Alice Pignagnoli è stata una giocatrice di Serie A, un portiere che ha girato l’Italia, una fuoriclasse salita alle cronache per aver deciso di intraprendere una gravidanza nel pieno della carriera agonistica, decisione prima sostenuta e poi osteggiata. Ma la volontà di tornare in campo dopo cento giorni dal parto, ha spinto Alice a perdere diciassette chili in un mese, e a scrivere un libro autobiografico, “Volevo solo fare la calciatrice”(Minerva), un best seller di vita e sport che presenta ai lettori di Odysseo:

Ciao, Alice. Cosa significava “nei tuoi anni” e cosa significa adesso essere una calciatrice?

Certamente nei miei anni era molto più complicato, non vi erano strutture adeguate a disposizione, né tecnici, ma soprattutto era un ruolo socialmente non accettato, di solito sottovalutato, a tratti osteggiato. Oggi le bambine finalmente possono sognare di fare le calciatrici, identificarsi con i loro idoli, e immaginare un futuro dove il calcio possa essere il loro impiego, con stipendi e contributi pagati e condizioni di lavoro dignitose. Ma sotto questa coltre di “miglioramento” esistono ancora tante problematiche e discriminazioni da abbattere.

Da esempio nobile a Cesena al vergognoso mobbing della Lucchese, credi sia possibile o pregiudizievole per una Donna conciliare sport e maternità?

È certamente possibile, come dimostra la mia storia, ma assolutamente complicato e faticoso, oltre che per la quotidianità (che è difficile per tutti i genitori di figli piccoli), per le barriere economiche, culturali e sociali, che ancora esistono. Ecco, con il mio esempio spero di riuscire ad abbatterne almeno qualcuna di queste barriere.

Tenacia e determinazione ti hanno spinto a perdere 17 chili in un mese e a tornare in campo dopo 100 giorni dal parto. Qual è, a tuo parere, l’attitudine pubblica e privata che dovrebbe perseguire un atleta?

Credo che gli atleti rappresentino un esempio per i giovani e per chi sogna di arrivare ad alto livello e, in quanto tali, abbiano l’obbligo verso se stessi e verso gli altri di una condotta morale e professionale ineccepibile. Questo comprende la cortesia nei confronti degli addetti ai lavori e dei tifosi, il rispetto di staff e compagni e la conduzione di una quotidianità equilibrata, sia dal punto di vista dell’alimentazione che degli orari.

A chi dedichi il tuo libro?

Il libro, come si legge nella prima pagina, è dedicato alla mia famiglia, in particolare mio marito e i miei figli, e a tutte le persone che ogni giorno mi sostengono, dandomi la forza di continuare a combattere, ma anche a tutti quelli che mi osteggiano, perché mi fanno capire che  non devo mollare.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.