Dire Apocalisse significa parlare di attese, di futuro, riguarda le domande sul senso della vita e della storia

Il libro dell’Apocalisse è un testo complesso e affascinante. Tratta sì del futuro, di ciò che deve avvenire, ma soprattutto di ciò che avviene ogni giorno. Tutta la sua vicenda si svolge nella storia, quaggiù, anche se viene rappresentata lassù. È un libro non per terrorizzare o far disperare, ma per suscitare speranza, per invitare credenti e non credenti a resistere, nonostante tutto. È un libro decisamente ottimista.

Fu scritto nell’ultimo decennio del 1° secolo d.C., un periodo particolare che alcuni storici chiamano “l’età dell’ansia”, con la cultura greca ormai dissolta e l’impero romano corroso da corruzione, instabilità politica e crisi finanziaria (non venivano più accettate le monete, ma si tornava al baratto). E le popolazioni barbare premevano già ai confini… Oltre all’incertezza economica, si viveva l’erosione del potere politico: erano i pretoriani a eleggere l’imperatore, e nelle province dell’impero i funzionari corrotti governavano senza nessun controllo da parte di Roma. Regnava un senso di precarietà e una mancanza assoluta di riferimenti.

Dire Apocalisse significa, quindi parlare di attese, di futuro, perché essa riguarda le domande sul senso della vita e della storia, che interessa tutti, anche se qui dovremmo raccontarci ben altre apocalissi che ci vedono protagonisti, vittime e osservatori di qualche teppista della diffamazione che si erge, baldanzoso all’ombra di chi lo ha insediato… non curandosi del “limite” che, sostiene il filosofo Francesco Orestano, sorveglia sempre l’esistenza umana.

Apocalisse significa quindi “svelamento”, dunque, “apertura della realtà” con lo scopo di demistificare certe situazioni, comprendere cosa si nasconde dietro certi miti di potere e di successi autocelebrativi, e da dove nascono le paure di cui siamo testimoni.

Purtroppo ci imbattiamo in varie piccole apocalissi come certe autorità “fantoccio” prive di propositività, che discriminano i non “allineati” in nome di quei valori che servono più ad additare come “fantasmi” gli altri, che a scandire la propria condotta. Si tratta di momenti di rottura in cui si percepisce la fine di un equilibrio, che comporta la speranza inevitabile e potenzialmente traumatica in un cambiamento.

È una micro Apocalisse anche quella che riguarda l’attuale situazione economica, perché abbiamo la sensazione di essere di fronte a una crisi epocale. Di fatto però sono momenti di passaggio normali, se letti in un’ottica di lungo periodo. Tra l’altro, questi momenti sono oggi molto più frequenti rispetto al passato, perché tutto è più veloce, mentre ieri i cambiamenti erano più lenti e il tempo più dilatato.

Il messaggio laico e cristiano dell’Apocalisse è proprio questo: credere e sperare, nonostante tutto. Non è senza significato il fatto che l’ultimo libro della Bibbia insista ripetutamente  sui termini “costanza” e “fedeltà”. Se da un lato la speranza è necessaria, essa può anche indurre a un atteggiamento di attesa passiva. La fede invece richiede piena e costante partecipazione.

È tempo di attendere o agire? Massimo Cacciari non ha dubbi: non vi è nulla da attendere, non c’è un secondo avvento. Il Cristo è già venuto. Resta solo da decidersi. La vera questione non è il quando, ma il come giungere alla “Nuova Gerusalemme”, facendo attenzione a non lasciarsi sfuggire il tempo propizio per agire; questo tempo non lo decide l’autorità istituzionale, ma il “carismatico attento” all’evolversi degli eventi.

Con la pazienza e la sapienza l’invito a resistere e mantenere fede al Vangelo: una fede laica che poi non è così differente dai valori enunciati da un Nazareno, figlio di un carpentiere.


Fontehttps://flic.kr/p/omivMw
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Elia Ercolino, nato a Peschici (FG) 15/02/1954. Formazione classica con specializzazione in teologia biblica. Ha tenuto corsi di esegesi e teologia   vetero e neotestamentaria. Giornalista pubblicista dal 1994 e professionista dal 2004. Impegnato nell’emittenza televisiva locale dal 1992. Direttore di Tele Dehon dal 1994 con auto dimissioni nel 2012. Direttore responsabile e fondatore della testata giornalistica “Tele Dehon Notizie” dal 1995 al 2012. Impegnato da sempre nel mondo del volontariato sociale.