
L’ESTRANEITA’
Leggendo su un quotidiano nazionale la recensione di alcuni brevi racconti di Rigoni Mario Andrea (“Estraneità”, edizione La Scuola di Pitagora), mi è capitato di fare alcune riflessioni sul sentimento della estraneità e le propongo a tutti quelli che seguono Odysseo.
Il sentimento dell’estraneità è un tarlo che abbiamo dentro noi, una minaccia quotidiana tanto più pericolosa in quanto spesso non ne siamo consapevoli.
A volte proviamo un sentimento sfuggente e spesso raggelante, capita – all’improvviso – che qualcosa di noto o di intimo (o che tale si riteneva) si riveli distante, incomprensibile, o addirittura ostile.
Le relazioni che popolano la nostra vita giungono a un “punto” in cui cogliamo la loro irrimediabile precarietà . In quel “punto” l’estraneità si percepisce come una condizione istantanea e assoluta, un bagliore di consapevolezza che ci investe di stupore e delusione, giacché si “cade” da un’illusione o da un equivoco.
La nostra intelligenza si imbatte in un limite e lo trapassa alla luce di una razionalità disincantata. In quel “punto” sentiamo risuonare uno stridio sottile ma inequivocabile che annuncia il disvelamento, la fine del tempo ordinario e l’alba lucida della consapevolezza del “mai più”.
L’estraneità si affaccia per un attimo, lacera la quotidianità e ne svela la natura di finzione. Si può dire che –paradossalmente- il sentimento della estraneità non ci sia affatto “estraneo”, ma viceversa sia in agguato dietro molte scelte e molti aspetti del quotidiano: la rispettabilità, la lussuria, la reminiscenza infantile, l’indifferenza.
Difficile sostenere il peso di questo sentimento, difficilissima da riconoscere e assolutamente incancellabile: il marito e la moglie ne percepiscono la palpabilità nei loro rapporti, i due ex amici la vivono nella avversione reciproca, l’antica amante la infligge all’uomo una volta amato e ritrovato per caso.
Incontri rivelatori, a seguito dei quali il passato assume in un momento i tratti di un ignoto minaccioso perché scopriamo la presenza dell’estraneità “dentro” la nostra esistenza e ci si rivela la realtà di lacerazioni irreversibili.
Percepiamo allora qualcosa che ci rende difficile ignorare o dimenticare il NULLA che se ne sta quieto dietro la lucida superficie del mondo: ne possiamo misurare l’infinita potenzialità.
Sono i momenti in cui l’instabile equilibrio del quotidiano all’improvviso e per pura beffa del destino viene di colpo a mancare.
Giuseppe Del Mastro
Bello!!!!!!