
Il binomio degli occidentalismi
Il settembre 2001 con il suo indelebile giorno 11 ha segnato una civiltà, rigando la fronte di tante ingenue sibille, stropicciando tanti colletti buonisti. Questi ultimi operavano con i prosciutti sugli occhi, incuranti di quell’anti-occidentalismo che si organizzava per colpire il liberalismo della nostra post-contemporaneità. Sulle vite di milioni di occidentali, da allora, è stata iscritta un’ipoteca d’insicurezza, i cui processi costitutivi avrebbero potuto essere in parte preveduti: osservando, con un po’ di cultura sulla prevenzione del rischio, determinate polveriere fanatiche del nazislamismo.
Il versante transatlantico non poteva rimanere inerte, anzitutto nell’edificare un’idea di pace che non deve mai essere confusa con una buonista resa alle ingiustizie, o alle violenze, ordite da un nazismo islamista non islamico. Questo si faceva manipolatore cattivo dei testi maomettiani per una causa politico-economica antitetica alle civili libertà degli occidentali. Il primo dogma del nazislamismo è infatti la sconfitta globale del modello occidentale di giuridicità liberale.
La data indelebile dell’11 settembre 2001 ci richiama oggi, dopo vent’anni, all’ordine, anzitutto nelle idee. Un metodo schizofrenico di gestione delle crisi mediorientali, come quelle aperte dalle insidie talebanocratiche in Afghanistan, non può che condurci a dismissivi lassismi senza una visione d’insieme, facendo vacillare la speranza in un domani europeo sicuro e libero. Traballano le sicurezze di pace quotidiana, di fronte e dentro ad un panorama internazionale in cui l’oscurantismo arrivista della Shari′ah guadagna terreno, istituzioni, potere. Nel rispetto delle non disumane tradizioni altrui, gli Stati d’Europa uniti devono promuovere istituzionalmente in ogni parte del mondo, dove si può giungere, i diritti umani delle donne, i modelli sociali fondati sulle libertà economiche, i garantismi giudiziari, gli ascensori sociali fondati sul merito: ricordando di farlo sempre prima in casa propria.
La schizofrenia degli autogol di politica internazionale, tracciando le Caporetto del nuovo millennio, lasciano fiato e risorse alle talebanocrazie, a loro volta non strette amiche ma nemmeno nemiche di quell’emerso terrorismo islamico, oggi targato Isis, Al Qaeda vent’anni fa.
L’indecisione uccide: ciò risulta vero, razionalmente nonché empiricamente. La paura di strutturare istituzionalmente una militanza euro-liberale, a livello globale, potrebbe condurre le potenze democratiche occidentali a fronteggiare emergenze ancor più grosse, ancor più gravi, in futuro. L’Occidente non può permettersi di affogare occultamente all’interno d’insicurezze esistenziali da far gravare sulla testa dei malcapitati, gente comune vittima di attentati terroristici e di disordini. Libertà e sicurezza rappresentano il binomio che gli occidentalismi, plurimi e pluralisti, hanno l’arduo compito di sviluppare attraverso coerenti metodi di politica interna ed estera.
Quale disegno strategico stanno programmando le potenze euro-transatlantiche per le crisi aperte nell’Afghanistan odierno, e per quelle altre che potrebbero aprirsi nelle altre polveriere sharianocratiche?
È giunto il tempo di meditare fattivamente sull’istituzione di un esercito eurounionale, specializzato in antiterrorismo e sicurezza sovranazionali. Come disse Indro Montanelli, la cui morte avvenne il 22 luglio 2001 poco prima di quell’11 settembre micidiale, “Sparta non aveva un esercito: lo era”. Gli Stati d’Europa uniti, all’odierno stadio nell’istituzione UE, potranno essere un esercito professionale per un liberalismo condiviso che preservi pace, giustizia e parità civili. Il modello liberale di esistenza in società, d’altronde, pare essere come la poesia per Federico García Lorca: alla ricerca non di meri seguaci che restano sui libretti eterei del nichilismo, bensì d’amanti, pronti a scrivere gli annali della nostra sicurezza italeuropea.