Alle spalle di quella che sembra una secolare rivalità fatta di fede e tradizione ci sono gli interessi economici legati al commercio di armi e soprattutto dell’oro nero…
Da un lato c’è l’lran, maggior rappresentante dello sciismo. Dall’altro l’Arabia Saudita, lo stato più “chiuso” del mondo sunnita.
Nella Repubblica Islamica di Iran, l’antica Persia, lo sciismo è religione di stato dal 1501, la più alta carica costituzionale è rappresentata dalla Guida Suprema, attualmente l’Ayattollah Khamenei, succeduto al padre della rivoluzione iraniana Khomeini.
Il custode del Golfo Persico, il Paese in cui è nato l’Islam e il suo Profeta, la potentissima Arabia Saudita, è la patria del sunnismo. Conserva nei suoi confini i due santuari sacri dell’islam, La Mecca e Medina, rispettivamente luoghi di nascita e morte di Maometto. L’attuale dinastia al potere, i sauditi, discendono da Muhammad Ibn Sa’ud che, intorno al 1750, strinse alleanza con Al-Wahhab, un personaggio i cui insegnamenti e le interpretazioni rigidissime del Corano hanno dato vita al wahhabismo, ideologia sfociata nel salafismo, prima, e nel fanatismo dei terroristi dopo e, soprattutto, che considera gli sciiti apostati.
Nel mezzo tra le due superpotenze arabe, lo scacchiere mediorientale, Iraq, Libano, Egitto e Turchia, e una convivenza tra sunniti e sciiti tollerata fino a pochi decenni fa, ovvero fino a quando la differenza tra le due correnti dell’Islam era solo dottrinaria.
Discorso a parte merita la Siria, a maggioranza sunnita ma governata da Bashar Al Assadd, sciita come i più importanti funzionari siriani. Stesso discorso meritava l’Iraq a maggioranza sciita il cui dittatore Saddam Hussein era sunnita. Fu proprio Saddam con l’invasione dell’Iran nel 1980 a fomentare le ostilità e l’odio tra le due branche dell’islam, sunniti contro sciiti.
All’indomani della rivoluzione iraniana del 1979 che aveva portato alla cacciata di Reza Pahlavi, Scià di Persia, il potere in Iran era nelle mani di Khomeini, guida suprema di tutti gli sciiti iraniani. Il Padre della rivoluzione iraniana era visto come difensore di tutte le minoranze sciite oppresse del mondo arabo, Iraq e Arabia Saudita comprese.
Saddam, dittatore sunnita di una popolazione a maggioranza sciita, temeva che gli iracheni sciiti volessero una rivoluzione islamica come in Iran. Più che la religione, però, fu la ricchezza e il petrolio iraniano a scatenare le ostilità tra iracheni e iraniani, creando una serie di alleanze (Arabia Saudita e Usa contro Iran) che durano ancora oggi.
Gruppi terroristici sono nati in entrambe le correnti dell’Islam. Sono sciiti i terroristi libanesi di Hezbollah, sunniti gli adepti di Al Qaeda, Daesh e Boko Haram.
Gli sciiti sono la minoranza, poco più del 15%. I sunniti, l’85%. Per capire e spiegare le due anime dell’Islam, occorre fare un balzo nel tempo di 1400 anni e tornare a Medina, nel 632 d.C.
Il profeta Maometto è morto e bisogna designare il suo successore. Nelle discussioni per sceglierlo si crea la frattura. Alcuni, coloro che sarebbero diventati i sunniti, scelgono come propria guida la “Sunna”, ovvero la tradizione da ricercare nei compagni del profeta, in coloro che hanno condiviso il suo percorso di fede e di vita. Viene designato uno dei primi compagni di Maometto, Abu Bakr.
Gli altri, i futuri sciiti, scelgono il genero di Maometto, Ali. L’eredità del profeta doveva andare ad un suo consanguineo. Abu Bakr è scelto come primo Califfo, gli sciiti dovranno aspettare per vedere il proprio Califfo fino al 656, quando Ali diventa il quarto califfo.
Per circa 50 anni tra sciiti e sunniti la convivenza è pacifica. Ma le ostilità sono pronte ad esplodere. Siamo a Karbala, in Iraq. È il 680 d.C. Il figlio di Ali, Hussain, è ucciso dai sunniti. La frattura è insanabile. I sunniti da allora diventano la maggioranza degli islamici e accentrano nelle loro mani il potere politico. Gli sciiti si affidano a guide spirituali, gli Imam, i primi 12 diretti discendenti di Ali, l’ultimo dei quali, secondo la tradizione, ancora nascosto e pronto a tornare.
Gli sciiti, in attesa del ritorno del 12esimo Imam, si fanno guidare dagli Ayatollah, guide spirituali che costituiscono una sorta di clero sciita. Per diventare Ayatollah occorre essere esperti in scienze religiose e aver studiato nelle più importanti università islamiche e scuole coraniche. I sunniti invece non si affidano a guide e maestri, solo i compagni del profeta possono tramandare il sapere e l’autorità.
Dopo le differenze, le cose in comune.
Entrambi credono nel Corano e nel profeta Maometto, pregano 5 volte al giorno, non mangiano carne di maiale, digiunano nel mese di Ramadan e devono recarsi in pellegrinaggio nei luoghi sacri almeno una volta nella vita. Fondamentale per un buon mussulmano, è la visita a La Mecca, l’Hajj.
Come già detto, il luogo più sacro dell’Islam, dove è nato il profeta, si trova in Arabia Saudita, insieme a Medina, luogo di morte e di sepoltura di Maometto.
Questo ha da sempre creato problemi agli sciiti, timorosi di recarsi in Arabia Saudita per paura di rappresaglie. Lo scorso anno i sauditi hanno addirittura vietato agli iraniani di recarsi in pellegrinaggio.
Nelle ultime settimane, l’attacco dell’Isis in Iran, al Parlamento e soprattutto al mausoleo di Khomeini, ha riacceso lo scontro tra le due anime dell’islam. I terroristi, sunniti, hanno attaccato la patria degli sciiti, riaccendendo lo scontro e l’odio che alimenta il mondo arabo da 1400 anni.
Postilla.
Alle spalle di quella che sembra una secolare rivalità fatta di fede e tradizione ci sono gli Stati Uniti di Donald Trump, alleato dell’Arabia Saudita e nemico giurato dell’Iran. Nel mezzo, gli interessi economici legati al commercio di armi e soprattutto dell’oro nero…