
“È necessario che noi pediatri cominciamo a pensare al bambino con una visione olistica che guarda alla vita nella sua globalità, più che ai suoi malanni stagionali”.
Lei, la dottoressa, si esprime con pienezza di sentimenti con tutti. Crea, da subito, un’atmosfera di feeling. Ricorre, per questo, all’empatia, la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva ed ascolta attivamente, uscendo persino da propri convincimenti, obsoleti. Quando, poi, le succede di relazionarsi umanamente, prima che professionalmente, con un bambino o una bambina, le brillano gli occhi e, guardandola, avverti l’impressione che voglia donare la sua anima. Se, poi, le appare un neonato, rimane incantata dal miracolo della natura per il quale lei si è donata per proseguirne l’incantesimo, preservandolo, tutelandolo e potenziandolo in tutta la sua vitale pienezza.
È in giro per visite, questa mattina, in Bisceglie, con la sua vettura, elettrica. Certo, se andasse a piedi, come un tempo faceva il dott. Sacino a Barletta ed oggi il chirurgo La Sala Vincenzo, sarebbe meglio. Per lei, gli altri e l’ambiente.
Squilla il telefono. Parte la conversazione in modalità viva voce: “Dottoressa, Roberta è influenzata, tossicchia, e la febbre sfiora i 38°. Sono preoccupata. Le posso dare una compressa di antibiotico ed una tachipirina”. “Signora, stia tranquilla,” è la risposta, “non trasmetta la sua ansia sulla piccola. La patologia è di natura virale, non dipende da batteri. Quindi, gli antibiotici non servono a nulla e… agiscono negativamente sul sistema immunitario. Mi richiami domani ed anche dopodomani. Vedrà che ci saranno miglioramenti. Se l’influenza persistesse ancora, mi precipito a casa sua. Stia però tranquilla, vedrà che tutto si risolverà in una bolla di sapone.”
Poi, rivolgendosi a te, che rimani incantato dall’accattivante conversazione, una cifra costante, in ogni ora della giornata, precisa più forbitamente: “È necessario che noi pediatri cominciamo a pensare al bambino con una visione olistica che guarda alla vita nella sua globalità, più che ai suoi malanni stagionali. Cerco di far intendere, caro Mimmo, che esiste un nesso imprescindibile tra corpo e psiche, tra emozioni e competenze del sistema immunitario.”
Poi, dopo aver parcheggiato, davanti all’abitazione di un piccolo paziente: “Nei primi tempi le modalità di approccio erano identiche a quelle di tutti gli altri pediatri. Curavo i sintomi delle malattie. Non mi chiedevo se il bambino fosse felice. Né in che rapporto fosse con la madre, e tantomeno se si fosse instaurato un rapporto di fiducia tra me e la famiglia.”
All’ambulatorio Pierangela, una “Rana” che non gracchia, esibisce con orgoglio le due pareti interamente tappezzate di fotografie, quelle dei suoi piccoli assistiti. “Solitamente”, riferisce, “non si crea calca nel mio studio. Vi sono tante piccole patologie, che possono essere gestite direttamente dai genitori, sotto la mia guida. Non appena il livello di guardia si innalza, prendo tempestivamente in mano direzione della situazione sanitaria.”
“Frequentemente”, continua, “organizzo incontri informativi e formativi, in totale gratuità, con l’intento di tutelare la salute dei bambini e di migliorare il senso della genitorialità. Insomma socializzo ai genitori le competenze basilari che azzerano il rischio di commettere grossolani errori e consentono di intervenire con immediatezza.”
Ancora: “Quando c’è disponibilità, creo delle piccole reti temporanee di latte di donna. Miracolo: chi dona attacca il bambino direttamente al seno, e si sprigiona una relazione intima e duratura fondata sull’amore e la solidarietà. Da tempo, mi sto impegnando per realizzare una banca del latte materno, donato. Naturalmente incontro l’ostilità della cultura dominante, la cui direzione di marcia viene dettata dalla potenti multinazionali del latte”.
Una leggera pausa, per visionare alcune foto e filmini arrivate via whatsapp. “La moderna tecnologia, sempre subordinata al rapporto diretto e personale, mi viene in aiuto. Ecco delle macchie rosse. Fauci spalancate con placche sulle tonsille. Culetto arrossato. Indicazioni di massima che ti informano sul tipo di patologia.”
Un fiume in piena: “Quando arriva un bambino con la tosse, lo visito e, se si tratta, come quasi sempre accade di una banale tosse, racconto la storia dello spazzino delle vie respiratorie, che se ne va quando ha finito il lavoro di pulizia dal catarro, prodotto dai bronchi in risposta all’insulto, in genere virale. Mai gli prescrivo lo sciroppo, ed i genitori, quelli che hanno compreso il senso dell’azione, vanno via contenti di non dover somministrare farmaci al bambino. Spiego che la febbre è un alleato della salute che serve ad uccidere i microrganismi termolabili.”
Ancora: “Un essere umano vive per nove mesi nell’ovattato grembo materno. All’improvviso viene catapultato fuori, dove lo aspetta la luce accecante della scialitica, mani inguantate di gente mascherata, cordone ombelicale, pulsante, tranciato, sondino che gli arriva fino in gola, bagno che lo spoglia di quella meravigliosa patina, la vernice caseosa che lo protegge, lo idrata e lo aiuta a mantenere la temperatura corporea. Ebbene, il bambino ha bisogno di essere accolto nel mondo con dolcezza, di godersi il ventre materno, prima di attaccarsi al seno. È importante il contatto intimo. Va recuperata la cultura del passato, che ancora vive nell’estrema India ed in Etiopia, dove mi reco annualmente come volontaria.”
Poi aggiunge: “Vi sono alcune pratiche cattive che sono dannosissime per il bambino. Mi riferisco, per esempio ad alcune manovre che ancor oggi vengono praticate. Lo sfoderamento del pisellino e lo scollamento delle piccole labbra. Non bisogna fare proprio niente. Occorre, invece, lasciar fare alla natura.”
La conversazione continua. La collaboratrice della dottoressa si avvia per le scale, e Pierangela ti regala l’opuscolo “Come fare il pediatra di famiglia ed essere felice.” Una delizia leggerlo.