I

I “gemiti” di un pastore che ammaestra il suo gregge e reclama giustizia

Se Karl Marx risorgesse, come il Lazzaro del Vangelo, continuerebbe a ritenere valida l’espressione “la religione è l’oppio dei popoli”? Farebbe ammenda, certamente, se capitasse a San Ferdinando di Puglia, dove un prete, Don Mimmo Marrone, imbraccia la potente arma della parola per stigmatizzare fenomeni che vessano ed umiliano il suo popolo, inerme, a vantaggio di smanie di profitto, rendita e potere.

La processione religiosa è al capolinea, la Chiesa Madre. Il suo parroco, propugnatore ed artefice di molteplici iniziative caritatevoli e culturali, si erge ieratico sul sagrato. Sotto i suoi occhi, una sterminata marea di gente, pronta ad ascoltare il suo messaggio evangelico e civile. I semplici e gli onesti, che lo stimano per la sua autenticità umana e civile e lo amano per il profondo attaccamento ai valori del Vangelo e della Costituzione. Gli altri, privi di un orizzonte valoriale, che lo detestano.

Il suo cuore, palpitante di amore per i più fragili e gli sfruttati, è dilaniato da gemiti che arrivano dalla comunità, in cui esercita il magistero ecclesiastico. Parole veementi, perciò, guizzano, come lingue di fuoco, dalla sua bocca: “Una notevole quantità di appezzamenti finisce nelle mani di pochi, non sempre in odore di santità. Sono loro che spesso determinano tutta la filiera dell’agricoltura: i pesticidi, i diserbanti, i concimi, i prezzi, i trasporti e le catene alimentari, a cui conferire i prodotti della terra. L’agricoltore spesso viene ingiuriato dalla prepotenza e sopraffazione di questo fenomeno. Neo latifondismo? Neo feudalesimo? Oppure con un lemma più incisivo, “mafiofondismo?”

Il combattente prete della non-violenza non intende rimanere indifferente davanti al profondo declino morale della collettività e tenta di scuoterne le coscienze: “Queste riflessioni ed interrogativi, io li rilancio a voi. Nascono nel mio cuore, perché, in questi ultimi tempi, ho visto piangere tanti agricoltori che, conferendo i loro prodotti, si sono ritrovati con un pugno di mosche tra le mani. La terra grida giustizia.”

Gli applausi scrosciano nella piazza. Come una cascata. Qual è, però, il significato dell’ovazione? Un formale apprezzamento o resipiscenza con assunzione di responsabilità?

Ha ancora altro da denunciare frate-leone dagli occhi dolci e gli artigli acuminati: “Secondo motivo di gemito, i giovani. Da risorsa, stanno diventando un problema. Quando questo avviene, …la comunità non può decollare verso un futuro di autentico benessere diffuso e di pace sociale. Molti nostri giovani si drogano! La piaga della tossicodipendenza è l’espressione tangibile di un disagio causato dalla mancanza di lavoro, dalla crisi dei valori, da un vuoto esistenziale. Ci sono zone del nostro paese che in alcune ore della giornata ospitano mercatini di droga. Molti notano, però, tacciono. Per penosa indifferenza, speculazione o lucro.”

“Terzo gemito,” per il pugnace sacerdote, “quello delle dipendenze da gioco. E’ possibile”, si chiede, rivolgendosi alle autorità pubbliche, “liberare tutti gli esercizi pubblici dalle slot machine? … Il gioco è una droga di Stato! Qualora non fosse possibile per legge, invito i cittadini a disertare i locali pubblici come pizzerie, ristoranti, bar e tabaccherie.”

Proposta, la cui applicazione, in un batter d’occhio, risolverebbe il problema, relegandolo nelle sale da gioco. Pullulanti, come funghi!

Pensano, con profondo sdegno, molti dei presenti: “Follemente antidemocratica è stata la deliberazione dei legislatori di dare carta bianca a potenti lobby, gettando nello sconforto e disperazione i tanti che finiscono sbranati dalle fameliche slot machine e dalle sale da gioco.”

“Questi sono gemiti,” conclude, il dignitoso Mimmo, “che non possiamo non ascoltare. …E tantomeno possiamo crogiolarci in un fantomatico benessere, ipocrita e cieco.”

In filigrana. Nell’arco di alcuni decenni la collettività sanferdinandese è passata da una condizione di indigenza ad un apparente benessere. Ospitante anche sacche di miseria. I più si illudono di aver toccato il cielo, perché possono rimpinzarsi di pessimo cibo industriale, disporre di un’appariscente autovettura, raggiungere amene località esotiche e fare sfoggio di pretenziose dimore, da esibire con sicumera per il domestico giro turistico a quanti varcano la soglia, come ospiti. Con i guanti alle mani, in punta di piedi e… lo sguardo colmo di invidia!

Infine, un auspicio ed un invito: “Perché questo popolo sia liberato da gemiti di sofferenza e la nostra terra sia liberata dall’ingiuria dei prepotenti”… “occorre un sussulto di dignità contro ogni forma di arroganza e prevaricazione.”

Il generoso Pino Impastato ci rimise le penne per aver denunciato il malaffare ed essersi schierato dalla parte degli ultimi della sua Sicilia. Don Mimmo può essere lasciato solo? Occorre fare comunità? Se gli dovesse essere torto un capello, come drammaticamente capitò a don Pino Puglisi, figura a lui cara, il Padre Eterno, sempre clemente, si legherebbe al dito l’indifferenza e la codardia dei tanti sepolcri imbiancati… Per giustizia!

Quale condotta assumerà la politica, da innumerevoli anni opacamente gestita, più o meno, dagli stessi individui e congreghe, attenti esclusivamente alle proprie convenienze e strizzanti occhi compiacenti a chi percorre sentieri conflittuali con le leggi dello Stato?

La classe imprenditoriale si ricorderà, come prescrive la Costituzione, della sua funzione sociale, non disgiungibile dal conseguimento del legittimo profitto?

Emergeranno intellettuali come Pier Paolo Pasolini, che indicò chiaramente l’atteggiamento e la prassi che devono assumere gli uomini di cultura di fronte al consumismo ed ai problemi reali della gente e del territorio?

Per il momento, il pugnace Mimmo Marrone dignitosamente apre e spiana la strada. Perché si recuperino i valori, che un tempo erano patrimonio diffuso, ora vissuti da pochi. Perché si ripristini un corretto rapporto simbiotico con la terra, attualmente conflittuale ed invasivo. Perché si presti attenzione ai bisogni reali della gente, soprattutto disabili, ammalati, anziani e giovani!


Articolo precedenteAi “Dialoghi di Trani”, Giorgio Zanchini, Piero Dorfles e Bruno Ventavoli
Articolo successivoLa borsa valori delle parole
Percorso scolastico. Scuola media. Liceo classico. Laurea in storia e filosofia. I primi anni furono difficili perché la mia lingua madre era il dialetto. Poi, pian piano imparai ad avere dimestichezza con l’italiano. Che ho insegnato per quarant’anni. Con passione. Facendo comprendere ai mieli alunni l’importanza del conoscere bene la propria lingua. “Per capire e difendersi”, come diceva don Milani. Attività sociali. Frequenza sociale attiva nella parrocchia. Servizio civile in una bibliotechina di quartiere, in un ospedale psichiatrico, in Germania ed in Africa, nel Burundi, per costruire una scuola. Professione. Ora in pensione, per anni docente di lettere in una scuola media. Tra le mille iniziative mi vengono in mente: Le attività teatrali. L’insegnamento della dizione. La realizzazione di giardini nell’ambito della scuola. Murales tendine dipinte e piante ornamentali in classe. L’applicazione di targhette esplicative a tutti gli alberi dei giardini pubblici della stazione di Barletta. Escursioni nel territorio, un giorno alla settimana. Produzione di compostaggio, con rifiuti organici portati dagli alunni. Uso massivo delle mappe concettuali. Valutazione dei docenti della classe da parte di alunni e genitori. Denuncia alla procura della repubblica per due presidi, inclini ad una gestione privatistica della scuola. Passioni: fotografia, pesca subacquea, nuotate chilometriche, trekking, zappettare, cogliere fichi e distribuirli agli amici, tinteggiare, armeggiare con la cazzuola, giocherellare con i cavi elettrici, coltivare le amicizie, dilettarmi con la penna, partecipare alle iniziative del Movimento 5 stelle. Coniugato. Mia moglie, Angela, mi attribuisce mille difetti. Forse ha ragione. Aspiro ad una vita sinceramente più etica.