Una buona notizia. A Napoli, due giorni fa, i Cababinieri hanno recuperato 2000 reperti archeologici, a seguito di una maxioperazione che ha riguardato 22 province italiane e 142 indagati. Il Comando tutela patrimonio artistico dei carabinieri che ha messo in atto l’operazione “Artemide”per stroncare un traffico di reperti archeologici di cui erano stati contro un traffico illecito di reperti di cui erano stati depredati numerosi siti archeoligici, specie in Campania, Puglia e Sicilia, ma anche in altre Regioni.

Tombaroli e collezionisti senza scrupoli sono finiti nelle maglie dell’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, seguita dal pm Maria Di Mauro. Solo per indicare alcune delle aree di origine dei reperti recuperati, eccovi alcuni nomi: Diverse le aree di provenienza: Pompei, Paestum, la provincia di Foggia, la Sicilia orientale. Si tratta di monete antiche, di utensili metallici, di ceramiche di diversa forgia, ma anche di frammenti architettonici.

I tombaroli erano in contatto con il clan camorristico dei Cesarano, che opera nella zona di Pompei, ma le cosche mafiose coinvolte sono più di una. L’operazione Artemide ha avuto origine a seguito dell’asportazione di un frammento di affresco nella Casa di Nettuno, a Pompei e si prefiggeva di destrutturare “un gruppo strutturato, operante nell’intera Italia meridionale (particolarmente Campania e Puglia), dedito agli scavi clandestini, alla ricettazione e all’illecita commercializzazione di beni culturali”, come hanno spiegato gli inquirenti.

Gli stessi, con giusto merito, sottolineano che Artemide è stata “un’operazione senza precedenti per numero di obiettivi e forze impiegate”.