Non si può immaginare un fine vita causa guerra. Si può immaginare invece un fine intelligenza.
La guerra in Ucraina è narrazione dell’inferno che l’essere umano può scatenare con il dolo della banalità del male, è un moderno “Meridiano di sangue” McCarthyano: uomini armati, sangue, polvere e morte. La pietà bendata è mandata a morire davanti al plotone di esecuzione deciso dal tribunale di una potenza oligarga, sessista, patriarcale e bigotta nella cui coscienza simile a una cella frigorifera è conservata la gomma-cancellino della bomba atomica. Vogliamo una storytelling? Eccola. Gli Stati vincono e i popoli perdono.
Invaso e invasore, democrazia e democratura, buono e cattivo. Una divisa militare indossata senza il giusto decoro da un Presidente ex comico e un abito sempre di colore scuro indossato da un ex appartenente ai servizi segreti dall’altra. Devo scomodare Brecht: perché una guerra è venuta nel tempo della rassegnata pace virtuale e del silenzio dei “like”, non la prima guerra, prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti e fra i vinti anche oggi la povera gente soffre la stessa fame. E fra i vincitori ugualmente ci sarà chi soffrirà la stessa fame. Il mondo ha messo il piede nella latrina della guerra. La Russia ha avviato in Europa una guerra non provocata, una violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite. Era il 24 febbraio 2022 quando la Russia di Putin ha invaso l’Ucraina.
L’Ucraina nel 1994 ha firmato il Memorandum di Budapest, un accordo purtroppo legalmente non vincolante, con cui consegnava alla Russia tutte le sue testate nucleari in cambio della promessa di non invasione, di rispettare i suoi confini internazionali. La Crimea era considerata come territorio sovrano ucraino: nel 2014 tuttavia la Russia se la annette arbitrariamente, violando il memorandum. Per gli USA Bill Clinton e per l’Inghilterra John Major diedero garanzia internazionale di vigilare sull’inviolabilità dei confini ucraini. Non è servito a nulla.
Storytelling di una guerra moderna che uccide spietatamente come una vecchia. Se potesse parlare Cervantes, lo farebbe certamente con un suo immenso capolavoro, affermando che in mezzo a noi felici apparenti dell’indeterminismo quantistico: tra di noi ci sono e ci saranno sempre incantatori che muteranno e scambieranno le cose giuste e cattive trasformandole a loro piacimento, a seconda che ci vogliano favorire o annientare. Così che una semplice bacinella da barbiere possa sembrare l’elmo di un valoroso condottiero da seguire ciecamente per uno e una sciocchezza per un altro.
Quando si detona una guerra seppure città per città, nel tempo del fallace “premere un bottone per scatenare l’atomica”, si giustifica un tempo attuale in cui l’ipotetico creatore dell’universo è ingiustificato che esista. Non si può chiedere a degli uomini intelligenti da che parte andare per giungere ai confini della terra: essendo una sfera non è ha e cercarli sarebbe inutile. Non si può immaginare un fine vita causa guerra. Si può immaginare invece un fine intelligenza. Il telescopio spaziale Hubble non può guardare nel cuore di uomini piccoli come Putin che come tale si nasconde dietro la grandezza della madre Russia; può però scovare galassie e contare stelle. Perché l’umanità, il bene di tutti noi, è in sostanza un concetto antropico: si misura le felicità osservando chi ci sta accanto. Nelle tombe, nelle fosse comuni non ce n’è. L’essere umano ne esce sconfitto. Vince il freddo materiale dei proiettili. L’energia atomica del sole non riscalda, decide solo il giorno e la notte.
Beppe Fenoglio sarebbe andato a combatterla la guerra ucraina nella resistenza e sicuramente avrebbe inciso sulla corteccia di qualche albero questa frase, ricordando la pace: hieme et aestate, prope et procul, usque dum vivam.
[…] un articolo di peso e sostanza (uscito online su Odysseo, ndr), descrive la follia di una guerra moderna – quella fra Russia e Ucraina -, che prosegue […]