Maria Antonietta Vito è, con Domenico Canciani, autrice di Tutto di te rimane, una raccolta lirica dedicata a Sara, la nipote tredicenne uccisa da un cancro al femore. Il libro sta finanziando una borsa di ricerca contro l’osteosarcoma presso la Fondazione Città della Speranza di Padova e presto sarà impreziosito da un DVD in cui le liriche sono incarnate dalla impareggiabile voce di Ilaria Drago. In esclusiva per i lettori di Odysseo, pubblichiamo il file audio al termine di questa intervista
Chi intervisto in questo momento? La nonna di Sara o l’autrice del libro su Sara?
Direi la nonna di Sara, anche se i due aspetti non possono essere separati. Il libro che io e il nonno Domenico abbiamo scritto su Sara, Tutto di te rimane, non avrebbe visto la luce, se non fossimo, anzi tutto, i nonni di Sara.
Allora partiamo dal tuo essere nonna…perché, anche adesso, tu resti sempre la sua nonna, vero?
Certo! Mai io potrei parlare di questo mio rapporto con lei usando il tempo passato: nella vita ci sono relazioni d’affetto che non si declinano al passato!
Cosa vorresti trasmettere, di Sara, a chi ci sta leggendo?
La forza dell’amore per la vita, il desiderio di centellinarla fino all’ultima goccia, con una tenacia, una volontà che, più il corpo la tradiva, più si accresceva. La malattia è stata la sua sventura, ma è stata anche la sua resistenza. Sara era una combattente. Non tutte le battaglie si combattono al fronte: la sua, l’ha combattuta in stato d’immobilità fisica, ma con una forza interiore, un dinamismo della mente e del cuore inarrestabile.
La malattia di Sara è durata un anno esatto, giusto?
Sì, un anno, dal luglio 2017 al luglio 2018, dai dodici ai tredici anni, da poco compiuti.
Stavi parlando della sua mente: dimmi, quali cambiamenti la malattia, col suo carico di dolore, spesso intollerabile, ha prodotto dentro di lei, nella mente, nell’anima, se preferisci…
Sì, preferisco parlare d’anima, è un concetto più ampio, un’immagine più ricca, include la razionalità ma anche le emozioni, le domande spirituali profonde, che anche alla sua età è possibile farsi. Sara, durante la malattia, ha esplorato il territorio della sofferenza come non sarebbe lecito, come non è giusto, per una creatura della sua età. Questo, ovviamente, ha generato infinito dolore ma ha anche prodotto in lei una maturazione accelerata del pensiero, dei sentimenti, e quella che si chiama la capacità di resilienza: essere forti, non lasciare al male l’ultima parola, sapersi costruire sempre nuove difese, nuove barricate.
Quali erano le difese alle quali ricorreva più spesso?
Una, sicuramente, è stato lo studio, che amava tantissimo. Persino nelle ultime settimane di vita, quando aveva la forza di farlo, potevi trovarla lì, sulla sedia a rotelle, davanti alla scrivania alle prese con un esercizio di matematica o una lingua straniera da imparare: s’era messa a studiare persino il portoghese! Leggeva molto, testi consigliati e testi liberamente scelti, amava la narrativa, li divorava lei i libri!
E che altro amava?
Amava la musica, aveva frequentato corsi di pianoforte e di chitarra: l’ha suonata finché ha potuto tenerla tra le mani! Poi amava moltissimo lo sport. La pallavolo, in particolare, nella quale eccelleva. Dovervi rinunciare a causa della malattia era stato motivo d’immensa tristezza. E amava pure tantissimo la compagnia dei coetanei e di persone di poco più adulte di lei. Era stata per diversi anni una scout e questa esperienza aveva contribuito a renderla autonoma e molto risoluta nel lottare.
Tu pensi che, al di là della malattia, il temperamento di Sara, il suo modo d’essere, abbia qualcosa d’importante da dire agli adolescenti che volessero leggere questo libro?
Per i giovani il contatto con la sua figura di ragazza potrebbe essere un’iniezione di vitalità contro la noia, contro il lasciarsi andare, l’avvilirsi per cose che non meritano vera attenzione. Anche l’autocontrollo, la capacità d’affrontare ogni imprevisto, fino a quello estremo, senza cedere alla piena delle emozioni…Direi che, in tempi nei quali c’è una parte di gioventù che ama gettarsi nello sballo, quella di Sara è una gran bella lezione!
E a noi adulti ha qualcosa da dire?
Posso dirti che cosa ha dato a noi che l’abbiamo amata e continueremo ad amarla. Ci ha dato e ci dà la forza di andare avanti sui suoi passi, con lucidità, con amarezza, con dolore, molto dolore, ma con un amore alla vita che non piega mai la testa, non cede. Poi, soprattutto, ci ha insegnato a non chiuderci in noi stessi: pensare agli altri, lavorare perché, se possibile, ad altri non accada domani quello che ieri è accaduto a lei.
Per questo, state portando avanti, anche attraverso la vendita di Tutto di te rimane, il progetto Sarà con noi, voluto dai genitori di Sara, per una borsa di ricerca contro l’osteosarcoma presso la Fondazione Città della Speranza di Padova?
Sì, la ricerca va avanti già da alcuni mesi, ma deve fare ancora molto cammino. Ci è preziosa la solidarietà di chi ci ascolta e ci segue, anche attraverso Odysseo che dal primo giorno ha sposato la nostra causa. Penso che il libro, per i suoi contenuti, meriti d’essere letto e donato alle persone più sensibili. Intanto, ci attende un bel pezzo di strada, ma Sara ci sostiene, ci dice che ce la faremo. E noi le crediamo, noi dobbiamo crederle!
Ascolta “Tutto di te rimane”
Nella interpretazione
di Ilaria Drago