
“L’ambizione è portare la poesia nei luoghi dove viviamo, nei tinelli, nelle case, nelle associazioni; coniugare svago e cultura, ricerca della parola e convivialità”.
Le parole che Paolo Polvani ha regalato al nostro giornale sono lì a dimostrare quanto elegante possa essere la poesia, eleganza che prescinde dall’ambiente in cui quei versi vengono pronunciati. “La bellezza salverà il Mondo”, soleva ripetere Dostoevskij, e la bellezza la si può trovare ovunque, persino nei “Tinelli Poetici” di qualunque casa, negli anfratti più remoti, negli angoli più bui di coscienze pronte ad illuminarsi di rime e sonetti.
Ciao Paolo. Come nasce il gruppo “Tinelli Poetici” e perché tu e l’altro coordinatore, Francesco Paolo Dellaquila, già ospite di Odysseo, avete scelto questo singolare nome per l’associazione?
Abbiamo scelto questo nome per un motivo semplice: una volta esistevano i salotti letterari, ma come definizione ci sembrava retorica, ampollosa, fuori del tempo e lontana dallo spirito che volevamo dare all’iniziativa; i tinelli costituiscono un passo indietro, si situano in una dimensione più domestica e in certo modo ironica, è come per i francescani che decisero di chiamarsi “minori” in segno di umiltà. L’ambizione è portare la poesia nei luoghi dove viviamo, nei tinelli, nelle case, nelle associazioni; coniugare svago e cultura, ricerca della parola e convivialità; la poesia a volte è circondata da un alone di sacralità, e quindi fa nascere diffidenza, invece la poesia si fa con le forchette e i coltelli, si fa nelle cucine, si fa nei tinelli.
L’obiettivo di “Tinelli Poetici” è, quindi, portare la poesia nelle case della gente. Credi sia più facile, per un neofita, trarre ispirazione da un ambiente più intimo e privato?
Probabilmente sì, anzi in base alla nostra esperienza sicuramente sì. Della poesia la gente ha un’idea ampiamente falsata dai ricordi scolastici, la collega al senso del dovere, all’imposizione, immagina una roba polverosa e stucchevole, e non sa invece quanto a volte possa essere viva e vicina alla realtà, quanto respiro conservi delle cose di tutti i giorni, e sentirla dalla voce dell’autore, constatare che il poeta è persona molto comune, con una vita come quella di tutti, certamente contribuisce a levare alla poesia quell’aura di sacralità e ufficialità che spesso l’accompagna, e a restituirle la sua vera dimensione, anche la poesia può arricchire la nostra vita, come la musica, come il romanzo.
Come si pone l’amministrazione barlettana nella promozione pubblica di questi eventi culturali?
Credo che i nostri amministratori siano terrorizzati dalla parola “cultura”, perché la presenza di politici locali ad eventi culturali non è stata ancora segnalata! E’ solo una battuta, non ho la fortuna di conoscere politici locali. Io credo che le persone comuni, come appunto noi siamo, in possesso di un minimo di passione e di intraprendenza, siano capaci di organizzarsi senza dover chiedere sostegni e sovvenzioni che sono quasi sempre fonte di dinieghi e implicano un atteggiamento subordinato. Non dover chiedere, non dover ringraziare concede un maggior grado di indipendenza e di libertà.
Da qualche giorno è partita l’iniziativa “Censimento dei Poeti pugliesi”, di che si tratta?
Si tratta di una iniziativa molto semplice e insieme complicata. I poeti pugliesi sono tanti, alcuni di ottimo livello e conosciuti, famosi almeno nell’ambiente letterario. Pubblicarli tutti, uno per volta, a cadenza settimanale, sulla pagina Facebook dei tinelli poetici, è quello che stiamo provando a fare; il mio elenco al momento supera le sessanta unità ma è destinato a implementarsi; sono nel campo della poesia da oltre quarant’anni, conosco molti autori, inoltre con l’attività legata alla rivista Versante ripido penso di essere dentro ciò che della poesia si muove, con tanti poeti ci conosciamo da sempre e con alcuni siamo amici. L’obiettivo è proporli, far conoscere le loro poesie. In maniera semplice ma esaustiva: una breve intervista con domande più o meno uguali per tutti, cinque poesie tra le loro più significative, le note bio-bibliografiche e una o più fotografie. Pubblicheremo poeti che vivono in Puglia ma anche tanti che vivono fuori da anni, e anche qualcuno che pur non essendo strettamente pugliese, in quanto nato altrove, ha tuttavia trascorso periodi significativi in Puglia. Ci vorranno circa due anni per pubblicare tutti, ma alla fine sarà un’impresa unica nel suo genere, e ci consentirà di guardare alla situazione poetica pugliese con un buon grado di ottimismo.
A microfoni spenti ci hai parlato dei cosiddetti “Poeti della Domenica”, puoi spiegarci a chi ti riferisci?
Il numero di quelli che scrivono versi è altissimo. Ma non tutti i facitori di versi possono definirsi poeti. Tracciare una linea di demarcazione netta tra i poeti e i facitori di versi non è semplice, tuttavia si possono individuare alcuni criteri utili per distinguere un poeta da un cosiddetto “poeta della domenica”. La poesia è forse la forma artistica più povera e più semplice, a parte un foglio e una penna, e adesso con i computer una tastiera, non necessita di particolari corredi. Servono soltanto le parole. La distinzione è tra chi le parole le subisce e chi le governa. Il poeta usa le parole come una materia da plasmare, da piegare alle sue intenzioni, chi poeta non è se ne lascia guidare, utilizza una lingua gregaria, stereotipata, fatta di luoghi comuni. La poesia è una forma di alto artigianato, e come in tutte le attività artigianali serve applicazione, studio, pratica, occorre sporcarsi le mani di parole, e per farlo è necessario leggere le poesie degli altri autori, sperimentare, non accontentarsi, fare della insoddisfazione un’abitudine, avvertire una tensione continua nei confronti della realtà, una sorta di corrente elettrica che vorrebbe trasformare il mondo in scrittura, tradurre la realtà in forma di parole. Questa è condizione necessaria di base ma non basta ancora, c’è da considerare l’aspetto della resa estetica, ma il discorso diventerebbe complesso, per sintetizzare dirò che se un aspirante falegname costruisce tavoli che traballano e armadi che non si chiudono, resterà per sempre solo un aspirante falegname. Chi utilizza i versi soltanto in funzione di sfogo esistenziale non può dirsi poeta.
Qual è il rapporto dei giovani con la poesia?
Penso sia quello di sempre. Chi è predisposto, chi possiede sensibilità e gusto indispensabili per apprezzare la poesia e esserne attratto, tirerà fuori la curiosità, lo spirito di ricerca per accostarsi ai grandi autori. Nel romanzo Teorema, Pasolini scrive questi versi:
“I primi che si amano
sono i poeti e i pittori della generazione precedente,
o dell’inizio del secolo; prendono
nel nostro animo il posto dei padri, restando,
però, giovani, come nelle loro fotografie ingiallite”.
Credo che sia così, e che sarà sempre così.
Il social network, e più in generale internet, può aiutare l’utente medio ad interessarsi ad argomenti acculturanti?
Internet è una miniera d’oro per chi abbia voglia di cercare. Si trova tutto e di tutto, è uno strumento prezioso.
Che spazio occuperà, secondo te, la poesia nei futuri programmi scolastici?
I programmi scolastici hanno questa caratteristica: fanno passare per sempre la voglia di poesia! La nostra scuola si chiama scuola dell’obbligo, e la parola obbligo suona come una punizione e una condanna. Per far apprezzare l’arte in tutte le sue forme, e la poesia in modo particolare, è indispensabile un cambio di prospettiva. Leggo che la parola scuola in origine significava: libero e piacevole uso delle proprie forze, soprattutto spirituali, e ricordo che la parola liceo viene da alcuni fatta risalire a una radice che indica la luce, e da altri viene ricollegata ai lupi: ora in entrambe le accezioni né la luce né i lupi sopportano obblighi, limitazioni e restrizioni.