
E filastrocca del buon anno…
Caro Babbo Natale,
Chissà quante ne avrai ricevute di lettere e quante richieste dovrai soddisfare e forse questa nostra missiva ti sembrerà un po’ pretestuosa, considerando che chi scrive e avanza richieste ha superato l’età dell’innocenza ormai da tempo e la molecola della maturità dovrebbe aver potato le sinapsi bizzose.
Ma chiedere, si sa, non costa nulla, soprattutto perché ognuno di noi in fondo in fondo conserva un po’ di quella “bimbitudine” che a volte aiuta a rimanere leggeri.
E tu poi avrai avuto modo di riposarti, come un qualsiasi altro nonnetto canuto, durante i passati 11 mesi dell’anno. È vero, avrai dovuto prenderti cura delle tue amate renne, lisciare il loro pelo e abbellire le loro corna.
Che poi, caro Babbo Natale, ci devi spiegare perché nelle renne le corna, dette palchi (grandi e belle come quelli della Scala di Milano), sono generalmente presenti solo nei maschi. Non sarà che almeno nel mondo delle renne si è raggiunta l’emancipazione femminile???
Qui in Italia, in realtà in fatto di corna siamo abbastanza avanti; sono proprio fluide! Le abbiamo addirittura istituzionalizzate, tanto da essere diventate un accessorio di tendenza delle beghe italiche, impreziosite da Rolex (stile Totti), o da Borse Hermes (griffate Ilary), con ciuffo sbarazzino (modello Giambruno), con un tocco di Rosa Chemical e una spruzzatina di nero Atreju.
A proposito di nero; preparati caro Babbo Natale agli strali dei vari Rampelli e nostalgici rampolli che al rosso sono proprio allergici. Magari, per entrare nel Bel Paese, ti faranno indossare una bella camicia nera d’ordinanza, così puoi tranquillamente scorrazzare a destra (un po’ meno a manca, a meno che non consulti un armocromista), senza il rischio di essere intercettato dalla digos (che qui da noi non è l’indicativo presente del verbo “dire” tradotto in spagnolo).
Comunque, caro Babbo Natale, grazie intanto di questo regalo: averci dato l’opportunità di ritrovarci ancora una volta insieme.
Quante ne abbiamo viste nel recente passato, prima di ritrovarci nuovamente a mostrare sorrisi e condividere spazi, tempi e abbracci.
Era ieri: il rumore del silenzio, il gracchiare di sapienti ignoranti, stanze buie in giornate di sole, il coraggio composto di paure scomposte, una zona rossa per confinare pensieri grigi, il caos calmo di strade deserte, maschere di opportunismo che filtravano esseri umani, la coerenza asfissiante di politici incoerenti, patogeni umani e virus bestiali. Il respiro del mondo affaticato da una capricciosa incompetenza virale.
Capricci, che, come modificazioni epigenetiche, hanno spesso modificato la nostra stessa essenza.
L’essenza di essere complessi che a volta stravolge il valore stesso della complessità del reale. Ed è così che l’uomo, l’essere più complesso esistente in natura, trasforma in religione tutto ciò che non capisce, in complotto ciò che non gli garba e in verità i propri limiti cognitivi, piegando la realtà dei fatti e i fatti della storia in farneticanti opinioni personali.
Caro Babbo Natale se proprio ti dovessero avanzare dei doni, porta un po’ di giudizio, un po’ di risorse alla ricerca scientifica, alla scuola e alla sanità; porta un po’ di serenità ai tanti giovani, soprattutto a quelli la cui vita è sempre coniugata a “tempo determinato: E dato che ci sei anche un po’ di quel laico e poco scientifico “culo”, che tanto sta bene con tutto e per tutti.
La pace nel mondo siamo sicuri che te la chiederanno le candidate miss Italia, ma dovessero aver anche loro affidato le sorti e le richieste ad una qualunque intelligenza artificiale, avendo ormai consumato quella naturale, te la chiediamo anche noi; sperando che di intelligente non siano rimaste solo le bombe, ma anche il buon senso.
E si sa, come scriveva il poeta Alessandro Manzoni, “il buon senso c’era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”.
È di nuovo Natale, laico, religioso, ognuno lo vivrà e lo sentirà a modo suo; sperando che questa società della sottrazione capisca che il valore di una società non è togliere qualcosa ma aggiungere conoscenza. Si possono togliere dai muri tutti i simboli ritenuti divisivi, rimarrà sempre l’impronta. Sarebbe bello poter custodire il valore delle cose negli spazi della propria memoria, quelli che generano i comportamenti e lasciano l’impronta nella società, nelle famiglie e nelle istituzioni.
Caro Babbo Natale, sarebbe auspicabile un “ritorno all’uomo” (per citare Cesare Pavese), ma spesso vediamo avanzare “l’uomo finito” (citando Giovanni Papini), un uomo malato di grandezza, ma con la pochezza di un “uomo di carta” (per citare Milo Manara), di quelli che si innamorano della propria immagine, ingiallita dal tempo e da una cultura senza anima.
Caro Babbo Natale, è arrivato anche quest’anno, puntuale come un orologio Philippe Patek il Natale e la fine dell’anno vecchio, sperando che l’anno nuovo non sia un Filin Patak….
Immaginiamo i nostri desideri come delle lucciole nella notte, indicano la strada per afferrare passo dopo passo pezzi di vita; sono alchimie che rendono possibile i sogni impossibili.
Bisogna solo avere tempo e una vita piena di tempi.
E allora, caro Babbo Natale, donaci:
il tempo che regala spensieratezza;
il tempo che insegna saggezza;
il tempo che consolida i ricordi e a volte ne ruba la memoria;
il tempo che alimenta passioni;
il tempo che guarisce le ferite;
il tempo della ragione;
il tempo del coraggio;
il tempo della pazienza.
L’anno vecchio è finito ormai; ha fatto il suo tempo e si porta via gli ultimi petali stanchi. Rimane il ricordo di una bellezza appassita, di stagioni capricciose, di parole di troppo e di silenzi mai troppi, di uomini urlanti e di donne pazienti, di bulli da spiaggia e di pupe danzanti, di barriere mentali, di ponti crollati e ponti mai nati, di sogni spezzati e desideri sperati.
Ci siamo; eccoci di nuovo a riempire le nostre vite di buoni propositi, a regalare Pensieri non richiesti, a sperare che forse questa sia la volta buona, a immaginare tempi e uomini migliori. Qualcosa succederà, come ogni anno; allora auguriamoci di essere artefici di quello che accade e potrà accadere perché non c’è cosa più terribile che lasciare agli altri, ai meno capaci, ai più spregiudicati, il destino del proprio mondo. Del resto, nella vita si può essere attori, comparse o spettatori; dipende solo da quanta fatica si mette per guadagnarsi un ruolo da protagonista o di semplice comparsa o rimanere ai bordi della vita a guardare miseramente la vita degli altri.
E allora auguri anche a modo nostro:
Tra una risata e un affanno
Pian pianino o di gran carriera
È finito pure quest’anno
Con la speranza di una nuova era.
E se un bagliore illuminasse il cielo
Tra la gente senza niente
Speriamo che a squarciar quel nero velo
Sia una stella un pò cadente
Regalati il tempo della spensieratezza
Alimenta il tempo del coraggio
Fa che il tuo tempo produca saggezza
Anche per chi fa solo becchinaggio
Regala abbracci e sorrisi
Porta un pò di pazienza
A costruire paradisi
Ci vuole tanta buona scienza
E con questa filastrocca
Con il cuore e con la mente
Auguriamo a chi questo pensiero tocca
Un anno speciale e soddisfacente.