risollevare l’economia europea.
Nonostante questo in Europa esplosero le proteste di chi temeva che gli Usa, nascondendosi dietro ragioni umanitarie, volessero occupare l’Europa. A farsi sentire furono anche i Partiti Comunisti occidentali. In Italia, furono Nenni e Togliatti a criticare maggiormente il piano di aiuti, ma le elezioni dell’Aprile 1948 decretarono un successo straordinario della Democrazia Cristiana che pose fine ad ogni contrasto.
Anche negli Usa ci furono scontenti. Se cinque anni prima ai cittadini americani fu chiesto di mandare i propri figli e mariti a morire in Europa, ora si chiese di pagare tasse più alte per sfamare e ricostruire l’economia europea.
Alla Conferenza di Parigi del luglio’47 gli Usa proposero ufficialmente il piano alle nazioni europee, compresa l’Urss che chiaramente non accettò, aprendo, ufficialmente, la frattura con gli States.
Saranno 16 i paesi europei ad accettare gli aiuti statunitensi. Un quarto dei finanziamenti andrà al Regno Unito seguito da Francia, Germania ovest e Italia. Il piano, quadriennale, partì il 2 aprile del 1948 con il via libera del Congresso e si concluse nel 1952. Inizialmente gli aiuti americani servirono a ricostruire le infrastrutture distrutte dalle bombe, quindi ferrovie e ponti. Successivamente si passò alle centrali elettriche e alle campagne. Erano anni difficilissimi ma gli europei superarono il drammatico periodo della ricostruzione e dopo soli due anni i livelli della produzione industriale e agricola tornarono a livelli pre-bellici. In assenza degli aiuti previsti dal piano Marshall, ci sarebbero voluti probabilmente decenni.
In un Italia ormai saldamente guidata dalla Dc, migliaia di cantieri e opere di ricostruzione di scuole, strade, ferrovie e ponti, portavano i famosi cartelli con su scritto E.R.P., le basi per la ripresa e il boom economico erano state poste.
Dopo la rinascita europea, consapevoli degli errori dei loro Padri e spaventati dalla Germania che tornava sulla scena con nuove elezioni democratiche nella parte ovest, gli Stati europei compirono i primi passi verso la cooperazione politica economica che portò alla nascita dell’Unione Europea. Fu la Francia a prendere l’iniziativa proponendo alle varie democrazie europee, ma indirizzandosi primariamente agli eterni nemici tedeschi, di mettere in comune la produzione di carbone e acciaio. La dichiarazione Schuman è datata 9 maggio 1951, i sei membri della Ceca, finirono per rappresentare i fondatori della Ue: Italia, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda e Belgio.