Foolish insane scientist with wacky look and dirty face after laboratory explosion acting crazy on blue background. Lunatic silly chemist with messy hairstyle, looking funny while screaming at camera.

Genere e salute mentale

La violenza di genere colpisce in modo sproporzionato le persone con disabilità, in particolare le donne con disturbi psichiatrici. Attraverso una lente sociologica si può esplorare la condizione di doppia discriminazione subita da queste donne, le barriere strutturali all’accesso alla giustizia e ai servizi di supporto, e le risposte istituzionali, anche alla luce di progetti europei come Mind the Gap, la collaborazione con associazioni che lavorano sul campo (es. D.i.Re, FISH, EDF) e programmi come Gender Equality Strategy 2020-2025 dell’UE, integrano l’intersezionalità nelle politiche contro la violenza.

Secondo l’OMS e i dati dell’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA), le donne con disabilità – comprese quelle con disabilità psichica – hanno un rischio fino a tre volte superiore di subire violenza rispetto alla popolazione femminile generale. In Italia, le rilevazioni di ISTAT, Telefono Rosa e Differenza Donna evidenziano come la violenza nei confronti di donne con disturbi mentali sia frequente, ma sottostimata e raramente denunciata, anche a causa della dipendenza dai caregiver, spesso implicati nelle dinamiche abusive.

Nel quadro della sociologia della salute e del genere, si definisce “doppia discriminazione” la condizione di svantaggio dovuta all’intersezione tra genere femminile e malattia mentale. Questa condizione produce un effetto moltiplicatore di vulnerabilità: le donne con disturbi psichici sono, spesso, considerate non attendibili, instabili o incapaci di interpretare correttamente la realtà, specialmente quando denunciano abusi. Le donne con disabilità psichiatriche vivono una doppia (o multipla) marginalizzazione: come donne, come persone con disabilità e, nel caso di disturbi psichiatrici, come soggetti stigmatizzati dalla malattia mentale. La teoria intersezionale (Crenshaw) aiuta a comprendere come queste identità interagiscano per produrre vulnerabilità specifiche alla violenza (fisica, psicologica, sessuale, istituzionale). La cultura dominante spesso dipinge le persone con disturbi psichici come inattendibili, infantili o persino pericolose, rafforzando la loro esclusione sociale. Le donne con disabilità vengono raramente considerate come soggetti sessuali o come portatrici di desideri propri, ma sono spesso oggettivate o trascurate nei discorsi pubblici.

Questa dinamica si traduce in screditamento del racconto della vittima, considerato frutto della patologia; mancata presa in carico istituzionale delle segnalazioni; impunibilità degli aggressori, spesso interni alla rete familiare o sanitaria; esclusione dal processo giudiziario, dove la testimonianza della vittima può essere ritenuta inammissibile. Inchieste condotte da associazioni italiane documentano numerosi casi in cui donne con diagnosi psichiatriche, pur avendo denunciato violenze gravi e reiterate, sono state ignorate o ritenute “confuse”. In un caso emblematico, una donna con disturbo borderline ha visto la propria denuncia archiviata con la motivazione che le sue condizioni “non consentivano una valutazione oggettiva della situazione”. Tali episodi testimoniano un fallimento strutturale nel riconoscere e tutelare i diritti fondamentali.

Ricerche europee confermano l’alto tasso di violenza domestica tra donne con disturbi psichici contro una media generale(In quest’articolo, volutamente non si riportano dati statistici numerici perché i dati sono una sottostima della situazione reale, dato che le vittime accedono con più difficoltà al supporto psicologico post-violenza). Inoltre, le vittime vengono frequentemente istituzionalizzate come unica forma di “protezione”. In questo modo oltre alla violenza subita, subiscono un processo di colpevolizzazione implicita, che scoraggia la denuncia.

Il progetto europeo Mind the Gap, finanziato dalla Commissione Europea, ha affrontato queste criticità proponendo modelli integrati di intervento tra servizi sanitari, sociali e legali; una formazione specifica sui temi della violenza intersezionale. Oltre a consigliare ambienti protetti e strumenti facilitatori della comunicazione per le vittime vulnerabili, credo sia necessario affrontare il fenomeno. Nella sua complessità, con la teoria ecologica dei sistemi. Davanti, poi, al fatto che la violenza nei confronti di donne con disabilità psichica non è episodica, ma sistemica, è urgente la messa in campo di azioni operative per contrastarla. Infatti, per contrastare il fenomeno è fondamentale conoscere come si perpetua attraverso la mancanza di tutela familiare in situazioni di dipendenza affettiva o economica; la negligenza istituzionale in contesti psichiatrici o sanitari e la stigmatizzazione culturale della malattia mentale. L’assenza di un sistema di protezione capace di ascoltare, accogliere e credere alle vittime produce una forma di violenza strutturale che legittima l’aggressore e silenzia la vittima.

La risposta a questa forma di violenza richiede un cambio di paradigma: dal controllo all’ascolto, dalla delegittimazione all’empowerment. È essenziale costruire un sistema integrato che riconosca l’autodeterminazione delle donne con disturbi mentali; fornisca strumenti e competenze agli operatori sociosanitari e renda visibili le voci di chi, finora, è stato sistematicamente escluso dalla narrazione pubblica sulla violenza di genere. Finché il racconto di queste donne continuerà ad essere invalidato, la violenza troverà sempre uno spazio dove annidarsi. La sfida delle istituzioni è quella di credere, proteggere, e agire. Sarebbe auspicabile una prevenzione che si focalizzi sull’educare alla diversità e alla salute mentale fin dall’infanzia, sulla promozione di modelli culturali alternativi che valorizzino le soggettività non conformi. Anche le scritture femministe e i disability studies possono essere strumenti utili per denunciare e comprendere il vissuto di oppressione. Purtroppo ancora oggi manca la presenza di un osservatorio dedicato per la raccolta dei dati disaggregati, in grado di integrare gli studi per genere, tipo di disabilità, etnia e orientamento sessuale. Purtroppo ancora oggi sono insufficienti le azioni per promuovere un empowerment delle donne disabili attraverso percorsi di autonomia.

Fonti

FRA (2014). Violence against women: an EU-wide survey.

OMS (2013). World report on disability.

ISTAT (2022). La violenza contro le donne con disabilità.

Progetto europeo Mind the Gap (2021-2024). Disponibile su: https://www.mindthegap-eu.org


FontePhotocredits: https://elements.envato.com/foolish-insane-scientist-with-wacky-look-and-dirty-VLBALSG
Articolo precedenteBuona festa della Liberazione
Articolo successivoTra edera e viole
Yuleisy Cruz Lezcano nata a Cuba, vive a Marzabotto, Bologna. Lavora nella sanità pubblica, laureata in scienze biologiche e con una seconda laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetricia, presso l’Università di Bologna. Ha pubblicato diciotto libri a seguito di riconoscimenti e premi in concorsi. Due dei libri pubblicati sono in spagnolo/italiano e il penultimo in spagnolo/ portoghese è stato pubblicato in Portogallo. Si occupa di traduzioni in spagnolo, facendo conoscere poeti italiani in diverse riviste della Spagna e del Sudamerica e, in modo reciproco, facendo conoscere poeti sudamericani e spagnoli in Italia. Collabora con blogs letterari italiani, di America Latina e di Spagna. La sua poesia italiana è stata tradotta in francese, spagnolo, portoghese, inglese, albanese.

LASCIA UNA RISPOSTA

Please enter your comment!
Please enter your name here