Mariateresa Pastore, nata ad Andria, da anni residente a Roma, a un certo punto della sua vita si è trovata in una situazione comune a molti: dover scegliere se relegare la propria passione al rango di hobby, o provare a trasformarlo nel suo lavoro. La decisione finale è stata tutt’altro che comune a molti.
“Dopo essermi laureata in psicologia ho insegnato per 5 anni nella scuola dell’infanzia e le cose andavano bene. Il sesto e ultimo anno sono diventata anche assistente della preside nella scuola primaria. Lavoravo a tempo pieno e per arrotondare impegnavo i pomeriggi con ripetizioni e babysitting. Nel frattempo mi allenavo. Ho sempre ballato nella mia vita. Per 9 anni ho studiato danza classica, poi per 13 anni danze orientali, negli ultimi 5 anni ho preso a praticare acrobatica aerea. Mi allenavo dalle 19:00 alle 23:00, a volte anche fino a mezzanotte. Poi la mattina la sveglia suonava alle 06:00, dovevo attraversare la città per essere in classe alle 08:00. Dedicavo all’allenamento anche i fine settimana, continuavo con gli esercizi o partecipavo a stage di formazione con i grandi maestri”.
Come è maturata l’idea di mollare l’insegnamento?
Quando mi hanno proposto il tanto atteso contratto a tempo indeterminato da una parte ero felice per la “sicurezza” che mi avrebbe dato, dall’altra avevo una gran paura che fosse una sicurezza fittizia che lentamente avrebbe finito per demotivarmi. Di fronte a me c’era il mio capo sorridente per la promozione ed io tremavo dentro. Gli dissi “ora firmo ma andrò via!” Infatti poi così è successo. Scappare dalla certezza mi ha spalancato gli occhi e il cuore. L’ idea è maturata osservando i miei alunni e i loro occhi pieni di meraviglia: loro ogni giorno vivevano una scoperta e anch’io volevo ritornare a stupirmi.
Cosa hai provato il giorno che hai consegnato la lettera di dimissioni?
Era il 21 luglio e mi trovavo fra le campagne toscane quando chiamai la mia preside per avvisarla della mia decisione. Fu una bella conversazione, se pur dispiaciuta mi augurava il meglio. Prima di quella chiamata non ho dormito per una settimana, non avevo sonno, pensavo ai miei alunni, alle conseguenze di questo cambiamento nel loro percorso. Quando mi capitava di dormire due ore sognavo solo loro, così è stato per un bel po’ di mesi. Dalla mia ho avuto il fatto che la mia famiglia mi ha sempre sostenuta. Mia madre ha sempre insistito sul “fate quello che vi piace fare”. Invece a mio padre devo il mio amore per il circo. Mi ci portava ogni volta che arrivava in città, a parte questo io lo seguivo in tutte le sue finte performance da “mago” o da “clown”, per un pubblico fatto dai suoi 4 figli e dai suoi nipoti.
In cosa consiste il lavoro di un acrobata aereo nel 2017?
Le possibilità lavorative sono diverse. C’è chi lavora esibendosi, quindi facendo spettacoli, chi insegna, chi tiene laboratori intensivi. Io nello specifico lavoro come insegnante per la “Scuola di Circo Big Up” e la “Scuola Nazionale di Circo” di Liana Orfei, entrambe a Roma. Poi per la “Scuola nel Bosco la PICCOLA POLIS” a Ostia Antica dove il circo è nel piano didattico. Questa estate ho portato in giro lo spettacolo “Fritz&Charlotte”, un duo di corda aerea che vede impegnati sia me come agile (Charlotte) che Mattia Stangoni come porter (Fritz); Mattia è anche il mio attuale compagno di vita. È un lavoro a tutti gli effetti fare l’acrobata, non credere. La mattina mi sveglio alle 8:30 e mi alleno dalle 10:30 alle 14:00. Poi insegno dalle 17:00 alle 22:00, che significa comunque allenarsi. Nella pausa pranzo progetto gli esercizi per i miei allievi: riscaldamento, potenziamento, trick , passaggi, direzioni, paure da risolvere, stretching.
A cosa pensi quando sei in alto? Ad esempio Philippe Petite [ il funambolo che nel 1974 attraversò le Twin Towers senza alcun dispositivo di sicurezza, ndr] dice che “ogni pensiero sul filo è una caduta in agguato”, sei d’accordo?
Beh, come non esserlo. È un lavoro di concentrazione e memoria. Non puoi permetterti pensieri “fuori tema”. Nel mio attrezzo in particolare di memoria ne devi avere tanta, basti pensare alle infinite possibilità di nodi, cadute, passaggi, e posizioni possibili. Durante gli allenamenti penso in continuazione al controllo del mio corpo e alla tonicità di ogni singolo muscolo coinvolto nell’esercizio. Durante gli spettacoli è più problematico, devo tenere a bada l’ansia che invade la mia testa se penso di non riuscire ad avere la presa giusta, e poi una domanda che torna ossessivamente: e se cado?
Ti è mai successo di cadere?
Sì, ovviamente. Cadi e cadi, poi capisci e studi come cadere per non farti male. Non sempre riesce però. Una volta sono caduta male colpendo il collo: ho riportato un bel danno muscolare permanente. La sensazione è di sentire perennemente la testa pesante sulle spalle. Questo infortunio mi ha costretta a stare ferma per 20 giorni. Giorni lunghi: ero impaziente per questo riposo forzato e rabbiosa per il danno causato dalla paura. Perché se c’è una verità è che ci facciamo male quando abbiamo paura: il corpo tende a chiudersi, ma anche ad “ammollarsi”, perdendo la prontezza di salvarsi. Infatti quando ho ripreso ad allenarmi ho ripreso a lavorare di più anche sul mio rapporto con la paura. A parte cadute plateali comunque, gli attrezzi con cui mi alleno mi fanno continuamente male: la corda e i tessuti possono bruciare e spesso strizzano la pelle. Il mio corpo è continuamente pieno di lividi.
Tu facevi un bel lavoro anche prima, lavoravi coi bambini, non proprio dietro una scrivania. Cosa ti dà in più il lavoro che fai adesso?
Sì, facevo un bel lavoro prima, ma ora ho il tempo per allenarmi e studiare quel che mi piace, e al contempo insegnare mi permette di ricercare stimoli nuovi per me e i miei allievi. Questo per me vuol dire tanto. Sono cambiati anche i colleghi, le riunioni, i lavori fuori porta, i corsi di formazione, tutto ora ha una parola magica: circo!
È una scelta che rifaresti?
È sicuramente una scelta che rifarei, non ho mai avuto momenti di pentimento. Ho scoperto in questi anni come alcune mete fissate nel passato stessero limitando il mio presente e distorcendo il mio futuro, quindi la cosa migliore è rimanere sempre aperti ai cambiamenti. Accettare, ma soprattutto osare. Certo poi ci vuole anche un po’ di fortuna ad incontrare le persone giuste. Io devo tanto a Mattia Stangoni, detto “il Mago”, e a tutti i maestri e agli amici che ho conosciuto in questo mio nuovo percorso di vita. A loro va il mio più sentito grazie.