Come i luoghi della mitologia, tutti ne conoscono il nome, si è sicuri che siano davvero esistiti e però non si sa dove precisamente. Così il Caffè Minerva, i più vecchi lo ricordano, eppure su dove fosse esattamente discutono per ore, si danno torto l’un l’altro, e poi “in piazza Catuma” ti dicono, una piazza che ufficialmente, con quel nome lì, neanche esiste.
Al Caffè Minerva, ad Andria, nei primi decenni del Novecento, era possibile prendere mezzo caffè pagandolo mezzo soldo, cosa che attirò i malamente della città: laici, anarchici, massoni e socialisti, quelli “brutti, sporchi ma buoni”, avrebbe detto in seguito qualcuno. Il bar divenne il centro della controcultura cittadina, il covo della sua parte maledetta, il grembo della “leonessa rossa”.
Abbiamo immaginato i discorsi che avvenivano ai tavolini, parole aulenti di caffè, alcolici e tabacco, ad Andria, come in tutti i paesi del Mezzogiorno e forse d’Italia: ad ogni paese un Caffè Minerva, la spina nel fianco di ogni città.
Così vuol essere questa rubrica, che prende a prestito il nome, la casa dei discorsi che non si vuol fare più, come quella dei discorsi che ancora non si può fare. I mezzi sono nuovi, le bocche sono altre, le parole son diverse, i temi, alla fine, sempre quelli, che non ci vogliono dar pace.