
«La vita di ognuno è un’attesa. Il presente non basta a nessuno:
l’occhio e il cuore sono sempre avanti, oltre la breve gioia, oltre i
limiti del nostro possesso, oltre le mete raggiunte con aspra fatica.
In un primo momento della nostra esperienza pare che ci manchi
qualcosa; più tardi ci si accorge che ci manca “qualcuno”, e lo
attendiamo…»
(Don Primo Mazzolari)
Il presente non basta a nessuno: quale verità!
Caro lettore, adorata lettrice,
conosci anche tu quel “non so che” di insoddisfazione e la fatica di superarlo?
Provo a dirlo altrimenti: cosa ci muove, nel breve lungo viaggio della vita, se non il desiderio di ciò che è oltre? Oltre l’oggi, oltre le delusioni, oltre le conquiste, le vittorie e le sconfitte, ciò che si è raggiunto e ciò che è mancato.
Non so se valga anche per te, a me capita spesso di soffermarmi con uno sguardo che indugi sul passato e che si rivolga poi al presente. Del passato ricordo fatiche, ansie, scarpinate, i brevi – sempre brevi! – momenti di soddisfazione. Al futuro, invece, guardo con attesa, in timore e tremore, ma anche – mia fortuna – con relativa, per quanto povera, fiducia.
Sono consapevole, nel mio limite, di essere un privilegiato. Sono altrettanto consapevole di essere solo un uomo. Forse è questa la mia fortuna principale.
E la tua, qual è la tua?
Vorrei saperti stanco, ma non seduto ai margini della strada. Ti immagino trafelata, ma non ti vorrei paralizzata. Mi piacerebbe ti mancasse qualcosa, ma non qualcuno.
Di certo, nella vita non ci accade tutto quello che desideriamo. Di sicuro, ci succede di desiderare più di quanto possiamo. Sono, tuttavia, propenso a pensare che quanto possiamo sia sufficiente per essere felici. In funzione, però, di quanto desideriamo.
Il punto potrebbe essere questo: qual è il mio, il tuo tesoro? Fondo la mia esistenza sulle cose o su una casa? Sull’io o sul noi? Su chi arriva prima o sul camminare insieme?
In tempi non sospetti, ma con lo sguardo del profeta, l’Abbé Pierre scriveva ai giovani di ieri, agli adulti di oggi:
«Giovani, pensateci!
Voi siete destinati, che lo vogliate o no,
ad essere la più infelice di tutte le generazioni umane,
o la più felice di tutte.
Sarete i più infelici se, stupidi come in così larga misura
siamo stati noi prima di voi,
contribuirete a lasciarvi trascinare nell’insulsaggine
e nella vergogna dell’idolatria di voi stessi,
a credere che la gioia di vivere sia: Io, Io, Io,
la Mia camera, la Mia fortuna, i Miei soldi…
Guai a voi se vi trovaste ancora
in questo accecamento, in questo abominio!
Guai a voi, perché se fino a ieri
qualcuno ha potuto credere di poter conservare
il proprio benessere materiale pensando solo a sé,
per voi – ed è la vostra fortuna – questo è finito.
Ma voi potrete essere i più felici
tra i figli dell’uomo, tra i figli di Dio,
se finalmente capirete che la felicità di vivere
sta nel cercare la propria gioia
mettendosi al servizio della gioia di tutti.
Se finalmente capirete che il modo di impegnare la vita
è AMARE il prossimo come se stessi,
vale a dire servirlo prima di me,
se è meno felice di me».
Che “oltre” aggiungere? Nulla.
Caro lettore, adorata lettrice, che sia buono e forte, il tuo caffè; più buono, se condiviso.