
Angela Aniello, 2022 Noiqui Editore
Il mondo che ci occorre non deve essere più grande di uno schermo e non ci serve di più, in fondo, e tristemente. È perdipiù è pieno di polvere, non la togliamo perché utile a mantenere l’anonimato di una vita interiore “anonima”. A parlare, tristemente, deve essere solo il corpo per i tanti, purchè ben agghindato vada avanti per primo rendendo bene l’apparenza nell’apparenza. Avere cura di sé significa solo essere il più presentabile possibile per ogni evenienza, agire nella compulsività dei soliti mezzucci informatici per costruire rapporti in quantità senza fondamenta. La vittima, la prima, sono i sentimenti e si può possedere sì tutto ma a discapito dell’uno, dell’essere umano che dovremmo essere.
A cosa ci occorrono la poesia, la letteratura, il teatro, la musica? Se ne produce tanta di arte e spesso di indubbio valore: occorrerebbe un metaforico secondo incendio della Biblioteca di Alessandria per liberarci del superfluo. Eugenio Montale nel suo discorso per l’assegnazione del Nobel nel 1975 ha ribadito che Nel mondo c’è un largo spazio per l’inutile, e anzi uno dei pericoli del nostro tempo è quella mercificazione dell’inutile alla quale sono sensibili soprattutto i giovani. Sembra ancora attuale. E ancora […] La poesia è una produzione o una malattia endemica e incurabile […].
Quindi qual è il compito della poesia? Ricordarci che esiste qualcos’altro? Che abbiamo un’anima? So soltanto che la poesia esige emozione, che le parole usate superficialmente fanno superficiale la vita. Ogni parola va scritta e pronunciata come se ci dovessimo costruire una casa, con cura, con parsimonia. Angela Aniello lo fa, parola dopo parola, traduce la lingua del suo essere un “essere umano”, che diventa nostra: la rende accesibile perché la si usi per riparare le parti rotte dei contenitori che siamo. Scrive Senza poesia è buio pesto. Come darle torto.
Angela è forte, spiega a se stessa ogni giorno che la paura è solo la luce che non si accende per timore di vedersi per quel che si è veramente. Preferisce edificare le sue poesie come se stesse suonando un pianoforte, mostra una tastiera ma ne decide il suono e ne fa carezze e a volte pugni. Deve essere così, è il prezzo che ogni essere umano paga per la sua umanità: rendersi schiavo di emozioni per poi liberarsi e liberare.
Nella poesia “Oggi e sempre”: Dacci oggi e sempre un’alba di legalità, Padre, […] delle bende staccate dalle cicatrici. Sussurra la propria fede incrollabile, con delicatezza. Ci confida che ha delle ferite da curare […] delle bende staccate dalle cicatrici […] che non può lasciare incustodite le sue parole nel silenzio […] solleveranno dolcezza le parole sedute ad aspettare […], che ci prova a […] radere la vita, sbarbarla dei pugni […], che la vita va dedicata perché diventi preziosa […] sei tutto sei niente sei poco sei tanto sei luce tra rami di nuvole […] che occorrono dei verbi e non solo aggettivi […] coniuga al presente il verbo del mondo […].
Ne dedica una alla magnifica Alda Merini: […] L’amore non basta ai cosiddetti normali […].
In Padre Nostro, la preghiera dei figli che non possono fare a meno di un Padre in ogni direzione pur avendo un padre, scrive […] Abbiamo perso il coraggio di riprendere il viaggio […], […] Liberaci dalle macerie e facci svegliare insieme[…], […] Gli abbracci di cui siamo quasi analfabeti […].
Che il Dio del buono e del giusto protegga sempre il tuo cuore, Angela.