Nel 1991 gli Stati Uniti la inseriscono tra i servizi del sistema sanitario nazionale. Due anni dopo fa la stessa cosa la Gran Bretagna. Seguiranno Finlandia (1994), Belgio (1999) e Francia (2004). L’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha riconosciuta come medicina non convenzionale e dal 2007 la classifica come medicina fondata essenzialmente sul contatto manuale, tanto in fase di diagnosi quanto in quella trattamento: parliamo di Osteopatia, una disciplina fondata su una visione olistica della persona, delle sue condizioni cliniche, della cura del suo benessere psicofisico. Del resto, l’Osteopathic International Alliance, in un report del 2012, ha stabilito una volta per tutte che l’Osteopatia propone un articolato sistema di cura della salute su base scientifica.
Le origini dell’Osteopatia sono in realtà ancora più lontane nel tempo. Suo fondatore fu, nel 1874, il dott. Andrew Taylor Still, chirurgo di Kirksville, nel Missouri. Dovendo sopperire alla scarsità di mezzi terapeutici, il dott. Still mise a punto una teoria secondo la quale molte patologie potevano essere curate intervenendo sulla postura. Lo stesso nome da lui scelto per questa disciplina intendeva sottolineare il legame tra le ossa (ostèon in greco significa appunto “osso”) e la malattie (pàthos può infatti essere tradotto anche con “sofferenza”). Dopo 18 anni di studi, ricerche, applicazioni, Still fondava nel 1892 la sua prima scuola e segnava l’inizio di un successo che non ha più avuto fine: non a caso, in Italia, dove la disciplina è stata introdotta nel 1983 dal belga Eddy Deforest, oggi ci sono più di 6000 osteopati, di cui 2500 iscritti al ROI, il Registro degli Osteopati d’Italia, fondato nel 1989 dal medesimo Deforest.
Si diceva “visione olistica” e proprio questo è il punto. Per l’Osteopatia la persona è una: corpo, mente e spirito. E non c’è organo dell’essere umano che non interagisca con tutti gli altri. Curare un singolo organo significa, dunque, prendersi cura del suo essere parte di un organismo e prendere consapevolezza di come una determinata sofferenza interagisca col movimento generale di tutto il corpo di una persona.
Per arrivare a questo, l’osteopata è chiamato a valutare puntualmente l’origine di un disturbo, grazie all’analisi posturale e alla palpazione non solo degli organi in sofferenza, ma di tutti gli altri organi coinvolti. Solo a diagnosi compiuta, e supportata, ove necessario, anche da indagini cliniche di tipo radiodiagnostico, l’osteopata può intervenire con tecniche manuali atte a riporre in asse un disequilibrio e a ricostituire una corretta condizione fisiologica del movimento.
In altri termini, l’osteopatia e l’osteopata si prendono cura della salute della persona curando non il sintomo, ma la causa. E fanno questo attivando processi di autoguarigione, di cui l’organismo umano è straordinariamente ricco, ed evitando in modo assoluto il ricorso ad analgesici e antinfiammatori. Perché un corpo che si muove in modo sano sarà sano e in buona salute.
L’Ostepatia non si occupa tuttavia di recupero di mobilità in caso di patologie neurologiche o da trauma e per questo non è considerata in Italia come uno dei possibili interventi riabilitativi. Nondimeno, ben si completa con professioni sanitarie quali la fisioterapia ed esprime la sua massima efficacia in disturbi che riguardano gli apparati neuro-muscolo-scheletrico, cranio-sacrale e viscerale