
Tra i pionieri dell’Intelligenza Artificiale
Joseph Weizenbaum (1923-2008), uno dei pionieri dell’Intelligenza artificiale, nacque a Berlino in una famiglia ebrea, per poi emigrare negli USA nel 1935, dove compì i suoi studi. Dopo aver combattuto nella II guerra mondiale, cominciò in patria una brillante carriera di ingegnere informatico. Le sue prime invenzioni risalgono agli anni Cinquanta, ma l’evento determinante della sua vita e dell’evoluzione del suo pensiero fu la creazione del programma ELIZA nel 1966.
Si tratta di uno dei primi esperimenti di programma interattivo, una pietra miliare dello sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA o, all’inglese, AI – uno sigla con cui dovremo per forza di cose familiarizzare).
ELIZA risponde alle richieste degli utilizzatori dal punto di vista di uno psicoterapeuta: di fatto ELIZA è uno psicoterapeuta informatico. L’utilizzatore espone le proprie ansie, i propri pensieri e riceve una risposta dal programma installato nel computer.
Weizenbaum fece sperimentare ELIZA prima di tutto ai suo i collaboratori: ben presto si accorse che i colleghi cominciavano ad investire emotivamente in ELIZA e cominciavano ad interagire come se si trattasse di una persona in carne ed ossa. Pian piano dedicavano sempre più attenzione ad ELIZA e sempre meno alle relazioni interpersonali con i colleghi.
Weizenbaum entrò in crisi e da allora si è sempre battuto per mettere in guardia dai rischi connessi ai computer ed all’IA (…detto per inciso, è molto difficile trovare in commercio i suoi libri: non è strano?!?).
Secondo l’Autore il rischio principale è la perdita di umanità, più specificamente la anaffettività: i computer e l’IA avrebbero progressivamente tolto peso e valore alle relazioni familiari e sociali impoverendo la vita affettiva e la qualità delle relazioni umane.
La storia non solo ha confermato l’ipotesi di Weizenbaum, ma ha mostrato conseguenze ancora più pesanti: possiamo dire con certezza che aveva visto giusto.
È vero, però, che Weizenbaum risulta sconfitto, almeno per ora: l’IA avanza a grandi passi. Le conseguenze negative previste sono state peraltro acuite dagli anni del Covid: lo sa bene chi ha visto gli studenti tornare a scuola dopo due anni di didattica a distanza!
È anche vero, però, che sono stati compiuti tentativi strutturati per prevenire gli effetti negativi dell’uso del computer e della rete: fra questi possiamo annoverare il DigComp1 e il DigComp2. Si tratta di due dossier curati dall’Unione Europea per individuare le competenze informatiche rispettivamente degli studenti e degli insegnanti: ben poca cosa, comunque, rispetto all’aggressività dell’IA che abbiamo sotto gli occhi.
C’è però un ambito nel quale il monito di Weizenbaum può ancora essere ascoltato in tempo e questo è il mondo dell’infanzia.
Non si può accettare che in modo acritico si lasci irrisolta la più basilare delle domande: a quale età e con quali modalità strutturate i bambini dovrebbero entrare in contatto con i contenuti digitali e con l’intelligenza artificiale?
Su questo punto le risposte tardano a venire: vediamo che i fondi PNRR sono investiti nella scuola in una digitalizzazione vissuta in modo passivo o al più conformistico; vediamo dirigenti scolastici sbandierare l’eccellenza del proprio Istituto sulla base della qualità dei macchinari e dei software in dotazione. Si assumono atteggiamenti competitivi che, purtroppo, coinvolgono spesso e fortemente i genitori.
Valga l’esempio di Bill Gates, che concedeva alla figlia ancora piccola di utilizzare la rete venti minuti al giorno, non di più.
Alcune ricerche sembrerebbero dimostrare un impatto negativo dell’ utilizzo prolungato dei social network sullo sviluppo della capacità di attenzione selettiva e della concentrazione sul pensiero critico, sulla creatività, sulla memoria a lungo termine e sui processi decisionali e di comunicazione più complessi. I social eccessivamente utilizzati inducono a inadeguatezza e bassa autostima, problemi di dipendenza e isolamento sociale, visione distorta della realtà. Bisognerebbe mettere un freno a questo continuo stillicidio, ma l’essere umano di ogni uso ne fa abuso.