Braccialetto elettronico: quando la realtà supera la fantasia…
La polemica sorta riguardo all’annunciato e probabile uso del braccialetto elettronico da parte di Amazon, ha allarmato il mondo del lavoro, dovrebbero usarlo i dipendenti perché adempiano alle loro mansioni lavorative in un breve o accettabile tempo: si chiama sorvegliare.
In Italia è vietato dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, datato 1970, ripreso dal punto 4.1 del Provvedimento a carattere speciale del Garante della Privacy del 2004 e da sentenze della Corte di Cassazione, una recente del 2007: l’articolo 4 comma 2 dello Statuto dei lavoratori prevede che “Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti”.
Il Ministero del Lavoro ha ribadito che tali apparecchiature introdotte e liberalizzate dal Jobs Act come “strumenti di controllo a distanza” e “innovazioni tecnologiche”, possono essere utilizzate previo accordo sindacale o autorizzazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro o del Ministero.
I vertici di Amazon hanno assicurato che il braccialetto elettronico sarà operativo solo in America quasi la dignità di un lavoratore avesse confini geografici o colore della pelle.
Non si tratta di follia, è semplicemente una conseguenza del voler sapere sempre cosa il nostro amico, vicino, collega stia facendo e i social offrono la possibilità di metterlo in pratica: siamo quasi tutti prigionieri digitali, mappati, senza saperlo e alcuni consapevolmente, perché ora gridare allo scandalo o alla schiavitù?
La società in cui viviamo, quella del controllo totale, è causa nostra, del nostro sentirci sempre soli e trascurati, fragili e insicuri: internet è un tramite facile e veloce, non richiede maturità ma solo pochi click su di una tastiera o altro. “Chi è causa del suo male, pianga se stesso”, recita un detto popolare.
Un tempo il contadino tornava dal lavoro nei campi, stremato, bagnato, infreddolito ma strada facendo poteva ammirare un’alba o un tramonto e trarne consolazione: ora in pochi alzano la testa dai cellulari.
Non si tratta solo di usare un potere coercitivo ai danni un povero lavoratore, che senza lavoro sarebbe ancora più povero, né di idolatrare il lavoro a discapito dei dipendenti: il punto ci sembra piuttosto chiederci se “Il grande fratello” che la fantasia di George Orwell aveva intravisto nel lontano 1948 non sia stato, oramai, abbondantemente superato dalla realtà.
infatti, lavorare meglio, e fascista. (mavalá!)