A 100 anni della prima guerra mondiale

Visitando nella mia parrocchia una mostra con circa 1700 fotografie, con documenti di prima mano, ho avuto modo di riflettere ulteriormente sulla “inutile strage”, espressione di Benedetto XV, della prima guerra mondiale.

Ho letto cartoline che sono passate dalla censura, tutte rassicuranti, che non potevano rivelare i luoghi dove si stava lottando. Un documento, definito *Comunicato Storico della Redenzione* del comando supremo parla della *Glorificazione della Vittoria Italiana*.

Ho letto delle preghiere; una era scritta da un soldato per aver trovato un bambino morto, un’altra per prigionieri, un’altra per i lontani. Ciascun testo era carico di speranza, ma anche di straziante di dolore. Si racconta in tanti altri scritti di momenti drammatici e commoventi. Colpisce anche la scoperta di canti che consolavano nei momenti di prova e di nostalgia.

Altro che gloria sapere che il meglio della gioventù ha trovato la morte quasi sempre inutilmente. Per la prima volta non si parla più di migliaia di vittime, ma di milioni di morti. Si resta colpiti a vedere ragazzi, poco più che bambini, carichi di vita ma che a casa non sono mai più tornati.

È questa la vittoria? È questa la gloria? Conta più una medaglia alla memoria di cui gloriarsi o l’amore di una famiglia? Che vita tremenda, quante esistenze rubate per il potere!

A vedere le fucilazioni, anche in immagini datate in bianco e nero, si resta scossi e turbati. I valori patriottici, civili, morali, espressione della vera democrazia, invocano un ricordo commosso e reverente per tutti i Caduti di ogni guerra. Fare memoria di ciò che eravamo, per comprendere ciò che siamo, deve porci con animo di profonda gratitudine verso tutti coloro che hanno versato il loro sangue per donarci questa pace. Possa la pace, il bene supremo essere custodito perché, come ha gridato San Giovanni Paolo II nel giubileo del 2000, ognuno possa dire con la propria vita, cominciando dalla propria famiglia: “Mai più la guerra!”.

Fare memoria non solo significa ricordare, ma svegliare le coscienze ad essere costruttori ed operatrici di pace, di fraternità, rinnovando l’impegno a lasciare il mondo migliore di come ci è stato consegnato.