
La rivoluzione contro Bruxelles è rinviata a data da destinarsi
Caro Direttore,
l’Europa continua nella sua strada del rigore e l’Italia sta a guardare. Al comando Chistine Lagarde e Ursula von der Leyen, due donne forti ed europeiste convinte. Se non fosse per David Sassoli presidente dell’Europarlamento, a Strasburgo non si parlerebbe più italiano. Il patto fra Macron e la Merkel, con la sponda della Spagna, ha messo le basi per la prossima legislatura. Resteranno, per quel che ci riguarda, l’eredità di Draghi alla Bce, con la successione di Lagarde, e il buon ricordo del vituperato Junker che ci ha salvati dalla procedura di infrazione.
Ma resterà anche un’altra modalità per il governo gialloverde, Conte-Salvini-Di Maio. Dopo tanto parlare di sovranismi e populismi; dopo tanto annunciare la cacciata dei burocrati di Bruxelles; dopo tante parole a scopo di consenso elettorale, abbiamo deciso di fare i compiti a casa. Mentre Salvini attirava l’opinione pubblica contro Carola e i migranti, Conte con Tria e Giorgetti sistemava i conti, tagliava la spesa e prometteva a Junker che avremmo rispettato le regole europee, nel nostro interesse (e infatti lo spread è sceso sotto i 200 punti base).
Il governo ha messo giudizio, come prima o dopo sarebbe accaduto. Il tempo è arrivato con le elezioni europee che dovevano cambiare il mondo e che invece hanno lasciato le cose come stanno, nella sostanza. La rivoluzione contro Bruxelles è rinviata a data da destinarsi.
La controprova l’avremo con la prossima legge di bilancio in autunno. Se l’economia non ripartirà massicciamente, ci toccheranno lacrime e sangue. Anche il quel caso ci servirà uno Junker o una der Leyen non trattata a sportellate.
 
			 
		