Sono state rinvenute nello scantinato di un’autorimessa dell’azienda di traslochi

Lettere, finite in qualche scatolone dimenticato… Grazie ad un accordo tra la Scuola Normale Superiore di Pisa e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, si è giunti, dopo le delibere del 2010, alla riconfigurazione della Domus Mazziniana, la casa toscana dove Giuseppe Mazzini trascorse gli ultimi giorni della sua vita. Durante le operazioni di trasloco, in occasione degli eventi celebrativi riguardanti i 150 anni dell’Unità d’Italia, la maggior parte dei documenti d’archivio era stata spostata nella biblioteca dell’Università di Pisa e in un deposito privato di Perignano, nel Comune di Lari.

Oggi, quasi per caso, alla luce di dettagliate indagini e meticolose ricerche da parte del corpo studenti della Normale, numerose testimonianze epistolari sono state rinvenute nello scantinato di un’autorimessa proprio dell’azienda di traslochi incaricata del trasporto merci. Perse distrattamente durante i lavori di arredo, le lettere hanno, come mittenti, personalità del calibro di Giuseppe Garibaldi, Benito Mussolini, Filippo Turati e Benedetto Croce.

Caro Dolfi, ho dimandate alcune camicie rosse alle signore Italiane incaricandole di inviarle a voi. Ditemi se non avete difficoltà di riceverle“. È l’ammonimento che Giuseppe Garibaldi rivolge a Giuseppe Dolfi il 3 luglio 1867. Il fornaio patriota, infatti, combatté, accanto all’Eroe dei due Mondi, per la liberazione di Firenze dal Casato dei Lorena e per l’annessione dell’intera Toscana al Regno di Sardegna. Garibaldi stava escogitando nuove offensive nei territori dello Stato Pontificio, scontri che sfociarono nella Breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870. Nella missiva, Garibaldi si lamentava della mancata consegna di 500 camicie rosse divenute, successivamente, raddoppiate nella quantità, simbolo dell’unificazione del Regno d’Italia.

Pare che il Duce, invece, ammaliato da un socialismo a tinte ariane, abbia scritto, nel 1904, un messaggio ad Arcangelo Ghisleri, braccio destro di Filippo Turati:

Egregio professore, venerdì della settimana scorsa le ho spedito la trascrizione unitamente all’originale e una mia lettera. Non ho ricevuto notizie, né sì né no, se il manoscritto le è giunto. Favorisca rispondermi affinché, se trattasi di disguido postale o di abuso poliziesco alla frontiera (non è la prima volta), si possano fare le pratiche del caso. Nell’attesa di un suo cenno di riscontro, distintamente la saluto. Suo sempre, Benito Mussolini.

Stando al docente di Storia Contemporanea alla Normale e Presidente del Centro Archivistico, Daniele Menozzi, Mussolini intendeva proporsi come traduttore di tedesco per Ghisleri e, assecondandolo, l’allora professore di Lettere, dichiaratosi apertamente antifascista, ottenne dal Benito nazionale la promessa di non essere perseguitato.

Ma tra le confessioni di illustri Statisti, spicca anche la raccomandazione di una madre preoccupata per le sorti della sua famiglia. Si tratta di Maria Drago che, pur incitando suo figlio, Giuseppe Mazzini, a “perseverare nell’agitazione repubblicana“, lo invita alla cautela.

Dispaccio dalla storia, elucubrazioni militari, segreti inconfessabili chiusi in buste senza tempo e, forse, senza francobollo!


Articolo precedenteQuando è morto Vittorio Arrigoni
Articolo successivoAutenticità …un valore smarrito
Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.