Per fortuna, c’è un’Italia che ci aiuta a sperare…

Caro Direttore,

il ministro di Polizia e Ras della Lega, Matteo Salvini, non legge Odysseo, e peggio per lui. Se anche lo leggesse, non capirebbe, perché la distanza fra lui e l’umanità, intesa come fratellanza e solidarietà fra esseri umani, è incolmabile. Ma c’è una storia che lo riguarda e che riguarda tutti noi, ed è quella di Faitha e Aliya, la ragazza di vent’anni e la bimba nata da tre giorni, sua figlia. Sola al mondo, probabilmente vittima di violenza, Faitha è stata sgomberata come un pacco dal Centro immigrati di Castelnuovo di Porto, Roma, e messa su un treno per Lecce. Sola e al nono mese di gravidanza, il parto imminente. L’hanno accolta all’ospedale di Galatina e l’hanno aiutata a partorire, salvando la vita alla creatura che portava in pancia e a lei.

Questa è l’Italia che mi piace, caro Direttore.

La storia non ha bisogno di commenti e di retorica, non di esecrazioni né di condanne. La storia si racconta da sola e ci dice che il Razzismo del cosiddetto decreto-sicurezza merita la maiuscola. Ma che Paese siamo diventati? La Patria di san Francesco diventata una tale schifezza? La culla del Cristianesimo ridotta a un lager? Questa è la Bibbia che legge Salvini? Ma dove l’ha comprata? Questo è il suo rosario? Ma chi glielo ha dato? Questa è la lotta all’Europa per redistribuire i migranti? No. Questa è barbarie, questo è Razzismo.
Di Salvini, sappiamo. Ma Conte e Di Maio? Che effetto fa su di loro la storia di Faitha e Aliya? Hanno qualcosa da dire? Non mi pare. Struzzi con la testa nella sabbia, impegnati a distruggere non solo l’economia di questo Paese, ma anche i suoi più antichi e forti principi di civiltà, per pura brama di Potere. Una schifezza mai vista. La cosa peggiore è che neppure i loro adepti, soggiogati e drogati dalle fregnacce gialloverdi, diano segni di vita.

Ma, per fortuna, c’è un’Italia a Galatina che ci aiuta a sperare, un’Italia minoritaria capace di amare il prossimo suo. Un’Italia che ancora ci salva dalla vergogna, ma che rimane reietta e guardata di traverso dalle masse plaudenti il Truce Ducetto.

Il punto di non ritorno è prossimo, Dio non voglia, ma la storia di Faitha e Aliya è un segnale di allarme potente, ha un forte sapore di nazismo. Esagero? È probabile. Ma mettere su un treno per deportati una ragazza sola al mondo con in pancia una creatura pronta a nascere mi toglie il lume della ragione. E ringrazio Dio che mi dà ancora la forza di ribellarmi! E che dà ancora la forza agli angeli di Galatina di mandare a Salvini un sonoro pernacchio!


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).

1 COMMENTO

  1. Carissimo, c’è un’emergenza di fraternità e culturale. Il clima di degrado dei valori di umanità, di rispetto e fraternità riguarda l’educazione delle giovani generazioni, ma soprattutto “di quelli di prima” e il nostro essere e dirci cristiani. Una politica che si autoalimenta ricercando consenso, facendo leva su paure e offrendo capri espiatori, si espande anche nel ventre della società, tanto da considerare le persone come numeri, non volti, non storie, non sguardi, ma ometto di dire perché fa molto male. Dio non voglia

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