Ilaria Drago, attrice e autrice, riceverà (consegna il prossimo 19 novembre a La Sapienza di Roma) il “Premio Europa e Cultura del nuovo Umanesimo” 2019, tra le “eccellenze italiane” per la poesia

Da donna che interpreta una donna, come si sente a nei panni di Simone Weil? Di lei è stato scritto che ha fatto di tutto per negare la sua femminilità…

La cosa che più mi interessa nel portare in teatro la parola di Simone è il messaggio intrinseco che la abita, di cui lei stessa si è assunta il peso e il prezzo. La sua visione della realtà, la capacità di sviscerare a tale punto le cose della vita tanto da creare dubbi su ogni falsa credenza che la società impone come unica possibile percezione del quotidiano, svuotandolo troppo spesso della sua sacralità e dello spirito. Sento profondamente vicine diverse sue affermazioni sulle condizioni della donna; oggi c’è ancora tanto, troppo da fare perché questo femminile raggiunga una dignità tale da non essere mortificato e violato. Le donne stesse hanno la fortissima responsabilità di non accettare ruoli e misure che le sminuiscano o le rendano ancora schiave o sottomesse. Se il femminile è mercificazione, negazione, perdita di senso e conoscenza delle proprie qualità, allora comprendo il desiderio di  Simone di negarlo a sé e agli altri.

Simone Weil , a soli 14 anni, ha pensato al suicidio pur di non rinunciare alla sua sete della Verità: quanto le sembra attuale la sua lezione in tempi in cui tutto appare relativo?

La realtà spesso grava come un macigno sulle anime delle persone e le fa piccole, tristi, sole. La realtà che viene manipolata al fine di trasformare la gente unicamente in consumatori e cose a perdere è l’imposizione di regole che spesso negano la coscienza e la realizzazione di sé in questo mondo, la bellezza come mistero che ci ricongiunge ad un tutto magnifico e universale che ci rende unici eppure collegati profondamente gli uni agli altri. La realtà, così come adesso è costruita e innestata nel subconscio, è spesso una forma pensiero colma di odio, violenza, solitudine, sopraffazione, guerre. Si impongono le armi, che siano fatte di parole o di azioni, come verità unica possibile; come quel mezzo che i veri saggi devono praticare per sentirsi uomini, adulti, maturi, responsabili. L’Amore invece è roba da donnette, da bambini o da cioccolatini, da festa di San Valentino o da Chiesa. Quando l’Amore non abita i cuori tutto è possibile, tutto è lecito: anche accettare un’etica malata che rende l’altro oggetto, schiavo, nemico da annegare in un mare qualsiasi. Tutto questo non è accettabile, l’anima urla! E si può anche pensare al suicidio piuttosto che vivere quel compromesso. Essere morti mentre si vive è peggio che arrivare da vivi alla morte! La capisco Simone, io al suicidio ci ho pensato quando avevo sei anni. Ma chi ha detto che invece la vera saggezza non sia la resa al bello e alla pratica profonda, nel linguaggio e nell’azione, di quell’Amore che ricolma e di certo spodesta ogni presunzione di potere?

Come fa a produrre le sue rappresentazioni teatrali e come reagisce il pubblico agli argomenti di cui ama parlare?

La poesia è la mia vita e ad essa dedico ogni parte di me, ma produco spettacoli con grande difficoltà perché non ho nessun finanziamento. La cultura sembra sprofondare in un abisso e addirittura pare che ad averne un poco si compia un delitto. Mentre la cultura unisce e tiene vivi. Il pubblico che viene ai miei spettacoli è profondamente partecipe e capace di accogliere ogni cosa. Ho molta stima del pubblico e della gente, molta fiducia; cosa che non hanno invece i dispensatori di intrattenimento e coloro che praticano la regola del facile e sicuro incasso. Si propinano stupidaggini credendo che le persone non siano in grado di capire, sentire le emozioni profonde, di farsi domande. Non è vero! Ossia lo è vero se abitui il pubblico alla banalità e a digerire solo aria fritta, allora non sarà in grado di scommettere, di osare la poesia, i sogni, la verità. Ho avuto delle risposte meravigliose dal pubblico. Lo rispetto. Ne ho più rispetto io di chi lo lusinga con specchietti per allodole e lo tiene a guinzaglio.

Scrive i suoi testi da sé o accoglie altri autori?

Direi che al novantanove per cento lavoro da sola. In questo periodo però sto lavorando con Andrea Peracchi, un giovane attore con il quale sto scrivendo la performance Viriditas_tornare vivi. Ma lui è un poeta! Abbiamo una frequenza molto simile.

Il teatro dopo “Aspettando Godot” ha ancora storie da raccontare che pongono profondi e inspiegati interrogativi: esiste Dio, chi è Godot, forse è Dio stesso, una qualche grazia spirituale?

Il teatro ha moltissimo da raccontare perché è vivo e vita di ogni giorno; è il racconto del tessuto sociale e le sue crisi, le sue aspettative, i suoi interrogativi e dubbi, i sogni. Credo però che sia giunto il momento di trovare Godot dentro di sé e nell’altro senza continuare ad aspettare un Dio – se Godot lo rappresenta – che ci pulisca la coscienza e a cui affidare ogni bene e gioia. Aspettare un Paradiso futuro mentre quello che stiamo abitando lo sfruttiamo e  deturpiamo. È inutile continuare a delegare occorre, come diceva Simone Weil, “fare del pensiero un’azione”. E l’azione necessaria è prendersi la responsabilità di tutte le nostre incredibili capacità, essere costantemente co-creatori del nostro Paradiso qui ed ora. Allora si è in Dio, Dio è in noi… qualunque nome gli si voglia dare!

Cosa guarda oltre il teatro, al cinema magari? Ascolta musica? Legge?

Leggo molti saggi. A volte la sera guardo un film, ma non ho la televisione. E sì ascolto ogni tipo di musica mi tocchi al momento. A dire la verità adesso sono attratta come una matta dall’idea di studiare la lingua italiana! Stiamo perdendo la nostra lingua, la usiamo male – troppo facebook, messaggini, whatsapp,  tv spazzatura  – e come diceva Don Milani occorre posarsi e radicarsi nelle parole in modo cosciente tanto da non essere più schiavi e manipolabili. La parola ha un potere inimmaginabile.

Che spettatrice di vita è, ama più uscire, viaggiare o cosa?

Aspiro a non essere spettatrice, ma autrice! Amo moltissimo viaggiare, lo faccio tanto per lavoro, ma aspiro a fare viaggi in giro per il mondo per godermi luoghi e gente! Amo tantissimo la natura e gli animali che sappiamo rispettare poco e sono creature meravigliose. Amo però anche la solitudine, mi piace leggere davanti al fuoco e guardare gli alberi dalla finestra.

N.B. Le domande su Simone Weil sono del direttore di Odysseo Paolo Farina