Rosemary, cantante, poetessa e “teatrante” (non sia mai attrice, mercé la vicina di casa…), si racconta in esclusiva per i lettori di Odysseo
Chi è Rosemary Nicassio? Una piccola biografia per favore.
Rosemary Nicassio. Nome proprio di persona, femminile singolare, non declinabile. È una delle cose che più mi affascina del mio nome: l’invariabilità. E poiché Nomen Omen, nonostante tutte le difficoltà del caso, io la cantante volevo fare. E la cantante faccio. A dispetto di tutto. La cantante e la teatrante; ché quando dico attrice, la vicina di casa pensa e spera di vedermi in tv. E io un po’ mi agito. Evitiamo.
Cosa l’ha spinta a cantare e cosa ama cantare?
Alessandro Canino. Quando ero piccola, non facevo che cantare e ballare “Brutta”; mio cugino mi accompagnava alle pirouettes. In una scena, il mio destino: alla quarta piruette, caddi. Capii allora che avrei dovuto continuare solo a cantare. Col tempo, ho imparato a scegliere la bellezza (nulla contro Canino!), e a optare per brani più in linea con la mia idea di Poesia e Teatro nella musica. Ed è proprio questo che amo cantare: l’arte declinata nelle sue varie possibilità.
Come ha iniziato le collaborazioni coi musicisti che l’accompagnano?
È successo che un giorno, per accadimenti imprevisti e imprevedibili, mi sia ritrovata a dovermela sbrigare da sola. La Poesia si era già imposta, brutale e salvifica. Il Teatro aveva iniziato a sgomitare nello stomaco e la Musica era lì, desiderosa di venir fuori, impaurita. E poiché credo che le paure sia necessario ascoltarle, comprenderle, prima di fronteggiarle, ho fatto del dolore che mi spingeva verso l’arte, e della paura che lo accompagnava nella scoperta, occasione per provarci. Di più. Unendo tutti gli elementi a disposizione per cercare di essere felice.
In questo tentativo complesso ma necessario, avrei compreso tutte le persone pronte a condividere una solitudine: Leonardo Torres è stato il primo cavaliere coraggioso. Oggi, continua il nostro percorso “matto e disperato” che sempre ci squarta e ci diverte. Ma cos’è l’arte se non esasperazione e binomio di sofferenza e ilarità?
Da quel momento, si sono aperte le porte a tante nuove realtà: ho conosciuto persone bellissime, alcune delle quali divenute amiche sincere, insegnanti del cuore (Ciao Lisetta!), persone bruttissime (nulla contro Canino!), e tanti musicisti e professionisti che sposano il mio fare. Arricchendolo con proposte e consigli.
Leggo che come poetessa ha vinto numerosi riconoscimenti letterari, il Premio Cesare Pavese, per esempio, ce ne parla gentilmente?
Una chiamata durante una mattina d’estate. Lo ricordo come fosse ieri. Una delle emozioni più belle mai provate, un successo grandissimo per la mia scrittura, per il mio studio. Perché non sono i titoli a gratificare le persone, ma la condivisione di un percorso che, prima dei titoli, quelle hanno costruito. E se un premio è l’occasione per indagare nei cuori degli altri, per rendere un’emozione comune, per verificarla tale, vorrei vincere altri premi come il Cesare Pavese.
“Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi.”
(Cesare Pavese)
E forse l’arte è tutta qui. È lo strumento che fa venir fuori energie, possibilità vecchie o nuove, che venendo fuori si riproducono, nascono, crescono, corrono (cit.), senza mai smettere di farlo. E non c’è fine, non c’è mai fine. Non c’è fine a ciò che appartiene al cuore.
Una poesia che avrebbe voluto scrivere, che sente sua?
È difficile sceglierne una, tra tutte. Ma la poesia pavesiana è quella che, rileggendola, non sento mai finita. È come avere un amico del cuore che anticipa ogni tempo, il racconto dell’emozione e dei fatti che l’accompagnano. A volte mi dico che avrei voluto conoscerlo, osservarlo, parlarci. La sua poesia è una delle cose più belle che mi restano.
Preferisce recitare o declamare? Perché esiste una differenza tra le due azioni, vero?
Semplicemente, preferisco far mio un fatto. Dicendolo così come viene, l’interpretazione non è una cosa pensata. Si perfeziona la tecnica ed è necessario studiare gli strumenti che la rendano universale (curioso per una che fa musica-teatralpoetica; universalissima, chiaramente…), ma l’emozione è un fatto che non si spiega. E se c’è, ne resta intrisa ogni cosa.
Un sogno da realizzare?
Diventare una superstar, riuscire a sopravvivere con l’arte e… abbandonare tutto e aprire una frutteria. O un negozio di prodotti senza glutine fatti in casa. Mi sarò reinventata così. Nascerà una nuova Rosemary. E non so se sia propriamente un sogno, o una minaccia…
Se un giorno dovesse scegliere tra musica e famiglia?
Le due cose non sono necessariamente sconnesse. L’arte sarà sempre la mia prima scelta, è la mia vita, il motore di quello che Rosemary è, ma una Famiglia è quella che impedisce la scelta. Essendoci, a prescindere.
Jean Cocteau ha scritto riguardo alla Piaf: “Ogni volta che canta sembra che strappi la sua anima per l’ultima volta”. Ho avuto la sensazione che la sua voce non sia da meno, ha la grazia, la magia che manca a tanti e tante nel panorama musicale.
Non so cosa manchi agli altri, e forse non so neanche cosa io abbia di così bello. La ringrazio profondamente per il paragone, Edith Piaf è ed è stata oggetto dei miei studi musicali per la carica di vita e per tutto quello che la rende un’Artista. Di certo, so che io faccio. E quando faccio, non so esattamente cosa avvenga: sono io in quel momento, sono più io allora che in tutto il resto del tempo (dovreste vedermi, mamma lamenta che ancora non abbia imparato a verificare la convenienza dei prezzi al mercato della frutta! E voglio pure aprire la frutteria…).
Come ama salutare il pubblico che la segue dopo ogni sua esibizione?
Per ogni concerto, un saluto diverso. È l’emozione che mi guida, nulla di pensato, nessuna frase predefinita, nessuna scaletta. La vita è ascolto, e da quello dipende tutto. È un modo utile ad affrontare anche la vita fuori dal palco (tranne l’acquisto della frutta al mercato della frutta!).
Grazie a tutte la redazione di Odysseo per avermi dedicato del tempo e per aver scelto di regalare a Rosemary un piccolo spazio di racconto. Alla prossima!